Bere acqua fluorurata durante la gravidanza, può abbassare il QI nei figli. Lo afferma uno studio pubblicato sulla rivista JAMA Pediatrics.

Lo studio appena pubblicato su Jama Pediatrics (una rivista medica mensile, pubblicata dalla American Medical Association, che copre tutti gli aspetti della pediatria) rappresenta una potenziale "bomba" per le conseguenze che potrebbe avere (ma che probabilmente non avrà, considerati gli interessi in ballo) sull'industria, sulla politica e nelle abitudini di vita di miliardi di persone. Tuttavia è necessaria una premessa al fine di informare chi non conosce questo argomento, poco discusso e poco noto.

Il fluoro è un elemento presente in natura non in forma singola ma a causa della sua elevata reattività, è spesso presente combinato con altre sostanze che danno origine ai fluoriti. Il fluoro rappresenta circa lo 0,065% della massa della crosta terrestre.

Si tratta di un elemento potenzialmente dannoso se assunto in dosi superiori a una certa quantità giornaliera e per lunghi periodi. Infatti, La scienza ha inequivocabilmente scoperto che il fluoro uccide le cellule celebrali èd è definito senza mezze misure una sostanza “neuro tossica”. Non a caso, come spesso avviene, uno dei suoi primi impieghi fu quello nell’industria bellica. Il gas nervino costituì il primo impiego di composti chimici fluorurati per scopi militari. Come molti gas velenosi, era in grado di rilasciare nell'organismo considerevoli quantità di fluoruro che portano a un effetto bloccante sull'attività enzimatica e sul sistema nervoso centrale, generando danni a livello cerebrale (riduzioni del quoziente d'intelligenza e ritardi mentali), depressione polmonare e cardiaca (fino alla morte se assunto in dosi eccessive).

Oggi si conosce bene il potenziale dannoso di questo elemento, tant’è che il fluoro e l'acido fluoridrico devono essere maneggiati con grande attenzione e qualsiasi contatto con la pelle e gli occhi deve essere evitato. Procedure di sicurezza molto rigide permettono il trasporto di fluoro liquido o gassoso in grandi quantità.

Il fluoro ha un forte odore pungente rilevabile già a basse concentrazioni (20 parti per miliardo o ppm), simile a quello degli altri alogeni (come cloro, bromo e iodio) e paragonabile a quello dell'ozono. Esso è altamente tossico e corrosivo. È raccomandabile che l'esposizione massima giornaliera sia di una parte per milione. La più bassa dose letale nota è venticinque ppm. L'esposizione continua al fluoro e ai suoi sali porta a fluorosi del tessuto osseo e danni al sistema nervoso centrale. Questa è certezza scientifica e non complottismo.

Eppure come se non bastasse quello già presente in natura, alla cui esposizione non possiamo sottrarci, poiché il fluoro è presente in piccole quantità anche in piante insospettabili come il tè ad esempio oltre che in alcune acque potabili, siamo ormai circondati di prodotti a cui dichiaratamente è stato aggiunto del fluoro.

Dentifrici, gomme da masticare e molti altri alimenti o sostanze che molti utilizzano giornalmente, contribuiscono alla continua esposizione e al potenziale superamento dei limiti (1 ppm) sopra i quali si possono manifestarsi danni fisici. Guai però a farlo presente, si viene subito etichettati come complottisti! Basta sintetizzare il discorso scientifico fatto fin ora, nella frase ridicola “Mi vuoi dire che l’acqua fa male?” ed il gioco è fatto. Chi si trova ad ascoltare questo discorso tra chi parla di scienza e chi non ne sa nulla e presume di sapere (non spendo neanche una parola riguardo chi non è in grado di comprendere tale discorso), verrà magicamente persuaso sul fatto che i rischi derivanti all’assunzione del fluoro sono teorie complottiste, grazie anche alla complicità, spesso inconsapevole ma comunque colposa, di chi avanza ipotesi sulla fluorizzazione dell’acqua quali quelle del controllo mentale.

Ciò nonostante, i rischi per la salute derivanti dall’assunzione eccessiva e continuata di fluoro, sono evidenti e scientificamente provati. Le persone però, non sono sufficientemente informate riguardo questo quasi onnipresente e potenzialmente letale veleno.

Al contrario siamo spesso incoraggiati dalla pubblicità all’utilizzo di prodotti che contengono fluoro. Pensate alle pubblicità di dentifrici e gomme da masticare. La manipolazione operata attraverso il martellamento pubblicitario ha ribaltato completamente la situazione, al punto che la maggioranza delle persone è oggi convinta che il fluoro sia un elemento “positivo” per la nostra salute. La convinzione è talmente radicata che sovente è la presenza di questo elemento a determinare la scelta di acquisto di un prodotto anziché di un altro che ne è privo! Tant'è che la presenza di fluoro è riportata in modo enfatizzato su questi prodotti, come fosse un plus valore.

