Gli Eversivi. Chi sono davvero?

Ogni giorno, a partire all’incirca dal giugno 2021, abbiamo assistito ad una costante crescita del numero di persone contrarie alle politiche governative in merito alla gestione “dell’emergenza sanitaria”, dichiarata con interpretazioni assai discutibili e con modalità altrettanto illegittime, dall’allora Governo Conte II.

Al contempo, man mano che aumentavano le proteste e le manifestazioni di piazza in ogni città (sempre più cospicue in fatto di numero di partecipanti e sempre più frequenti) abbiamo assistito ad una crescente campagna mediatica di diffamazione e di criminalizzazione del dissenso, attuata attraverso l’utilizzo di concetti ed espressioni sempre più “violente” e denigratorie nei confronti di chi non si piegava alle politiche autoritarie governative. Si è così consentito a presunti esperti di ogni sorta, dai sedicenti virologi ai Ministri, dai politici agli influencer del web, dai “giornalisti” agli opinionisti tuttologi dei salotti televisivi, di etichettare come “negazionisti”, “no vax”, “no green pass” una moltitudine variegata di persone che semplicemente non accettavano (e non accettano) di vedere così facilmente archiviata la democrazia e i diritti umani fondamentali da essa riconosciuti e garantiti, in nome di una sempre più evidente solo presunta “sicurezza sanitaria”.

Il culmine (o quello che appare al momento tale) si è raggiunto nel mese di ottobre, quando il linguaggio utilizzato nella narrazione mainstream si è fatto ancor più duro, a seguito dell’imponente manifestazione per la libertà tenutasi a Roma, il 9 ottobre (2021), che ha visto la partecipazione tra le 70.000 e le 100.000 persone (solo 10.000 per la Questura …), e poi con i fatti avvenuti al porto di Trieste nelle settimane successive.

A seguito di questi fatti, le etichette dispregiative adottate fino a quel momento sono state rapidamente cambiate in peggio. Così tutti i dissenzienti sono stati definiti “fascisti”, “violenti”  e perfino “terroristi” e “sovversivi”, e c’è chi addirittura ha invocato repressioni violente del dissenso, auspicando l’utilizzo delle armi da rivolgere contro i manifestanti.

Alla fuorviante narrazione mainstream, questa volta si sono contrapposte non solo le parole della controinformazione, ma soprattutto le immagini girate dalle centinaia di migliaia di partecipanti alle manifestazioni che, con i loro smartphone hanno ripreso e poi condiviso sui social la realtà dei fatti, mostrando al mondo la grave emergenza democratica (l’unica vera e grave emergenza) in atto in Italia.

Di fronte all’oggettività delle immagini e delle migliaia di testimonianze raccolte, oltre che delle imbarazzanti dichiarazioni del Ministro degli Interni in Parlamento (“… l’agente della Digos stava misurando la forza ondulatoria del mezzo…” e ancora “a Trieste non c’erano lavoratori ma solo frange violente …” non sapevo che il porto di Trieste era dei tedeschi …”) e alle altrettanto oggettive email e registrazioni ambientali pubblicate (a seguito dell’arresto di alcuni manifestanti resesi protagonisti di alcuni atti di vandalismo presso la sede del sindacato CGIL), che hanno accertato come il Ministero degli Interni fosse quantomeno informato sulle intenzioni di alcuni individui, e che abbia addirittura favorito le loro azioni,  è opportuno fermarsi per un attimo e valutare, una volta per tutte la situazione, ponendosi una domanda: in questo ultimo anno e mezzo circa (dal 31 gennaio 2020, giorno della dichiarazione dello stato di emergenza), abbiamo realmente assistito a fenomeni violenti al punto da essere definibili come eversivi e/o sovversivi? Se sì, quali possono sono stati o quali possono essere presi ad evidenza di tale situazione? Chi sono questi gruppi eversivi?

Per poter dar modo al lettore di avere gli strumenti cognitivi e dunque “l’unità di misura” per valutare da sé la situazione, è essenziale definire con esattezza cosa si intenda per “eversivi” o “sovversivi”. Per fare questo in modo assolutamente oggettivo e quindi scevro da ogni condizionamento politico, non possiamo che fare ricorso alla definizione che di tali atti danno le fonti normative come la Costituzione italiana e il codice penale.

