Green Pass: questione politica o sanitaria?

Italia, Agosto 2021. Lo Stato italiano continua, apparentemente imperturbabile, nella sua politica palesemente antidemocratica. Da oltre un anno e mezzo ormai, non passa settimana senza che venga emanato un nuovo provvedimento (spesso privo di qualsivoglia forza di legge) che lede, limita ed erode le libertà fondamentali democratiche, in particolar modo quelle rappresentate dai diritti civili e quelli di “terza generazione” una volta definiti “diritti assoluti” (tornerò più avanti su questo punto).

La popolazione (o parte di essa) risponde con una sempre più frequente e numerosa presenza nelle piazze, con manifestazioni apolitiche e apartitiche, più o meno spontanee e non organizzate. Nonostante tali manifestazioni siano censurate dalle testate mainstream se non addirittura, quando non si può fare a meno di darne notizia, denigrate e criminalizzate, sempre più persone continuano ad aderire, sebbene il numero di cittadini che scendono in piazza sia ancora molto esiguo rispetto al numero totale della popolazione.

In questi casi però, è solo la costanza e la perseveranza nel continuare a manifestare a favore della propria libertà che potrà riuscire a persuadere e ricondurre alla ragione il maggior numero di persone possibili portandole in piazza. Solo così si potrà mettere un freno alla pericolosa china autoritaria intrapresa dal Paese, non solo nelle Istituzioni e in ciascuno dei suoi rappresentanti, ma anche in tutti gli altri settori della società civile, senza distinzioni da Nord a Sud o da Est ad Ovest, senza differenze di ordine sociale, economico e culturale.

Dalla magistratura alle forze dell’ordine, dal pluri laureato a quello che possiede soltanto la licenza elementare, dall’imprenditore al disoccupato passando per il libero professionista e il lavoratore dipendente (pubblico o privato che sia), dal facoltoso uomo d’affari al più umile degli indigenti, dal primario ospedaliero al semplice infermiere, dal dirigente scolastico all’insegnante (senza distinzione tra professore universitario e quello di scuole elementari, medie e superiori), non c’è settore della vita pubblica in cui non si sia assistito ad atteggiamenti prevaricatori, discriminatori, a manifestazioni (anche solo verbali) di intolleranza e odio verso chi non abbia ancora abbracciato a pieno la narrazione di Stato, quella diffusa attraverso ogni mezzo mainstream con i modi propri della propaganda che, in passato, ha contraddistinto ogni regime totalitario della storia umana. Come si è giunti a tutto questo, in un Paese come la Repubblica Italiana che, fin dalla sua nascita, si è sempre professata democratica?

Fornire una risposta completa ed esaustiva non è semplice, ancorché, nonostante quanto apparentemente possa sembrare, questa deriva autoritaria non è sorta dal nulla e in modo improvviso in un giorno di marzo del 2020, ma fonda le sue radici (almeno quelle più evidenti) molto prima, circa venticinque/trent’anni fa, sulla scorta di un conto mai saldato con la storia del novecento.

Dal marzo 2020 si è soltanto cominciato a raccogliere ciò che era stato seminato nei decenni precedenti, in cui la cultura democratica (e i valori che ne erano alla base) è stata lentamente ed inesorabilmente sgretolata partendo dal basso, dal sistema (dis) educativo che è stato realizzato e che ha prodotto l’attuale e onnipresente mentalità relativista. Per chi volesse prendere piena consapevolezza di come ciò è avvenuto e di quanto altro potremmo essere costretti a vivere nel prossimo futuro se non si inizia subito a riformare nella società civile una cultura realmente democratica, rimando alla lettura del libro “Fact Checking. La realtà dei fatti la forza delle idee”, in cui è analizzata sulla base di fatti concreti e oggettivi, la storia e lo stato della democrazia in Italia oltre che il ruolo che la scienza ha assunto con il trascorrere del tempo. Ma torniamo al Green Pass.

Dicevamo che, sebbene il numero delle persone che scendono in piazza a manifestare sia in aumento, e nonostante le manifestazioni si facciano più frequenti, a ciò sembra non corrispondere sempre un pari aumento della consapevolezza nei manifestanti, di ciò per cui si va a manifestare, di ciò che si va a difendere, di ciò che si va a rivendicare, di ciò che è realmente in gioco.

Molti scendono in piazza solo perché colpiti in prima persona dagli ultimi provvedimenti. Scendono dunque in piazza per difendere i propri interessi personali e non realmente per difendere i valori democratici calpestati, le libertà sottratte o i diritti violati. La diffusa incapacità di ragionare e discutere di valori in modo disinteressato rimane ancora il principale ostacolo che, al momento, non ha ancora consentito alle piazze di fare quel salto di qualità trasformando la protesta formale in azioni efficaci.  