Com’è possibile tutto questo?

Gli interessi economici in ballo sono altissimi, poiché il fluoro è un elemento molto utilizzato nell’industria chimica, farmaceutica e alimentare.

Ci hanno isegnato che il fluoro è noto per proteggere i denti dalla carie, rafforzando lo smalto dei denti. Ma le sue presunte proprietà benefiche sono state scientificamente provate?

Durante gli anni '40 e '50, i ricercatori della sanità pubblica e i funzionari governativi delle città di tutto il mondo hanno aggiunto sperimentalmente (e all’insaputa della popolazione) fluoro all'acqua potabile pubblica. Hanno poi rilevato statisticamente che il numero di pazienti che a seguito della fluorizzazione dell’acqua era ricorso a cure mediche dentali per problemi di carie, si era ridotto del 60%.

Soddisfatti del risultato, solo pochissimi altri studi sono stati condotti riguardo all’efficacia di questa pratica e quasi nessuno ha preso in cosiderazione gli effetti collaterali che potrebbe aver comportato. Se la politica spesso si muove su base etica, la scienza che sovente ne supporta le scelte non dovrebbe farlo. Il rapporto rischi/benefici è infatti un problema scientifico ancor prima che etico.

Esistono pochissime prove contemporanee, che soddisfano i moderni e attuali criteri scientifici, che hanno valutato l'efficacia della fluorurazione dell'acqua per la prevenzione della carie.
I dati disponibili provengono principalmente da studi condotti prima del 1975 e indicano che la fluorurazione dell'acqua è efficace nel ridurre i livelli di carie sia nella dentizione provvisoria sia permanente nei bambini. Tuttavia la fiducia in questi studi e dai risultati relativi, dovrebbe essere ben circoscritta, proprio per la limitata dalla natura osservativa (cioè solo su base statistica) dei progetti di studio che spesso hanno semplicemente raccolto dei dati a livello statistico (come quello del minor numero di pazienti che ricorrono alle cure mediche in un determinato periodo), senza tener conto della presenza di altri fattori che avrebbero potuto falsare il risultato.

Gli “studi” degli anni ’40 e ’50 ad esempio non hanno tenuto conto dell’uso di dentifricio al fluoro, della disponibilità e sull'adozione di altre strategie di prevenzione della carie dei cittadini oggetto della sperimentazione, di informazioni riguardo la loro dieta e il consumo di acqua di rubinetto e sul movimento di migrazione della popolazione. Insomma, non ci sono prove scientifiche sufficienti per determinare se la fluorizzazione dell'acqua provoca un cambiamento nelle disparità nei livelli di carie nella pratica di fluorizzazione delle acque, senza contare l'elevato rischio di parzialità all'interno degli studi che hanno condotto queste ricerche e, soprattutto, dall'applicabilità delle prove agli stili di vita attuali.

Oggi infatti, molto più che in passato, abbiamo a disposizione un numero molto più elevato di prodotti che contengono fluoro. Potenzialmente quindi, se non adeguatamente consapevoli dei danni che un’eccessiva assunzione potrebbe comportare, siamo esposti maggiormente a questo rischio.

Abbiamo detto che il fluoro si trova naturalmente in basse concentrazioni sia in acqua dolce sia in acqua di mare, nonché in materiale vegetale, in particolare foglie di tè.

Dagli esperimenti sull’ignara popolazione, svolti per la prima volta nel tentativo di ridurre le carie a Grand Rapids, nel Michigan, nel 1945, il sistema di fluorizzazione dell’acqua potabile pubblica è stato salutato dai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie riunitosi ad Atlanta come "una delle più grandi storie di successo della salute pubblica".

Oggi, l'acqua fluorizzata scorre attraverso i rubinetti di circa il 5% della popolazione mondiale sebbene i dati non siano del tutto disponibili e aggiornati. L’adozione di questa pratica varia da paese a paese e spesso, anche all’interno dello stesso in ragione di alcune specificità legate sia alla qualità naturale dell’acqua immessa in quello specifico acquedotto, sia a ragioni di tipo politico.

Il governo del Sudafrica sostiene ufficialmente la fluorizzazione dei rifornimenti idrici. In Brasile, circa il 45% delle città ha un rifornimento idrico fluorurato.