L’art. 270 del codice penale definisce le associazioni sovversive così: “Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici e sociali costituiti nello Stato ovvero sopprimere violentemente l’ordinamento politico e giuridico dello Stato è punito con la reclusione dai cinque ai dieci anni .”. L’art. 270-bis (introdotto nel 2006) poi, definisce Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico “Chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico è punito con la reclusione da sette a quindici anni. Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da cinque a dieci anni”.

Definito in modo univoco cosa si intende per associazioni sovversive, vediamo anche come il codice penale definisce gli atti che gli aderenti a queste organizzazioni compiono e che pertanto possono essere definibili come sovversivi.

Il reato di attentato per finalità terroristiche o di eversione è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge numero 15 del 6 febbraio 1980, al fine di tutelare la sicurezza pubblica e l'integrità dell'ordinamento costituzionale. È oggi definito, previsto e sanzionato dall'articolo 280 del codice penale.

Con questo articolo di legge, emanato anche con il fine di dare una risposta forte agli eventi terroristici che hanno caratterizzato l'Italia negli anni '70 del secolo scorso, il legislatore ha inteso preservare la personalità interna dello Stato e offrire copertura sia ai beni della vita e dell'incolumità, sia alle istituzioni democratiche.

L'art. 280 del codice penale recita: "Chiunque, per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, attenta alla vita od alla incolumità di una persona, è punito, nel primo caso, con la reclusione non inferiore ad anni venti e, nel secondo caso, con la reclusione non inferiore ad anni sei. Se dall'attentato alla incolumità di una persona deriva una lesione gravissima, si applica la pena della reclusione non inferiore ad anni diciotto; se ne deriva una lesione grave, si applica la pena della reclusione non inferiore ad anni dodici. Se i fatti previsti nei commi precedenti sono rivolti contro persone che esercitano funzioni giudiziarie o penitenziarie ovvero di sicurezza pubblica nell'esercizio o a causa delle loro funzioni, le pene sono aumentate di un terzo …

In sintesi e ricapitolando:

  • un’associazione sovversiva è un gruppo che si prefigge di sovvertire, anche con l’utilizzo della violenza, l’ordine politico e sociale di uno Stato.
  • Negli ordinamenti liberal-democratici l’associazione è ritenuta sovversiva se è finalizzata alla sovversione con mezzi violenti, altrimenti è lecita e tutelata dalla Costituzione.
  • Il reato che ne deriva può anche escludere in sé l’attentato, che rientra nella fattispecie dell’omicidio, il delitto comune o il terrorismo, e si può configurare nell’associazione per delinquere per commettere cospirazione o sovversione.
  • La loro costituzione è naturalmente un reato associativo, alla configurabilità del quale è perciò sufficiente una condotta – fra quelle idonee a concretizzare ragionevolmente un reale pericolo – di idonea “progettazione” di un futuro concorso in uno o più reati violenti, soprattutto dopo la modifica dell’articolo 270 del codice penale avvenuta nel 2006.
  • La norma punisce sia chi “promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia” queste associazioni, con la reclusione da sette a quindici anni, e chi più semplicemente vi partecipa, con la reclusione da cinque a dieci anni. Le finalità previste per la configurabilità del reato sono quelle di terrorismo.
  • Una condotta diventa reato perseguibile penalmente se c’è una persona offesa, fisica o giuridica.
  • La semplice dichiarazione di opinioni, nonostante siano antidemocratiche o incentivino la violenza non è in sé reato, sinché questo non si traduce in concrete azioni illecite.
  • Sono applicabili i reati di Istigazione a delinquere e Apologia di reato (ex art. 414 c.p.) nei casi nei quali c’è concreto pericolo che vi consegua la commissione di reati.
  • Il diritto penale vieta azioni preventive tese a evitare avvenimenti che derivino da una propaganda ideologica che spinga all’illegalità. Introducendo dei reati di associazione eversiva si introduce il reato di associazione politica a scopo di sovversione violenta e, in senso lato, di opinione, si accetta una limitazione della libertà di parola e di stampa, con lo scopo di ridurre altri illeciti ben più gravi (scopri la storia dell’introduzione del reato di opinione in Italia, nel capitolo del libro “Fact checking, la realtà dei fatti, la forza delle idee").

Nel corso degli anni, la Corte di Cassazione a più riprese è intervenuta per interpretare l’applicazione dell’articolo 270, mutuato da una legge concepita ben prima della nascita della Repubblica Italiana e della sua Carta Costituzionale, e per limitare i casi di applicazione dei reati associativi e di pericolo presunto.

In particolare, in merito ai reati associativi di natura eversiva è ormai principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale “la semplice idea eversiva non accompagnata da propositi concreti ed attuali di violenza non realizza il reato, ricevendo tutela proprio dall’assetto costituzionale dello Stato che essa, contraddittoriamente, mira a travolgere”.

Ad incorniciare questo quadro normativo, c’è ovviamente anche quanto disposto dalla Costituzione, poiché si tratta pur sempre di una fonte primaria e quindi sovra ordinata (e dunque prioritaria) rispetto alle leggi fin qui citate..

In particolare è necessario ricordare quanto disposto dall’articolo 54 (“Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservane la Costituzione e le leggi. I cittadini a cui sono affidate le funzioni pubbliche hanno il dovere di adempiere con disciplina ed onore prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”), e l’articolo 139 (“La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale) poiché sono strettamente connesse al reato di eversione.

Se questo infatti si configura, come abbiamo visto, con intenti ed atti miranti a sovvertire l’ordine democratico, è chiaro che queste azioni, nel concreto, sono tutte quelle che mirano a rendere di fatto (e non solo in modo teorico) l’Italia uno Stato diverso rispetto ad una “Repubblica democratica” (così come disposto dall’art.1 della Costituzione).

Il reato di eversione quindi, è strettamente legato alla negazione della democrazia e perciò dei diritti umani fondamentali, affinché questa possa essere reale.

È infatti soltanto la reale garanzia e rispetto dei diritti umani fondamentali e democratici a far sì che uno Stato possa essere considerato realmente democratico. Non è perciò sufficiente autodefinirsi tale e questo i membri dell’Assemblea Costituente che hanno redatto la Costituzione del 1948, lo avevano ben compreso, ribadendo proprio questo concetto, nell’ultimo articolo del testo (139), dopo aver fin dal principio (nell’art. 1) messo in chiaro la tipologia di Stato che si voleva creare. Ciò non lascia spazio a dubbi o interpretazione alcuna!

Tant’è che in giurisprudenza è sempre stata opinione condivisa e prevalente il fatto che la Costituzione Italiana fosse una costituzione semi-rigida poiché permetteva soltanto modifiche riguardanti l’organizzazione dello Stato, cioè solo della seconda parte (Ordinamento della Repubblica) e non la prima (quella dei principi fondamentali e dei diritti e doveri dei cittadini), giacché è proprio il contenuto di quest’ultima a determinare, nei fatti, la natura repubblicana e democratica dello Stato italiano.

La democrazia infatti, si fonda sull’uguaglianza dei membri che ne fanno parte e non può esserci uguaglianza se non nel caso i diritti umani e fondamentali siano riconosciuti e garantiti sempre, e dunque siano assoluti. Non è un caso che i diritti civili siano definiti in giurisprudenza proprio in questo modo (cioè “assoluti”). Con questa definizione si vuole sottolineare che questi diritti possono essere fatti valere sempre, perché mai derogabili e inalienabili, anche di fronte all’azione dello Stato, qualora questo si facesse portatore di “interessi collettivi”. Anche su questo punto la giurisprudenza è stata unanime, almeno fino al Gennaio 2020 …

Ora che abbiamo definito con precisione cosa si intende per “eversione”, per “associazione eversiva” e “per soggetti eversivi”, ora che abbiamo “un’unità di misura” oggettiva del fenomeno, andiamo ad analizzare gli accadimenti prima citati, e valutiamo se realmente siamo in presenza di fenomeni eversivi e chi, eventualmente ne è davvero protagonista.

Dalle immagini, dalle dichiarazioni riportate dai mass media e dalle testimonianze dirette di centinaia di cittadini, e da quanto emerso a seguito di alcuni arresti, possiamo affermare senza timore di smentite, che nelle manifestazioni di Roma del 9 ottobre 2021 e di quelle del porto di Trieste nelle settimane successive, la totalità dei manifestanti non apparteneva a gruppi che intendevano in alcun modo trasformare lo Stato italiano da Repubblica democratica in altra cosa.

È altrettanto oggettivamente vero che invece erano lì per rivendicare e riaffermare i diritti democratici fondamentali e adempiere all’obbligo di difesa dell’ordine democratico imposto dall’articolo 54 della Costituzione.

Per quanto riguarda gli accadimenti che hanno visto l’intervento delle forze di Polizia, è altrettanto inconfutabile che il 99% dei partecipanti della manifestazione di Roma, non ha avuto alcun comportamento violento, e il restante 1% si è reso protagonista di deprecabili atti di vandalismo (e non di violenza contro altri individui).

Al contempo le centinaia di migliaia di video registrati dai cittadini confermano che TUTTI gli episodi di violenza sulle persone (pacifiche e indifese) a cui abbiamo assistito, sono stati compiuti da individui che avevano delle evidenti caratteristiche comuni ben precise: avevano un casco blu in testa e una pettorina di riconoscimento, oppure indossavano abiti comuni, con un volto ben coperto pur appartenendo (come chiaramente emerso nei giorni successivi) alla stesso gruppo precedente.

Alla luce di tutto questo, appare chiaro che la definizione di “terroristi” e “sovversivi” affibbiata ai partecipanti alle manifestazioni di protesta è assolutamente utilizzata in modo inappropriato se non addirittura “criminale”, al fine di generare discriminazione e odio sociale.

Alla fine di questa lunga analisi, e alla luce delle definizioni di “associazioni terroristiche e/o sovversive”, appare legittimo porsi una domanda: se “sovvertire” significa tentare con la violenza, di cambiare l’ordine democratico, e se un '“organizzazione sovversiva” è quelle che si prefigge e poi rende i suoi propositi effettivi e concreti atti di violenza che mettono a rischio l’incolumità di altre persone, chiediamoci se la redazione, l’approvazione, la promulgazione, l’esecuzione di norme oggettivamente lesive dei diritti democratici fondamentali, quali sono tutti i famigerati DPCM e i decreti legge emanati dal marzo 2020 ad ora, che hanno determinato (direttamente e indirettamente) danni (anche fisici, finanche la morte, vedi i protocolli di cura imposti e la negazione del diritto di cura di altre patologie) di molte persone, e l’utilizzo della violenza (come nei casi presi in analisi fin qui) contro chi non ha accettato queste prevaricazioni e verso la popolazione più in generale, possono essere intesi come “atti sovversivi” operati da “associazioni sovversive”? D’altro canto abbiamo detto che uno Stato è democratico solo quando i diritti umani e fondamentali sono riconosciuti e garantiti a tutti, senza discriminazioni. Abbiamo anche detto che i Padri Costituenti hanno voluto sottolineare questo aspetto, ribadendo questo concetto anche nell’ultimo articolo della Costituzione.

Negare, anche solo dal punto di vista legislativo questi diritti, va chiaramente ad alterare la natura democratica e repubblicana dello Stato italiano, ancor più quando viene represso con la violenza il dissenso di chi vuole invece continuare a difendere ed onorare il contenuto della Costituzione italiana. Il fatto che a compiere atti sovversivi possano essere persone che ricoprono cariche pubbliche, facenti parte della medesima “organizzazione”, non altera la possibile configurazione del reato.

Chi sono quindi i sovversivi? A questa domanda potrà forse rispondere la Magistratura, qualora all’interno di essa esista ancora qualche membro indipendente che abbia il coraggio e la determinazione di onorare l’essenza dell’Italia, cioè il contenuto della Costituzione del 1948.

Noi per il momento possiamo soltanto, con ferma certezza, ribadire che finora le manifestazioni di piazza NON hanno visto alcuna partecipazione di interi gruppi o di singoli membri appartenenti a  organizzazioni sovversive.

Del resto nessun politico, Ministro o Presidente ha mai preso parte ad alcuna di queste manifestazioni!

Stefano Nasetti

© Tutti i diritti riservati. E' vietata la riproduzione, anche solo parziale dei contenuti di questo articolo, senza il consenso scritto dell'autore