Si continua a discutere nelle piazze, così come sul web, del Green Pass quale strumento per promuovere la campagna vaccinale o per obbligare alla vaccinazione, insomma come strumento associato ai vaccini e dunque alla tutela della salute pubblica in risposta ad una (reale o presunta, a seconda dei punti di vista) emergenza sanitaria. I discorsi più frequenti che si ascoltano sono: “Il Green pass non può essere accettato perché è uno strumento che, di fatto, obbliga a vaccinarsi, e i vaccini non possono essere obbligatori, sia perché lo Stato non li ha introdotti come tali, sia perché (quando lo ha fatto per talune categorie) comunque non se ne assume la responsabilità, sia perché si tratta di vaccini sperimentali che, in quanto tali non possono essere resi obbligatori”.

Queste motivazioni, spesso rese addirittura in modo frammentario e in ordine sparso, oltre ad essere fuorvianti della questione Green Pass rischiano di essere un pericoloso boomerang per tutto il movimento contrario a questo e, più in generale, a tutti gli altri provvedimenti limitativi delle libertà fondamentali e democratiche emanati dallo Stato italiano nel corso del tempo (continuo a parlare di “Stato Italiano” e non semplicemente di Governo perché, come accennato e come più ampiamente esposto nella pubblicazione editoriale a cui ho già fatto riferimento, non c’è settore dello Stato,  Istituzione o Autorità che non abbia contribuito, senza soluzione di continuità, a promuovere, sostenere e alimentare questo tipo di politica antidemocratica, senza distinzione di colore politico alcuna, e che ha coinvolto l’intero arco delle forze parlamentari in modo evidente negli ultimi tre decenni).

Affermare che il “Green Pass non può essere obbligatorio perché lo Stato dovrebbe avere il coraggio di mettere i vaccini obbligatori”, oppure “che questi (quelli per il Covid 19) non possono essere resi obbligatori perché attualmente sono sperimentali”, o ancora perché “lo Stato non si assume la responsabilità delle conseguenze possibili derivanti da eventuali danni”, significa aprire uno spiraglio a favore di pratiche palesemente antidemocratiche e inumane.  Significa implicitamente esser disposti a cambiare la propria contrarietà a questi provvedimenti, nel futuro caso in cui queste “criticità” siano in qualche modo “sanate”. Voglio dire che chi argomenta in tale modo la contrarietà al Green Pass, corre il rischio di essere messo “spalle al muro” e rimanere privo di argomentazioni, nel caso e nel momento in cui le sperimentazioni dei vaccini finiranno (2023) e i vaccini non saranno più considerati “sperimentali”, o nel momento e nel caso in cui lo Stato emani un atto avente forza di legge (e non un DPCM) in cui istituisce l’obbligo vaccinale e/o nel momento in cui lo Stato decida di assumersi la responsabilità delle eventuali conseguenze derivanti dalle reazioni avverse ai farmaci imposti. Insomma, subordinare la propria contrarietà al “marchio verde” a tali eccezioni, significa manifestare in qualche misura la disponibilità ad un’apertura ad una pratica tanto inumana quanto antidemocratica qual è quella dei trattamenti sanitari obbligatori (TSO). Ma chi è realmente democratico non può accettare che i diritti umani (inclusa l’inviolabilità del corpo) vengano messi in discussione. Nessun TSO può essere disposto in modo generalizzato, indipendentemente di qualunque cosa si tratti, anche fosse solo l’obbligo di legge di bere un bicchiere d’acqua al mattino! Lo Stato non può in alcun modo disporre del corpo dei cittadini, mai! La questione vaccini va quindi scissa dal discorso Green Pass.

Oltretutto così facendo si va involontariamente, ma implicitamente, a confermare l’errato assioma secondo cui “chi è contro il Green Pass è contro i vaccini”, per la gioia di tutti gli adepti dello scientismo, del relativismo progressista, dei “benpensanti” e degli “intellettuali” radical chic che non vedono l’ora di attaccare etichette come “negazionisti” e/o “no-vax” a chi non la pensa come loro, al fine discreditare il pensiero altrui e seminare l’odio verso quest’ultimi, in barba a concetti quali l’inclusione, la tolleranza e la democrazia di cui sovente si riempiono (come tipico di tutti i relativisti) in modo incoerente  (e sempre più a sproposito) la bocca. Chi è contro il Green Pass non è necessariamente contro i vaccini e la contrarietà a questo “lasciapassare” va motivata e sostenuta in altro modo.

Il Green Pass infatti, ha poco a che fare con i vaccini (si può avere il Green Pass senza aver fatto il vaccino e si può fare il vaccino senza poi richiedere e utilizzare il Green Pass) e ancor meno con la diffusione dell’epidemia. Dati alla mano, il “marchio verde” può essere ottenuto sia accettando l’inoculazione dei farmaci sperimentali governativi, ma anche semplicemente effettuando test che verifichino l’assenza di positività al virus Sars-Cov2, oppure esibendo un certificato (non anteriore a sei mesi) che attesti l’avvenuta guarigione dalla malattia Covid19. Ciò considerato quindi, associare il Green Pass all’obbligo vaccinale è (almeno dal punto di vista formale) un qualcosa di sbagliato e fuorviante che presta il fianco chi sostiene la propaganda di regime. C’è da dire che è indiscutibilmente vero che l’introduzione di questo “passaporto vac..” (per utilizzare l’espressione pronunciata dal Presidente del Consiglio Mario Draghi in occasione della presentazione del provvedimento che ha introdotto il “marchio verde”) e che sarebbe più corretto chiamare “lasciapassare totalitario”, è stato adottato, per stessa ammissione delle Autorità, con la finalità di spingere le persone a vaccinarsi ma, formalmente, non rappresenta esplicitamente un obbligo alla vaccinazione, poiché è ottenibile anche in altri modi.

È poi altrettanto evidente che il Green Pass non abbia alcun nesso con una reale volontà o il tentativo di arginare la diffusione del virus SarsCov2 (ma forse è vero addirittura il contrario) giacché, nonostante lo stesso Presidente del Consiglio Mario Draghi si sia “esibito” in una esemplificativa dimostrazione di disinformazione, propaganda, diffusione di odio con il fine di promuovere e favorire pericolose divisioni sociali tra la popolazione, affermando che “chi non si vaccina è un pericolo per gli altri”, è sufficiente prendere i foglietti illustrativi ( i “bugiardini”) dei medicinali che si vogliono imporre (vaccini) direttamente dal sito dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) o da quello dell’EMA (Autorità Europea dei Medicinali), per leggere che tutti questi vaccini non sono utili al contenimento epidemiologico, perché non impediscono fi contrarre il virus Sars Cov2, ma servono esclusivamente a circoscrivere la possibilità che il vaccinato sviluppi in tutto o in parte la malattia Covid19. È scritto quindi, che i vaccinati possono comunque contrarre il virus e trasmetterlo ad altri, anche se non sviluppano sintomi.

I “sieri genici” perciò, non aiutano a fermare il diffondersi del virus, ma rischiano al contrario di favorirne la circolazione poiché, di fatto, creano dei potenziali “positivi asintomatici” o, come si diceva fino a qualche anno fa, prima dell’inizio di questa “mediatica pandemia”, i vaccini creano dei “portatori sani”. In tal modo, i potenziali e silenti “untori autorizzati” (dal possesso del Green Pass ottenuto attraverso la pratica vaccinale) saranno “liberi” di girare in ogni dove, al fine di favorire i contagi e dar modo allo Stato di avere così la giustificazione dei numeri per protrarre e prorogare “l’emergenza” (già di per sé illegittima e incostituzionale – leggi qui) e la continua riduzione delle libertà fondamentali.

Del resto che il Green Pass abbia poco a che fare con l’intenzione di circoscrivere la diffusione del virus è altrettanto evidente dall’analisi degli incoerenti e illogici  provvedimenti che ne dispongono l’utilizzo. Si legge infatti che il “lasciapassare totalitario” è necessario:

  • per consumare ai tavoli dei bar (al chiuso) ma non per consumare al bancone, che è sempre al chiuso (fino a qualche settimana fa l’obbligo di mascherina, altro provvedimento spacciato come mezzo per contenere l’epidemia, era necessaria per la consumazione al bancone e non ai tavoli, esattamente al contrario di ciò che avviene ora con il green pass);
  • il “marchio verde” è necessario per accedere ai ristoranti (al chiuso) ma non negli alberghi e nei ristoranti (sempre al chiuso) degli alberghi stessi (che il virus sappia distinguere un ristorante alberghiero da uno no?);
  • il green pass è necessario per salire su treni, aerei e autobus interregionali (che hanno capienza ridotta e quindi distanziamento garantito) ma non sui mezzi pubblici cittadini (quali autobus e metropolitane) la cui capienza è ridotta soltanto formalmente (non c’è nessuno che controlla), e in cui nelle ore di punta non è raro vedere gente ammassata l’una sull’altra (che forse il virus abbia compassione della cronica disorganizzazione dei trasporti pubblici italiani?);
  • ancora, è obbligatorio per accedere a fiere, convegni, cinema, mostre e musei e università (tutti luoghi sovente al chiuso) ma anche in luoghi all’aperto come stadi di calcio e siti archeologici (tutti luoghi in cui è imposto anche il distanziamento tra persone e l’obbligo di indossare mascherine protettive, addirittura in certi casi, del tipo FFP2). Tuttavia non è necessario in luoghi chiusi come nelle aule scolastiche, nei centri commerciali, nei negozi di vario genere dove il distanziamento non è sempre garantito. Forse il virus, nelle sue continue mutazioni, avrà imparato a distinguere i luoghi e gli ambienti? Forse la “variante Delta” è contro gli eventi culturali, ludici e ricreativi (sia all’aperto che al chiuso), ma non è contraria (e quindi non è pericolosa) nei luoghi come le scuole in cui lo status quo da decenni plasma le giovani menti a suo uso e consumo, attraverso il sistema (dis)educativo a cui gli studenti sono sovente assoggettati, al fine di creare “cittadini bravi e obbedienti”? Forse la temibilissima “variante Delta” (i cui pericolosissimi sintomi sono raffreddore, tosse e naso che cola …) è anch’essa intrisa dell’ormai onnipresente ideologia neoliberista, che la rende favorevole (e quindi non pericolosa) nei centri commerciali, e completamente disinteressata ai parchi pubblici in cui per accedervi (al contrario dei siti archeologici all’aperto) non è infatti richiesto il Green Pass? Chiunque sia ancora dotato di un minimo di raziocinio, non sia afflitto da dissonanza cognitiva e/o analfabetismo funzionale, leggendo queste disposizioni governative non potrà che concludere che il Green Pass non ha nulla a che fare con la questione sanitaria.

Ma allora a cosa serve? Qual è la sua vera finalità? Con quali motivazioni scendere in piazza a protestare?

Il Green Pass è essenzialmente uno strumento discriminatorio su base politica ed una questione di diritti. Impedendo l’accesso a luoghi e servizi a chi non lo ha, sebbene sia in salute e non rappresenti alcun tipo di minaccia per gli altri, pone limiti al godimento dei diritti umani fondamentali e democratici. Chi è realmente democratico quindi, non può accettare l’imposizione di questo strumento, indipendentemente che sia nella posizione di poterne beneficiare o meno. Averlo o non averlo è quindi una scelta essenzialmente politica, e le discriminazioni di questo tipo (insieme a tutte le altre) è esplicitamente vietata dalla costituzione italiana.

Alla base e dietro l’emanazione del Green Pass, nella forma e nelle modalità adottate dallo Stato italiano (perché la norma dell’EU che lo ha istituito, se ne vieta espressamente l’utilizzo finalizzato a pratiche discriminatorie e se ne prescrive l’adozione soltanto al fine di favorire la circolazione -  quale ad esempio riduzione dei tempi di quarantena all’ingresso in un altro Stato - delle persone tra i Paesi membri), c’è uno scopo esclusivamente di tipo politico, con cui lo Stato si prefigge di raggiungere due principali obiettivi non ufficialmente dichiarati e non necessariamente di pari rilevanza.

Il primo obiettivo ha uno scopo principalmente di tipo sociologico-statistico. Grazie al numero delle richieste di Green Pass, lo Stato italiano avrà, per la prima volta, il modo di verificare quantitativamente e oggettivamente, il numero dei cittadini (ma anche la loro identità, dal momento che il Green Pass è nominativo) che per convinzione ideologica e politica, per dipendenza cognitiva nei confronti delle Autorità, per incapacità di comprensione della realtà (dettata da dissonanza cognitiva e analfabetismo funzionale), per mancanza di una reale cultura democratica o per necessità dettata dalla paura di vedere compromesso il proprio lavoro o la propria fonte di sostentamento, hanno volutamente, o sono state obbligate (perché ricattate e quindi psicologicamente costrette) ad accettare (o piegarsi) al volere autoritario dello Stato.

Il Green Pass quindi, po’ essere equiparato ad una sorta di “tessera di partito”, di certificato di adesione al “partito unico”, quello del “pensiero unico” dal momento che in Parlamento, tutte le forze - ad eccezione di una che però si trova lì soltanto come “specchietto per le allodole” affinché lo Stato italiano appaia ancora come una democrazia - sostengono il Governo.

Al pari di quanto è avvenuto in passato in tutti i regimi comunisti, ma anche fascisti e nazisti, il Green Pass può essere considerato l’elemento identificativo di appartenenza, di appoggio, si sostegno o, per lo meno, della apparente non contrarietà o non minaccia al potere costituito, in quello che appare come una sorta di censimento necessario a quantificare il numero (e forse anche le identità) dei potenziali nemici del “regime”.

Abbiamo detto infatti, che il numero e l’identità dei vaccinati non rappresenta un “termometro politico” significativo del dissenso verso lo Stato italiano (Governo, Parlamento, Magistratura, forze di polizia, Presidente della Repubblica, ecc.) e tutti gli attori dell’attuale situazione antidemocratica. Chi ha fatto o farà il vaccino, potrebbe averlo fatto o farlo solo per paura della malattia e non necessariamente invece perché condivide la politica del lo Stato. Chi ha fatto o farà il vaccino per tali ragioni, potrebbe poi non richiedere e utilizzare il Green Pass. Come detto invece, chi lo richiede e lo utilizzerà, anche se non favorevole allo Stato, sarà comunque stato in qualche misura assoggettato al suo volere perché “ricattato” o “ricattabile” e dunque comunque sottomesso.L'opposizione al Green Pass si fonda quindi al fatto che la scelta di averlo e utilizzarlo è rappresentativa di una idea politica e ciò non può essere oggetto di discriminazione.

Il secondo obiettivo invece, ha a che fare con il controllo della popolazione. Il Green Pass rappresenta il più grande e palese strumento di sorveglianza di massa mai utilizzato dallo Stato italiano. Come? La risposta è contenuta nei documenti che spiegano con quali strumenti e con quale modalità è prevista la verifica del “marchio verde” all’ingresso dei luoghi sopra già citati.

Secondo quanto disposto infatti, la verifica sarà effettuata dai gestori dei luoghi o dal personale appositamente preposto ed autorizzato, attraverso un’applicazione installata sullo smartphone del verificatore, chiamata VerificaC19. L’applicazione scansionerà il codice QR presente sul Green Pass del cittadino, e restituirà all’addetto al controllo un semplice “ok” o “non ok”. In caso di conferma di validità del Pass, sul display del verificatore appariranno i dati anagrafici del cittadino titolare di quel Green Pass che dovranno essere confrontati con quelli presenti sul documento di identità che il cittadino dovrà esibire per confermare che il Green Pass è davvero il suo. È assurdo pensare che un semplice esercente abbia il diritto di verificare l’identità di un qualsiasi altro cittadino suo cliente. Tale facoltà è da sempre demandata esclusivamente alle forze di polizia nell’esercizio delle loro funzioni e nel rispetto delle garanzie costituzionali. Alcune categorie di soggetti ha già fatto sapere che non si assumerà tale responsabilità, mentre altri che probabilmente non vedevano l’ora di poter avere maggior potere da esercitare su qualunque altra persona, non ha battuto ciglio. Tuttavia, il gestore non potrà conservare alcun dato del cittadino (non potrà tenere alcun registro a riguardo), mentre i dati apparsi sul telefono saranno automaticamente cancellati subito dopo la verifica. L’app lavora anche off line, ma è richiesta almeno una volta al giorno che l’app si colleghi ad internet ai server della società SOGEI spa (società privata a controllo statale), la stessa che detiene e gestisce i dati raccolti con l’App Immuni (leggi qui) e che produce le carte d’identità elettroniche. Insomma l’invio dei dati raccolti avviene in modo cumulativo e periodico ogni qual volta è attiva la connessione internet, proprio così come lavora l’App Immuni.

Se fino a questo punto tutto sembra avvenire in forma “non tracciante” (abbiamo detto che il gestore o il personale addetto ai controlli nei punti di accesso dei luoghi indicati, non possono conservare i dati riguardanti l’identità dei cittadini) c’è da evidenziare che nei server di SOGEI spa, tali dati saranno comunque presenti. Anche nel caso in cui le Autorità comunicassero (al memento non lo hanno ancora fatto) che i dati riguardanti la verifica siano o saranno “anonimizzati”, è bene prendere coscienza che in realtà ciò non potrà mai essere fatto completamente. Una tale affermazione non potrà mai corrispondere alla realtà. L’anonimato e il rispetto per la privacy, così come già è avvenuto per l’app Immuni, non potrà mai essere reale e garantito da nessuno.

Al momento della connessione per la verifica della validità del Green Pass ( o comunque in maniera differita quando l’app si connetterà ai server SOGEI, come detto è richiesta la connessione a internet almeno una volta al giorno), infatti, lo smartphone del gestore fornirà necessariamente al sistema di controllo l’identità sia dell’esercizio commerciale e la posizione del luogo (museo, scuola, palestra, ristorante, ecc.) che ha richiesto la verifica, sia l’identità del titolare del Green Pass a cui è associato il codice QR scansionato. I metadati generati dalla traffico informatico dei dati sulla rete, completeranno le informazioni raccolte, in quanto saranno sempre generati data e ora della richiesta. Di fatto perciò, ad ogni scansione il sistema potrà sapere luogo geografico, tipologia di attività svolta in quel luogo, data, ora e identità del cittadino riuscendo quindi a monitorarne quasi ogni spostamento e abitudine di quest’ultimo. Facciamo in esempio, tanto per rendere bene l’idea della pervasività di questo strumento.

Supponiamo che un qualunque cittadino, un docente di una qualunque scuola (ad oggi obbligato ad avere il Green Pass per accedere al luogo di lavoro) esca di casa e prenda un treno per recarsi al lavoro. Alle ore 6:30 del mattino, una volta acquistato il biglietto ferroviario di andata e ritorno (magari pagato con la carta di credito) farà scansionare il suo Green Pass all’addetto al controllo della stazione ferroviaria della città di partenza (supponiamo Napoli). Dopo due ore, alle ore 8:30, arrivato alla città di destinazione (supponiamo Roma), il docente si recherà a scuola per svolgere la sua attività d’insegnante. Qui il suo Green Pass sarà nuovamente scansionato dal personale scolastico dell’istituto (supponiamo il liceo “Giulio Cesare”) addetto al controllo, e il sistema invierà istantaneamente (o successivamente alla prima connessione internet) nuovamente l’avvenuta verifica di quel pass ai server di SOGEI spa. Alle ore 14:00, terminate le lezioni, il docente andrà al ristorante per pranzare dove, per poter accedere, dovrà mostrare nuovamente il suo “lasciapassare totalitario”. Ancora una volta, l’addetto al controllo del ristorante (“da Pasquino”, nome di fantasia) invierà i dati di avvenuta verifica ai server Sogei. Pagato il conto (sempre con carta di credito o bancomat) e ritirata la ricevuta o la fattura, il docente si recherà nuovamente in stazione dove, alle ore 15:30, il Green Pass sarà nuovamente verificato con le consuete modalità, al fine di consentirli di salire sul treno per il ritorno. Anche in questo caso, sui server Sogei rimarrà traccia (esplicita o anche solo attraverso i metadati) di questa verifica e quindi della presenza, in quel giorno, a quell’ora e in quel dato luogo di quella persona. Due ore e mezza più tardi, supponiamo alle 18:00, il docente giunto a destinazione a casa sua a Napoli, decide di recarsi in palestra, non prima di essersi fermato però in farmacia dove acquisterà dei medicinali pagati sempre attraverso la moneta elettronica e la scansione della tessera sanitaria (al momento non è richiesto il Green Pass per accedervi, ma con la scansione della tessera sanitaria e/o il pagamento della carta di credito o bancomat, ha comunque lasciato traccia della sua attività). Dopo questa breve sosta, e dopo aver parcheggiato la sua auto e dopo aver pagato la sosta sulle strisce blu digitando la quindi la targa della sua auto sul parcometro (e lasciando così ancora una volta una traccia informatica del suo passaggio), il docente accede alla palestra dove, come previsto, l’addetto scansionerà nuovamente il Green Pass con conseguente invio (istantaneo o differito) dei dati ai server SOGEI spa. Terminato l’allenamento, il docente decide di passare la serata in compagnia di amici, prima al cinema (alle 19:30) e poi nuovamente al ristorante (alle 21:30). In entrambi i luoghi avverrà la consueta verifica del “marchio verde” con annesso invio di dati.

Grazie al Green Pass, tutti i movimenti, gli spostamenti e le abitudini del docente (e quindi di ogni comune cittadino utilizzi questo “lasciapassare totalitario” ) viene di fatto registrato. I dati così ottenuti che poi si sommano a quelli che lo Stato già detiene (o a cui può facilmente accedere) riguardo la situazione medico sanitaria del cittadino (fascicolo sanitario), la situazione finanziaria attraverso la possibilità di accedere ai conti bancari dei cittadini, quelli raccolti attraverso l’attività di SOCMINT (se non sai cos’è ti invito a leggere con attenzione il libro “Fact Checking, la realtà dei fatti la forza delle idee”), e quelli raccolti attraverso tutti gli altri strumenti collegati alla rete che sovente ci vengono presentati come “intelligenti” (smart), ma che in realtà sarebbe meglio definire “traccianti”, ha potenzialmente di fatto il controllo su ogni aspetto della vita dei cittadini. Non sto dicendo che tutto questo stia già avvenendo ora a pieno regime, ma che il Green Pass potrà favorire ulteriormente la sorveglianza di massa, trasformando definitivamente quella che era la Repubblica Italiana, cioè uno Stato di diritto, in uno Stato di Polizia o in uno Stato di Sorveglianza, così come oggi già avviene attraverso sistemi analoghi in altri Paesi che noi stessi definiamo non democratici, quali la Cina, ad esempio.

Il pericolo e le violazioni che possono scaturire da questo tipo di attività sono di gran lunga ben più pericolose e concrete da quelle derivanti dalla subdola imposizione di un qualsiasi vaccino.

L’istituzione del Green Pass, il cui rilascio è oggi subordinato alla presunta verifica di uno stato di salute e che domani potrebbe essere subordinato a qualunque altra cosa, costituisce una reale minaccia alla democrazia e forse l’attacco definitivo alla Repubblica italiana quale Stato di diritto. Oltretutto viene inserito nell'ordinamento giuridico italiano, il principio secondo cui una persona è potenzialmente pericolosa, e quindi colpevole e condannabile, salvo prova contraria, contravvenendo ai più elementari principi giuridici che vogliono invece che una persona sia considerata innocente fino a sentenza passata in giudicato. La prova di non colpevolezza (in questo caso del proprio buono stato di salute) viene completamente stravolto e ribaltato. Solo nei regimi dittatoriali ogni singolo cittadino vine considerato potenzialmente un pericolo per lo status quo, un pericolo da cui guardarsi e da tenere sott'occhio. Non è un caso che in questi Paesi la sorveglianza di massa sia all'ordine del giorno.

In uno Stato di diritto, i diritti civili e gran parte di quelli di terza generazioni sono riassuntivamente rappresentati dai diritti umani fondamentali. In uno Stato di diritto questi diritti sono definiti assoluti.

« […] "diritti assoluti" sono così definiti poiché possono essere fatti valere su qualunque soggetto, anche nei confronti dello Stato; fanno parte di questa categoria di diritti, tutti i diritti civili e gran parte di quelli di terza generazione, come la libertà personale, la libertà di circolazione e soggiorno, la libertà di domicilio, la libertà della segretezza della corrispondenza (oggi più compiutamente diritto alla privacy), la libertà di manifestazione del pensiero, il diritto alla vita e all'integrità psicofisica, il diritto al mantenimento della cittadinanza e della capacità giuridica, ecc.) […]». I diritti assoluti sono così definiti  « […] poiché inviolabili e mai derogabili, neanche di fronte allo Stato o agli interessi collettivi di cui si potrebbe far portatore. I membri dell’assemblea costituente, che tra il 1946 e il 1948 stilarono gli articoli della Costituzione Italiana, avevano ben chiara questa distinzione, e inserirono il riconoscimento e la tutela di gran parte dei diritti assoluti, nella prima parte della carta costituzionale, nella sezione definita “principi fondamentali”. La Costituzione è, infatti, la legge più importante del nostro Stato: non solo perché fissa i principi cui il legislatore non può mai derogare, ma anche perché non può essere modificata se non entro i limiti e con procedure assai rigide previste dalla Costituzione stessa.  Gli articoli 138 e 139 della Costituzione Italiana definiscono i limiti e la possibilità di cambiamento della Costituzione. L’iter di modifica particolarmente gravoso della Costituzione, previsto da questi due articoli, e il riferimento esplicito (oltre che a vari richiami impliciti) all’immodificabilità di alcune parti di essa, fanno sì che la Costituzione italiana sia definita di tipo “rigido”. Un “limite esplicito” alla possibile modifica costituzionale, è sicuramente quello posto dall’art.139 in base al quale la forma repubblicana (con tutto ciò che essa comporta e che abbiamo finora visto) non può essere oggetto di revisione costituzionale. In pratica, non si può trasformare lo Stato italiano da Repubblica a monarchia o a dittatura. Affinché ciò avvenga, almeno formalmente e ufficialmente, sarebbe necessaria una rivoluzione, eventualmente e addirittura armata. I “limiti impliciti”, invece, sono costituiti certamente dai principi fondamentali a cui lo Stato Italiano ispira (almeno sulla carta) la propria azione, e nei diritti inviolabili. Parliamo, quindi, innanzitutto ma non solo, dei primi 12 articoli della Costituzione.  Ai diritti citati nei primi 12 articoli vanno certamente aggiunti quelli esplicitamente dichiarati “inviolabili” come quelli previsti agli articoli 2, 13, 14 e 15. Anche con questa aggiunta però, il limite è riduttivo. Il reale limite implicito alle modifiche costituzionali, riguarda certamente tutti quei diritti che definiscono lo Stato Italiano come repubblica democratica, dunque tutti quei diritti che nell’ordinamento giuridico sono definiti “principi supremi”. Di tali principi e diritti fanno parte certamente tutti i diritti umani che lo Stato italiano ha accettato e riconosciuto non solo nella sua Costituzione ma, come abbiamo visto, con la sottoscrizione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino e di altre successive convenzioni e/o trattati, come la convenzione di Oviedo, ad esempio. Uno Stato dove sono assicurati i diritti umani fondamentali e democratici può definirsi Stato di diritto. Solo uno Stato di diritto è uno Stato democratico. È opinione diffusa tra molti giuristi, infatti, che sia quindi l’intera prima parte della Costituzione a dover essere considerata immodificabile […]». (brano tratto dal libro Fact Checking, la realtà dei fatti la forza delle idee).

« […] Secondo la nostra Costituzione quindi, il popolo esercita la sua sovranità attraverso questi strumenti e questi organi rappresentativi ai quali ha, sulla carta, libero accesso. Ogni cittadino può infatti candidarsi per diventare rappresentante del popolo. Ciò è possibile, così come in tutte le moderne democrazie, solo in virtù del riconoscimento formale e ufficiale, esplicitato nella carta costituzionale, dei diritti di cittadinanza (insieme dei diritti civili, politici e sociali e di “terza generazione”) a ciascuna persona. L’uguaglianza tra i membri di una comunità è perciò l’elemento cardine e caratterizzante delle democrazie. Del resto non potrebbe esserci reale democrazia, in qualunque sua forma, sia diretta sia indiretta, sia rappresentativa sia partecipativa, se le persone non fossero considerate giuridicamente tutte alla pari. La democrazia non è quindi il governo della maggioranza, ma la forma di governo in cui, innanzitutto, c'è il riconoscimento dei diritti umani fondamentali oltre all’effettiva garanzia di godimento degli stessi (e quindi dell’uguaglianza tra i cittadini) […]». (brano tratto dal libro Fact Checking, la realtà dei fatti la forza delle idee).

« […] La Carta Costituzionale di un Paese è l’anima di una nazione, poiché rappresenta i valori e i principi condivisi, e dunque propri, di quello specifico gruppo di persone. La Costituzione può essere perciò definita come il patto sociale tra i cittadini di uno Stato, che decidono di regolare su tale base, l’esercizio e l’interazione dei propri diritti individuali.  La libertà di un Paese si può misurare soltanto in base al rispetto delle Istituzioni, e dunque dello Stato, verso i diritti dei propri cittadini. Tali diritti, infatti, rappresentano delle restrizioni al potere dello Stato, perché stabiliscono fin dove può spingersi un Governo senza invadere quel territorio proprio dell’individuo, che la rivoluzione americana e la rivoluzione francese prima, e la comunità internazionale poi, hanno chiamato libertà […]». (brano tratto dal libro Fact Checking, la realtà dei fatti la forza delle idee).

I motivi per contestare il Green Pass sono quindi principalmente di tipo politico e riguardano la lesione dei diritti umani fondamentali e democratici.

Se ora finalmente ti è chiaro tutto questo, che tu sia politicamente favorevole o contrario alle forze politiche che oggi detengono il potere, che tu sia favorevole o contrario ai vaccini, che tu creda o meno alla narrazione di Stato, che tu sia già stato colpito direttamente o meno dai provvedimenti di Stato, che tu sia stato o meno direttamente o indirettamente danneggiato da tutto ciò che è accaduto fin ora, che tu sia o meno spaventato dalla COVID19, se sei realmente una persona democratica hai il dovere di dimostrarlo scendendo in piazza per manifestare contro il Green Pass, contro ogni provvedimento lesivo dei diritti fondamentali e democratici, che abbiamo detto essere necessariamente assoluti (e non relativi) in una vera democrazia, e per difendere tutte le libertà proprie in uno Stato di diritto.

Di fronte a ciò che sta avvenendo non esiste destra o sinistra. Non esiste pro-vax o no-vax. Non esiste ricco e povero, dipendente o imprenditore, dipendente pubblico o privato, lavoratore o disoccupato, laureato o analfabeta, giovane o anziano, maschio o femmina, bianco o nero, ateo o credente, italiano o straniero siamo tutti uguali e nessuno può e deve discriminare un altro. Se sei realmente democratico sai che non c’è differenza alcuna. In questi giorni si sta giocando un’importante battaglia per il futuro di tutti ed è importante anche la semplice la presenza di tutti nelle manifestazioni, anche la tua. Nessuno ti imporrà di gridare, applaudire o altro, l’importante è esserci. Se rimani a casa a guardare oppure fai finta di non sapere o vedere, divieni complice di ciò che accadrà a te e ai tuoi cari. In questi giorni si sta creando il mondo di domani. Se vuoi che sia un modo libero hai il dovere di dare il tuo contributo.

Einstein una volta disse: ““il mondo è un posto pericoloso non a causa delle persone che compiono azioni malvagie, ma per colpa di tutti gli altri che guardano senza far nulla”.

Stefano Nasetti

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