Nel maggio del 2000, 42 delle 50 metropoli statunitensi utilizzano il sistema della fluorizzazione. Secondo uno studio del 2002, il 67% degli americani sta consumando acqua fluorizzata. A partire dal 2001, si è stabilito che il 75% della popolazione riceve acqua fluorurata. Tuttavia, come accennavo, esistono all’interno del paese delle eccezioni. L'emissione ai rifornimenti idrici del fluoruro è controllato periodicamente dagli enti pubblici territoriali. Per esempio, l'8 novembre 2005, i cittadini di Mt. Pleasant nel Michigan hanno votato 63% a 37% per la reintegrazione della fluorizzazione dell'acqua potabile dopo che un'iniziativa alle schede elettorali del 2004 fece cessare la fluorizzazione dell'acqua nella città. Contemporaneamente alle urne di Xenia e a Springfield nell'Ohio, a Bellingham e a Tooele, è stata rifiutata la fluorizzazione.

In Canada, gli ultimi dati disponibili (quelli del 2006) indicavano che circa il 40% della popolazione canadese riceveva l'acqua fluorurata.

E nel resto del mondo?

L'Australia ha dichiarato che la fluorizzazione non è attiva solamente nel Queensland, dove è sotto il controllo dell'ente pubblico territoriale. In Nuova Zelanda quasi tutto il rifornimento idrico è soggetto alla fluorizzazione, tranne quelle zone distanti dalle aree metropolitane e piccoli borghi e/o città.

La maggior parte del rifornimento idrico europeo non è soggetto alla fluorizzazione.

Anche qui però si osservano situazioni abbastanza eterogenee.

Ad esempio, mentre l’Irlanda è l’unico paese dell’Unione Europea in cui la fluorizzazione dell’acqua è obbligatoria per legge, Nel Regno Unito soltanto il 10% della popolazione riceve acqua fluorata (tra le città più importanti: Birmingham e Newcastle).

In Svizzera l’acqua pubblica è fluorata ad eccezione dell’area della città di Basilea.

In Svezia la fluorizzazione dell’acqua è vietata per legge e la Norvegia l'ha vietata dal 2000.

La Francia è contraria alla fluorizzazione del proprio rifornimento idrico. Molteplici "prodotti chimici" incluso il fluoro sono esclusi dalla "Lista dei prodotti chimici per il trattamento dell'acqua potabile".Tuttavia consente (così come succede in Svizzera nell’area di Basilea e in Germania, il consumo di sale fluorato.)

La Germania non consente la fluorizzazione dell'acqua potabile, come stabilito dal ministro federale tedesco della salute, sebbene con delle eccezioni.

E in Italia?

I primi studi sperimentali sull'efficacia del fluoro come mezzo profilattico, in Italia, risalgono ai primi anni cinquanta e furono avviati dalla Clinica Odontoiatrica dell'Università di Pavia, diretta da Silvio Palazzi, in collaborazione con Alessandro Seppilli, direttore dell'Istituto di Igiene dell'Università di Perugia; le ricerche delle due Scuole sembrarono confermare il potere batteriostatico e antifermentativo del fluoro applicato direttamente sullo smalto, oltre che quello preventivo e profilattico delle paste dentifricie fluorate. Già all’epoca però, il mondo scientifico accademico era diviso sull’attendibilità di questi risultati. Vari studiosi italiani all’epoca, come Albanese, Fiorentini e Tempestini, si erano infatti schierati nettamente contro le paste dentifricie fluorate, ritenendole assolutamente inefficaci.

Fortunatamente in Italia non ci si orientò quindi, verso la fluorazione delle acque potabili, che era in atto già da alcuni anni in altre Nazioni. Oggi sappiamo che tale scelta inconsapevole ha una giustificazione scientifica sebbene poco rassicurante. Le acque italiane sono, infatti, in genere sufficientemente (e in alcuni casi eccessivamente) ricche in fluoro, tanto da non rendere consigliabile un’addizione farmacologia o nelle acque potabili. Si stima che la media nazionale di fluoro nelle acque sia di circa 1 mg/l (quindi già molto vicina alla dose massima giornaliera). Ciò forse spiega la carenza di provvedimenti e normative riguardanti l’addizione artificiale di fluoro nelle acque potabili.

Vi sono però differenze locali, talvolta sensibili. Alcuni scostamenti rispetto alla media tendono verso l’eccesso. Per esempio nella zona dei Castelli Romani le acque sono particolarmente ricche in fluoro, tanto da determinare casi di fluorosi. Nell'interesse e per la tutela della salute pubblica, si dovrebbe agire in senso opposto, adottando misure di defluorazione delle acque, ma ciò purtroppo non avviene, con possibili ricadute sulla salute dell'ignara popolazione.

Si deve inoltre notare che in Italia vi è un largo consumo di acque minerali imbottigliate. Secondo ISTAT il 46.5 % degli italiani non beve acqua di rubinetto. Il ricorso ad acque minerali imbottigliate è particolarmente comune da parte dei genitori che la usano per i loro bambini. Considerando la buona qualità delle acque erogate dagli acquedotti locali, la pratica è, per la maggior parte del territorio italiano, almeno parzialmente ingiustificata. Il consumo di acque minerali imbottigliate medio di 155 l/persona/anno rende il consumo italiano superiore a qualunque altra nazione europea.

In Italia quindi, non è mai stata praticata la fluorizzazione artificiale dell'acqua. Sebbene l'assunzione di fluoro sia consigliata, forse in modo azzardato considerata la scarsità di studi scientifici a riguardo, dai medici per i pazienti in età pediatrica, al momento non esistono leggi in tema; l'unica disposizione è il d.lgs. 2 febbraio 2001 n. 31, che recepisce la direttiva dell'Unione Europea 98/83/CE. Il decreto stabilisce in 1.5 mg/l la concentrazione massima di fluoro nelle acque potabili, conformemente a quanto indicato nella direttiva.

A proposito delle acque minerali, una Direttiva del 2003, la 2003/40/CE, impone di indicare le concentrazioni di fluoro superiori a 1,5 milligrammi/litro. Non impone però un limite alla concentrazione di fluoro che può essere presente nelle acque in commercio, determinando questa anomala situazione sotto riportata in cui ci sono acque molto pubblicizzate, che hanno livelli 7-8 volte superiori alla dose massima giornaliera.

Se questa era la situazione a oggi, ora, un nuovo studio collega la fluorizzazione al QI inferiore nei bambini piccoli, in particolare i ragazzi le cui madri hanno bevuto acqua fluorurata durante la gravidanza, trasformando quella che per molti era una teoria complottista in ulteriore evidenza scientifica.

Lo studio pubblicato su JAMA Pediatrics (Agosto 2019) e ripreso anche sul portale della rivista Science, offre finalmente la critica di più alto profilo scientifico fino ad oggi esistente, riguardo ai danni potenziali che derivano dalla pratica di fluorizzazione dell’acqua.

Gli psicologi e i ricercatori della salute pubblica hanno esaminato i dati del programma canadese di ricerca sull’esposizione dei bambini alle sostanze chimiche ambientali finanziato dal governo federale. Si tratta di uno studio a lungo termine su donne in gravidanza e i loro bambini in sei città canadesi, iniziato addirittura nel 2008, che ha tenuto conto di tutto, dalla dieta ai livelli d’istruzione, fino alle tracce di piombo e arsenico nelle urine.

Dai dati è emerso che circa il 40% delle quasi 600 donne viveva in città con acqua potabile fluorurata; avevano un livello medio di fluoro urinario di 0,69 milligrammi per litro, rispetto a 0,4 milligrammi per le donne che vivevano in città senza acqua fluorizzata. Tre o quattro anni dopo il parto, i ricercatori hanno sottoposto ai loro figli un test QI adeguato all'età. Dopo aver controllato variabili come il livello di educazione parentale, il peso alla nascita, il consumo di alcool prenatale e il reddito familiare, nonché l'esposizione a sostanze tossiche ambientali come piombo, mercurio e arsenico, hanno scoperto che se i livelli di fluoro urinario della madre aumentavano di 1 milligrammo per litro, il punteggio QI di suo figlio (ma non quello di sua figlia) scendeva di circa 4,5 punti. Tal effetto è alla pari con gli altri recenti studi che hanno esaminato il QI dell'infanzia e l'esposizione al piombo di basso livello.

Usando un metodo secondario per misurare l'assunzione di fluoro (L’auto-segnalazione, in altre parole le dichiarazioni delle madri su quanta acqua di rubinetto e tè ricchi di fluoro hanno bevuto durante la gravidanza) hanno scoperto che un aumento di 1 milligrammo per litro di fluoro era associato a un calo del QI di 3,7 punti sia nei ragazzi sia nelle ragazze. L'auto-segnalazione è un metodo meno ampiamente accettato perché considerato meno affidabile e soggetto a richiami imprecisi rispetto a rilevazioni oggettive.

I ricercatori ne sono coscienti e, sebbene non disconoscano i risultati del loro studio, ammettono di non essere sicuri del perché vi sia una differenza sessuale tra i due metodi, e affermano che potrebbe derivare dai diversi modi in cui i ragazzi e le ragazze assorbono le tossine ambientali nell'utero.

Nonostante i risultati possano essere imprecisi, (sono già sottoposti a un attento esame) potrebbe avere serie implicazioni per l'ordine pubblico. Secondo le raccomandazioni del Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti, bere un litro di acqua fluorurata dovrebbe fornire circa 0,7 milligrammi di fluoro. Se bevi solo 1 litro di acqua di rubinetto e poi hai anche un paio di tazze di tè, allora la concentrazione di fluoruro nel tè è sufficiente per superare il limite proposto, senza contare quello assunto con l’utilizzo di un dentifricio al fluoro e/o masticando gomme o caramelle che lo contengono.

Consapevole che le scoperte dello studio avrebbero suscitato ondate di proteste tra la schiera di scienziati favorevoli alla fluorizzazione, oltre che nelle lobby chimiche e alimentari che producono prodotti al fluoro, JAMA Pediatrics ha fatto il passo insolito di pubblicare una nota del redattore che accompagna il documento. "Questa decisione di pubblicare questo articolo non è stata facile", scrive l'editore della rivista, pediatra ed epidemiologo Dimitri Christakis del Seattle Children's Hospital di Washington. Aggiunge che il documento è stato "sottoposto a ulteriore controllo per i suoi metodi e la presentazione dei suoi risultati". Daltro canto, come ho già avuto modo di far rilevare in precedenti articoli, "La scienza avanza un funerale alla volta" (Max Plank).

Aspettiamo ora di ascoltare qualcuno che pur di tenere il punto, affermerà certamente che la scienza è complottista!

Il senso di quest’articolo non è quello di avvalorare talune tesi o fare del terrorismo, ma solo quello di informare sulla base delle evidenze scientifiche ufficiali (sebbene poco divulgate nei mass media mainstram) e far riflettere su alcune “storture” presenti nel nostro presunto sistema democratico.

Nel contesto sociale contemporaneo, in cui, tra i vari valori dell’etica, si enfatizza particolarmente l’autonomia, si può sostenere che l’addizione di fluoro nelle acque rappresenti un impedimento alla libera scelta individuale. Il fluoro potrebbe infatti essere assunto in altri modi (per esempio con integratori farmaceutici), lasciati alla libera scelta individuale. A questa considerazione si può obiettare che in genere i preparati farmaceutici sono dispendiosi, e le fasce più vulnerabili della popolazione potrebbero essere dissuase dall’acquisto. La fluorazione, al contrario, raggiunge tutti, indipendentemente dallo stato socio-economico, dall’età, dal livello scolare. Occorre anche notare che le acque potabili sono in molti casi oggetto di trattamenti per renderle idonee ed ottimali al loro uso.
La violazione del principio di autonomia che la fluorazione comporta, senza alcuna tutela e campagna di informazione della popolazione, si allinea alle crescente limitazione delle libertà personali (e quindi democratiche) quale ad esempio quella relativa all’obbligo vaccinale.

Concludendo e riassumendo:

  • Il fluoro è un elemento assai pericoloso per l’organismo umano.
  • Diventa certamente dannoso se assunto in dosi superiori a un certo limite e in modo continuativo.
  • Essendo un elemento già presente in natura, siamo giocoforza inconsapevolmente e quotidianamente esposti all’assunzione di questa sostanza il che può determinare un facile superamento del limite massimo.
  • Poiché le istituzioni difficilmente tutelano in modo serio la salute pubblica, poichè spesso in balia di interessi privati e di lobby, dovremmo vivere in modo più attento e consapevole.
  • La consapevolezza di tutto ciò dovrebbe determinare almeno un cambio o un controllo sulle proprie abitudini e sui propri consumi cercando:
    • di evitare anzitutto, di consumare cibi con fluoro (come ad esempio le pubblicizzatissime gomme da masticare con Xilitolo, Fluoro e Calcio) o altri prodotti come i dentifrici al fluoro.
    • In secondo luogo ci si dovrebbe informare sui livelli di fluoro contenuti sull’acqua di rubinetto poiché, anche se si consuma acqua in bottiglia, con l’acqua di rubinetto ci si cucina (ad esempio la quantità d’acqua assorbita dalla pasta durante la cottura è elevatissima). Quindi l'acqua del rubinetto viene comunque assunta in qualche misura.
    • Sarebbe addirittura opportuno avere dei sistemi di filtraggio (a osmosi o comunque con carbone di origine vegetale) per diminuire il fluoro nell’acqua di rubinetto.
    • Infine, se si beve acqua in bottiglia, è bene verificare sull’etichetta il quantitativo di fluoro contenuto.

Stefano Nasetti

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