IA o non IA

Da almeno 10 anni le persone comuni hanno ormai familiarizzato con parole e concetti prima riservate soli addetti ai lavori del settore informatico e tecnologico.  Parole come “algoritmi” e “Intelligenza artificiale” sono ormai diventati di pubblico dominio, chi non ne ha mai sentito parlare? Chi oggi, non ne ha mai fatto uso, in modo più o meno consapevole? La vera domanda però è: chi sa veramente di cosa si tratta, quali sono le differenze tra le due tecnologie e come funzionano?

Se possiamo affermare con certezza che non c’è stata una narrazione unidirezionale ufficiale riguardo le tecnologie algoritmiche e il loro utilizzo (che, infatti, hanno subito diverse critiche), così non è stato per l’Intelligenza Artificiale.

Mandato nel dimenticatoio dell’opinione pubblica l’inquietante e fumosa parola “algoritmo” con tutte le sue sinistre e distopiche associazioni come “società algoritmica” o “era algoritmica”, ecc., si è cominciato a parlare genericamente di “Intelligenza Artificiale”, declamandone tutti i pregi e le potenzialità, promuovendone una larga e trasversale applicazione in ogni settore possibile economico e sociale, quasi fosse la panacea di tutti i mali, la sola ed ineluttabile strada per il futuro dell’umanità, ed ignorando, quasi completamente, ogni voce dissonante che provava a porre all’attenzione pubblica e mediatica anche sui potenziali aspetti negativi di questa tecnologia.

Dopo oltre un lustro di narrazione pressoché unilaterale riguardo i pregi di quella che viene impropriamente chiamata “Intelligenza Artificiale”, oggi finalmente si comincia ad ascoltare un acceso dibattito sull’IA, in cui da un lato continuano le fanfare di chi ne promuove l’utilizzo massiccio e ne canta solo le lodi (ci si dovrebbe chiedere: perché?), e chi, dall’altro, ne vede solo gli effetti pratici negativi.

In una società polarizzata come quella attuale, era inevitabile che una tecnologia così invasiva come quella oggi definita come “Intelligenza Artificiale”, avrebbe creato due fazioni ben distinte: le autorità scientifiche, politiche, economiche e “tecnologiche” da una parte, e i cittadini dissenzienti (ormai abituati ad essere etichettati, a seconda dei periodi, in vari modi) dall’altra.

Se il dibattito sull’IA è senza alcun dubbio un qualcosa di positivo che può riuscire a instillare un minimo di riflessione nel cittadino medio (voglio continuare ad utilizzare la parola “cittadino” nonostante ormai le “autorità” di cui sopra utilizzino, o preferirebbero fosse utilizzata, la parola “utente” o, meglio ancora “cliente”), il dibattito innescato dai cittadini più dubbiosi circa l’utilizzo massiccio di questa tecnologia, rischia di essere fuorviante, se non addirittura controproducente.

Nel leggere continuamente articoli, da una parte e dall’altra, su questa tecnologia appare abbastanza evidente come quasi nessuno comprenda appieno di cosa realmente sia una “Intelligenza Artificiale” e cosa sia invece quella che oggi viene definita come tale. Se si potrebbe pensare che chi ne decanta le lodi, omettendo di mettere in guardia dai pericoli che l’uso dell’IA sempre comporta, lo faccia perché spinto da un interesse economico o politico, sia personale sia di lobby, lo stesso ragionamento sembra non poter essere fatto per chi ne denuncia solo i pericoli o ne evidenzia, ove già riscontrabili, solo le conseguenze della sua applicazione. In entrambi i casi però, “si guarda il dito e non la Luna”.

Parlare ad esempio di posti di lavoro persi a seguito dell’introduzione dell’IA sarebbe corretto se si evidenziasse che, anche chi denuncia i pericoli dell’IA, utilizza tutti i giorni sistemi che la contengono. Lo stesso si può dire di chi elogia l’IA e ne incoraggia l’utilizzo, negando (per proseguire lo stesso esempio) che IA non toglie lavoro ma solo che lo “ridisegna”, giocando con le parole cercando di imbonire l’opinione pubblica.

Il dibattito così improntato risulta essere sterile. Il problema, in tutto questo dibattito sull’IA, è che ciò di cui si discute non è vera Intelligenza Artificiale e, a dire il vero, non è neanche “Intelligenza”, ma semplice emulazione e simulazione statistica. La triste realtà è che oggi abbiamo a che fare con gli stessi terrificanti e distopici algoritmi (chiaramente potenziati e concatenati) di cui si parlava inizialmente anni fa e che, come detto, spaventavano a tal punto l’opinione pubblica che sono stati fatti cadere nell’oblio nel dibattito politico e pubblico. Nella sostanza si è trattato di un semplice cambio di definizione nel modo di comunicare, presentare (ma oserei dire "imporre") questa tecnologia.

Se quindi alla base del dibattito c’è un concetto, una tecnologia, volutamente o inconsapevolmente incompresa, ogni discussione a riguardo rischia di essere fuorviante, e anche le critiche e le osservazioni potenzialmente corrette nei confronti dell’uso di questa pervasiva tecnologia finiscono per contribuire al raggiungimento del fine ultimo di chi è favorevole a suo uso incondizionato e pedissequo.

Continuando ad utilizzare, anche quando si critica, l’espressione “Intelligenza Artificiale” si contribuisce a rafforzare l’idea nella mente del cittadino comune, che ci troviamo di fronte a qualcosa di intelligente e pensante (perfino senziente), e dunque di neutro, migliore, efficiente, infallibile. Ogni scelta, ogni proposta, ogni soluzione ottenuta dietro “suggerimento” dell’IA rischia di essere accettata senza alcuna critica.

Infatti, l’attuale dibattito critico non verte sulle scelte, sulle soluzioni dell’IA ma solo sull’opportunità o meno di utilizzarla, in un settore piuttosto che in un altro. La questione quindi è spostata sul “se utilizzarla” e non “su come”, “quando” o, meglio ancora sul fatto ancor più importante, che sia o meno attendibile.

Il vero rischio non è se l’IA sostituirà o meno l’uomo nei lavori o nelle scelte politico-economico, ma è sul fatto che già abbiamo delegato gran parte della nostra organizzazione economico-sociale a questi sistemi automatizzati, che nulla hanno a che vedere con l’intelligenza e i valori umani (per approfondire, clicca qui).

L’effetto di tutto questo nel nostro presente è che l’uomo sta delegando alle macchine la sua capacità di pensare in modo autonomo, affidando ad esse ogni decisione nell’illusoria convinzione che quella suggerita da questi sistemi algoritmici sia sempre la decisione migliore, la scelta più efficiente, più giusta, equa e quindi moralmente migliore, ma non è così.

Innanzitutto, perché le scelte non sono frutto di un reale ragionamento ma solo di una simulazione di ripetitività statistica. L’IA vera, quella senziente (detta IA forte), non è assolutamente niente di tutto ciò che oggi stiamo sperimentando e, ad oggi, non è neanche certo che un giorno saremo in grado di crearla; poi perché questi sistemi sono tutt’altro che neutri poiché, come già ampiamente emerso e com'è noto agli addetti ai lavori e agli esperti di settore, il risultato delle scelte proposte ed attuati da questi sistemi di presunta "intelligenza", sono fortemente influenzati dai dati utilizzati per “addestrare” detti sistemi. Insomma gli attuali sistemi chiamati impropriamente “IA” non sono intelligenti, non sono neutri, ma sono piuttosto degli strumenti di potere nelle mani di chi li controlla e di chi ne propugna l’utilizzo massiccio e incondizionato, nascondendosi proprio dietro la fuorviante dicitura di “intelligenza artificiale”.

Di fronte a questo voluto fraintendimento di base, chi ha il potere sta plasmando il mondo e il futuro della civiltà umana a proprio uso e consumo, nascondendosi dietro la presunta neutralità dell’IA e, scaricando quindi su di essa qualsiasi futura responsabilità riguardo determinate scelte economiche, politiche e sociali; al contempo la maggioranza schiacciante della popolazione abbassa le difese dei propri diritti e valori sociali e, illudendosi di essere di fronte a qualcosa che può soltanto migliorare il mondo, ritenendo incosciamente che ogni decisione abbia anche quella componente "morale" o comunque empatica, umana, che una scelta fatta da una persona in carne e ossa ha sempre in qualche percentuale, ed accetta qualsiasi decisione politica sia presentata come “suggerita” dall’IA.

Se, come già è accaduto, una scelta della presunta IA si rivelerà errata, la colpa sarà solo dell’IA e non dell’autorità che l’ha proposta o applicata. Non ci saranno quindi conseguenze, perché non ci sarà un soggetto fisico o giuridico su cui applicare sanzioni o a cui chiedere conto di quanto accaduto. Ci si limiterà a provare a “correggere” il sistema informatico.

 

Il dibattito sull’IA dovrebbe quindi tenere presente di tutto questo, cominciando a spiegare realmente che oggi l’Intelligenza Artificiale, nell’accezione che la maggior parte della popolazione percepisce e che questa espressione suggerisce, ad oggi non esiste, perché, come già detto, ciò che vediamo oggi è solo simulazione ed emulazione di intelligenza, è apparenza, è finzione!

Più che preoccuparsi se un giorno, nel futuro, l’IA forte, quella senziente, potrà o meno sostituire l’uomo in alcuni o in tutti i lavori, il dibattito pubblico dovrebbe invece concentrarsi su quello che i moderni sistemi algoritmici concatenati e potenziati (oggi spacciati per IA e che si trovano ormai quasi ovunque, dai cellulari ai navigatori, negli assistenti digitali, negli elettrodomestici di ogni tipo, dalle TV alle caldaie, ai frigoriferi, forni elettrici, dispositivi di domotica, sistemi di videosorveglianza, nei social ecc.), stanno già cambiando (o hanno già cambiato) dell’umanità.

L’uomo sta delegando alle macchine la sua caratteristica più grande, la capacità di pensiero. