Fiumi e metano nuove conferme da Marte
Due nuove ricerche pubblicate rispettivamente su Nature Geoscience e Science Advances se da un lato fornisco conferma a studi pubblicati negli anni precedenti, dall’altro destabilizzano la comunità scientifica.
Da diversi decenni buona parte della comunità scientifica ufficiale continua sostenere la tradizionale ed ormai obsoleta idea riguardante un passato di Marte quasi da subito secco e arido.
La teoria in questione sostiene che il pianeta rosso abbia presentato condizioni di abitabilità soltanto per un brevissimo periodo subito dopo la sua formazione, avvenuta circa 4,5 miliardi di anni fa. Secondo questa teoria, Marte sarebbe stato abitabile solo per circa 500 milioni di anni o poco più, e già circa 3,9 miliardi di anni fa sarebbe avvenuto un cataclisma naturale che avrebbe bloccato il campo magnetico e spazzato via l’atmosfera marziana, senza la quale l’acqua degli oceani e dei fiumi marziani sarebbe rapidamente evaporata.
Questa ormai più che quarantennale idea era stata teorizzata a seguito dei dati, soprattutto immagini, raccolte durante le missioni Viking. La teoria in questione ben si accordava con l’apparente assenza d’acqua liquida sul suolo marziano e sulla conseguente e rassicurante assenza di vita extraterrestre, in quel momento considerata, giacché non si aveva neanche certezza dell’esistenza di altri pianeti extrasolari, poco più che una fantasia.
La teoria continua a esistere tuttora, è quella che comunemente viene ancora diffusa dai mass media ed è entrata a far parte della comune conoscenza dell’uomo medio.
Nel corso degli ultimi vent’anni però, i dati raccolti sul suolo marziano dalle varie sonde, hanno rivelato tutt’altro.
Sappiamo ormai che Marte aveva in acqua in abbondanza e fiumi impetuosi hanno solcato per moltissimo tempo e a più riprese, il suolo marziano, modellandolo così come appare oggi.
La nuova ricerca pubblicata su Science Advances ad opera dall’Università di Chicago ha confermato, analizzando l’immagine di circa 200 fiumi marziani, che questi scorrevano con forza. In particolare l’analisi dell’ampiezza dei canali, della loro ripidità e delle dimensioni dei ciottoli indicherebbe la presenza nel passato marziano di fiumi più ampi e più impetuosi di quelli presenti sulla Terra. Fin qui nulla di nuovo, poiché a questa conclusione erano già giunte altre e diverse ricerche fondate su dati completamente differenti e che hanno addirittura ipotizzato la presenza di fiumi oceani e acqua allo stato liquido fino a circa 200.000 anni fa, mentre il nuovo e più cauto studio si limita ad affermare genericamente che tali fiumi erano presenti almeno fino a 1 miliardo di anni fa, un tempo relativamente breve in termini astronomici, molto più breve di quanto si pensasse in precedenza.
Sebbene ci sia un’apparente ma sostanziale differenza nelle tempistiche, la conclusione non lascia spazio a dubbi. Marte è stato abitabile per un lunghissimo periodo. Almeno per i primi 3,5 miliardi di anni l’acqua a più riprese ha solcato il suolo marziano. Ciò potrebbe sembrare un dettaglio di poco conto ma ha invece una grandissima rilevanza in termini scientifici.
I nuovi dati, ad esempio, non sono più coerenti con l’ipotesi, accreditata tra gli scienziati, che l’atmosfera marziana si sia rarefatta più di un miliardo di anni fa. “Il nostro lavoro – commenta infatti Edwin Kite, leader dello studio – risponde ad alcune domande, ma ne solleva di nuove. In particolare dovremo capire che cosa c’è di sbagliato: i modelli climatici, i modelli dell’evoluzione dell’atmosfera o la nostra comprensione dell’intera cronologia del sistema solare interno?” Per risolvere questo enigma sarà necessario comprendere meglio le condizioni climatiche di Marte quando il pianeta rosso aveva un aspetto così diverso da quello attuale.
