Un terzo della popolazione mondiale non è connessa ad internet, ma è davvero un male?

Nel rapporto pubblicato dall’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU) lo scorso dicembre (2022) emerge che circa un terzo della popolazione mondiale, pari a 2,7 miliardi di persone, non ha accesso a internet nonostante il costo delle connessioni e dei servizi internet sia diminuito a livello globale.

Secondo questo rapporto, le popolazioni più povere del mondo infatti, rimangono privati dell’opportunità offerte da questa tecnologia.

La direttrice del ITU, Doreen Bogdan-Martin (membra World Economic Forum Global Future Council on Virtual Reality Augmented Reality), ha dichiarato: “L’accesso a Internet sta crescendo – (dietro la spinta data durante questi ultimi anni con la scusa della ripresa economica post-covid19 – NDR), ma non così velocemente e uniformemente in tutto il mondo come dovrebbe essere” (sempre secondo le attese del Word Economic Forum). “Ci sono ancora troppe persone che non hanno accesso alla tecnologia digitale. La sfida che abbiamo di fronte è mobilitare risorse che consentirebbero a tutti di beneficiare efficacemente della connettività”.

Il rapporto precisa (inutilmente) che, ”Internet è diventato più conveniente in tutte le regioni del mondo e per tutti i gruppi di popolazione, indipendentemente dal reddito”, e ci mancherebbe altro, visto che, almeno fino ad oggi, nessuno applica tariffe diverse a seconda dell’appartenenza a ceti sociali o etnici diversi all’interno dello stesso territorio.

Tuttavia, il costo rimane ovviamente l’ostacolo principale alla piena “copertura” globale, in particolare nelle economie a basso reddito, e l’attuale situazione economica globale, caratterizzata da elevati tassi d’inflazione, dall’aumento dei tassi d’interesse, dalle gravi difficoltà in cui versano i conti pubblici di molti Stati occidentali e dalle elevate incertezze economiche di gran parte della popolazione, potrebbe rendere ancora più di difficile raggiungere l’obiettivo di espandere la portata di internet nelle aree a basso reddito.  Ma questo è veramente un problema o è una fortuna? Qualcuno penserà che sia pazzo, ma forse è vero il contrario.

Se per il Word Economic Forum fare in modo che la totalità della popolazione (in principal modo nei Paesi occidentali) non solo abbia accesso alla rete, ma viva costantemente connessa, rappresenta un obiettivo essenziale al fine del controllo e sorveglianza della popolazione globale, per la popolazione potrebbe essere vero l’esatto contrario. Le difficoltà economiche potrebbero, infatti, rappresentare un importante argine al rischio di vedere le proprie vite completamente soggiogate dal controllo degli Stati centrali e delle grandi multinazionali che ormai fanno della rete Internet, il principale strumento di “pesca” dei propri clienti/consumatori, perché è ormai evidente che la parola “cittadino” è stata quasi definitivamente accantonata assieme alla parola “democrazia”.

Mentre nei Paesi occidentali l’obiettivo non è quello di creare infrastrutture idonee a supportare il traffico dati (con la diffusione delle reti a fibra ottica e 5G), infrastrutture oramai quasi completate nell’85/90% dei territori, ma quello di portare l’intera popolazione a dipendere ancor più di quanto sia attualmente dalla connessione alla rete, in molte aree del mondo, in special modo Africa e sud-est asiatico, il problema è anzitutto un altro: quello cioè di fare in modo che le persone adottino lo stile di vita occidentale e acquistino anzitutto uno smartphone, per poi passare a convincerli a desiderare una connessione sempre miglio e costante. In occidente questo processo è durato circa 25/30 anni. Nei Paesi occidentali però, gli Stati disponevano d’ingenti quantità di denaro per promuovere questo malsano e insensato stile di vita, ma con quale risultato? Se è vero che oggi in occidente tutti hanno accesso alla rete, e questo per certi versi potrebbe essere un bene (dal momento che l’accesso alla rete da delle opportunità di lavoro, ricerca informazioni, scambi d’idee, ecc.), considerato com’è stato utilizzato internet dalle persone (che ne hanno fatto uno strumento di compiacimento del proprio ego), dalle grandi aziende (che hanno approfittato dei social, in special modo, per profilare le persone a scopo commerciale) e dai Governi (che hanno approfittato di quest’uso superficiale e scriteriato di internet da parte delle persone, per raccogliere dati, anche quelli in possesso delle grandi aziende, e utilizzarli a scopi di sorveglianza e controllo), la lenta diffusione di internet nel resto della popolazione mondale potrebbe essere una fortuna.

Già, perché è stato sempre tramite la diffusione di internet e i vari strumenti di “governo” della stessa (algoritmi, censure, filtri, ecc.) che oggi giorno TUTTI i Governi occidentali sorvegliano, di fatto, TUTTA la popolazione, la orientano (o cercano di farlo) verso idee, pensieri e comportamenti, perversi, disumani, uniformi e conformi al pensiero unico, il solo ormai ammesso. Questo ruolo svolto in passato dalla TV, è ormai stato completamente soppiantato dalla rete internet. Insomma internet è passato negli ultimi trent’anni, da strumento con un enorme potenziale per tutelare e garantire la libertà personale, a strumento di oppressione, e chi ancora oggi, promuove l’uso indiscriminato, impulsivo e ossessivo delle tecnologie è sovente un pericoloso criminale nemico dell’umanità e della democrazia o, nel migliore dei  casi un ingenuo, ignorante. Il problema, infatti, sia chiaro, non è nell’essenza di internet (o delle tecnologie connesse alla rete in generale), ma del modo in cui è stato ed è ancora oggi utilizzato, non solo dalle multinazionali, dalle aziende e dai Governi, ma soprattutto dalle persone. Sarebbe infatti sufficiente una maggiore consapevolezza dell’uso di questa tecnologia da parte delle persone, per cambiare radicalmente l’attuale situazione e le fosche previsioni del prossimo futuro. Il buio futuro che sembra prospettarsi dipende esclusivamente da questo e non dalla sparuta volontà di pochi e potenti (economicamente e politicamente) membri del WEF e simili. Pensiero utopistico, lo so, del resto come sperare che miliardi di persone alfabetizzate ma quasi completamente dis-educate a pensare e al contempo educate ad obbedire possano simultaneamente comprendere, prendere coscienza e avere il coraggio di cambiare individualmente, ancor prima che collettivamente, il proprio comportamento? Come sperare che possano realmente “risvegliarsi” (come molti di loro amano definirsi continuando però, a comportarsi come hanno fatto sempre fin ora) e cominciare a essere realmente se stessi anziché uno dei tanti finti “speciali” come gli dice il sistema? Ci vorrebbe un miracolo, e siccome sperare, almeno quello, non costa nulla, nel frattempo possiamo solo guardare la situazione in modo pragmatico e porci qualche interrogativo quando leggiamo questi studi statistici e queste dichiarazioni rilasciati da certi organismi poco trasparenti e molto ipocriti.

La domanda è dunque questa: siamo davvero sicuri che ai Paesi più poveri del mondo sia necessario internet, ancor prima di riuscire ad ottenere per tutti i suoi abitanti, un sistema sufficiente e dignitoso per quanto riguarda distribuzione e accesso ad acqua, cibo, cure sanitarie, elettricità, istruzione, trasporti, ecc.? Pensare che la diffusione di internet in questi Paesi e il darsi da fare affinché siamo spesi altri soldi per ottenere questo risultato, anziché destinarlo alla risoluzione di problemi atavici e ben più impostati della connessione alla rete, rappresenta un pensiero tanto ipocrita quanto disumano! Ma va bene, cosa altro aspettarsi da membri del WEF?

Dal momento che ormai ben sappiamo che c’è il 100% di possibilità che in questi Paesi dove vivono 2,7 miliardi di persone senza accesso ad internet e che hanno spesso alle spalle una storia di guerra, violenza, schiavitù e oppressione, internet sarà usato, prima o poi, a scopo di controllo e sorveglianza della popolazione (così come accaduto in occidente), forse non avere accesso alla rete proteggerà queste popolazioni dall’aggiungere altre preoccupazioni e minacce alla propria libertà e esistenza, oltre a quelle che già hanno.

Tutti questi Paesi potrebbero diventare delle “oasi” in cui una parte dell’umanità riuscirà forse a resistere, sopravvivere e superare questa epoca che stiamo vivendo, epoca che sarà ricordata come una delle più buie dell’intera storia umana, in attesa che la parte dei nuovi clienti/consumatori/disumani/trasumani si estingua “autostaccandosi la spina”.

Forse, nel frattempo, saranno proprio questi Paesi “oggi esclusi dalla connessione internet” a ricordarci quali sono i veri valori dell’umanità. Forse un giorno, quando l’occidente sarà crollato sotto la pressione del consumismo, e l’oppressione del pensiero relativista e neoliberista che ormai lo permea in ogni aspetto, questi Paesi, in cui saranno ancora presenti esseri umani (e non disumani e transumani), ci ricorderanno che l’uomo non è una macchina e non deve poter essere gestito e controllato come tale. Forse in questi Paesi, dove è ancora possibile vivere, nonostante molte difficoltà e alcune rinunce rispetto allo stile di vita occidentale, l’umanità saprà riscoprire un modo di vivere certamente più essenziale e al contempo più dignitoso e rispettoso degli equilibri del proprio habitat, del proprio pianeta, l’unica casa che abbiamo.

Stefano Nasetti

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