Questo perché l’acqua liquida implica necessariamente l’esistenza di una temperatura media superiore al punto di congelamento, dunque la presenza di un’atmosfera sufficientemente spessa e densa capace di trattenere il calore. Questo a sua volta implica la presenza di un campo magnetico in grado di proteggere l’atmosfera dai venti solari. Tutto questo, oltre ad ampliare la probabilità (ormai pressoché certezza) della passata esistenza di vita marziana, evidenzia soprattutto che le teorie e i modelli che volevano Marte inospitale già 4 miliardi di anni fa, sono da cestinare.
A tutto questo si uniscono i risultati dell’altra ricerca, questa volta pubblicata su Nature Geoscience per opera di un team internazionale di ricercatori guidato da Marco Giuranna dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e a cui partecipano colleghi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e dell’Agenzia Spaziale Italiana, e dal Royal Belgian Institute for Space Aeronomy, grazie ai dati raccolti dallo spettrometro di Fourier Pfs, strumento a bordo della sonda europea Mars Express fornito dall’Agenzia Spaziale Italiana.
Il team a guida italiana è riuscito a confermare il punto esatto di emissione di gas metano attorno al cratere Gale, rilevato dal rover Curiosity della Nasa nel 2013.
La ricerca di metano su Marte è di fondamentale importanza poiché la molecola potrebbe avere origine biologica e quindi servire da tracciante della presenza di vita sul pianeta rosso. Tuttavia, prima d’ora, nessun rilevamento era stato confermato con misurazioni indipendenti.
“Finalmente adesso abbiamo la prima osservazione simultanea di metano su Marte, nello stesso luogo e nello stesso momento, da parte di due strumenti indipendenti e molto diversi tra loro: un rover in superficie e uno spettrometro in orbita attorno al pianeta” ha affermato Marco Giuranna, primo autore dell’articolo che descrive la scoperta.
“Non abbiamo scoperto l’origine ultima del metano” conclude Giuranna. “Molti processi abiotici e biotici possono generare metano su Marte. Tuttavia, il primo passo per capire l’origine del metano su Marte è determinare i luoghi di rilascio. Un’analisi dettagliata di questi luoghi, alla fine, ci aiuterà a rivelare l’origine e il significato del metano rilevato”.
Ma perché anche questa scoperta è importante ma al contempo disorientante in termini scientifici? Fin dalla sua prima scoperta, il metano marziano ha gettato la comunità scientifica tradizionale nella più totale confusione. Il metano è, infatti, un gas che, con le attuali condizioni di atmosfera fine e rarefatta e campo magnetico pressoché assente, non avrebbe in alcun modo essere stato presente su Marte. In tali condizioni, infatti, il metano essendo un gas instabile, è soggetto a scomposizione per azione della radiazione ultravioletta (solitamente in un periodo massimo di 340 anni), la sua presenza variabile indica inequivocabilmente che sul suolo marziano è presente una fonte relativamente recente di questo gas.
Questo ancora una volta, contrasta con i modelli elaborati in precedenza e che la maggioranza della comunità scientifica fa fatica ad accantonare. I dati però dicono altro. Le ormai numerose ricerche scientifiche pubblicate in questi anni, in conformità a moltissimi dati raccolti in anni, in luoghi e con strumenti diversi, da sonde orbitali, lander e rover, suggeriscono un passato marziano completamente diverso da quello ipotizzato e ancora oggi proposto al grande pubblico.
Un passato fatto di un clima caldo e umido, mantenutosi per moltissimo tempo, probabilmente fino in epoche abbastanza recenti, un pianeta ricco di acqua e geologicamente attivo, con un’atmosfera e un campo magnetico in grado di consentire diffusamente la presenza di vita, probabilmente sviluppatasi e manifestatasi sotto diverse forme (abbiamo già alcune evidenze di segni lasciati da forme di vita marziane differenti) e oggi forse ancora presente nel sottosuolo.
Prepariamoci ad assistere ad annunci sempre più incredibili da parte della comunità scientifica, annunci sempre più tendenti a confermare lo scenario sopra sommariamente descritto e che, alla luce dei fatti, sembra ormai più probabile.
Approfondimenti e anticipazione delle prossime scoperte su Marte, nel libro: Il lato oscuro di Marte - dal mito alla colonizzazione.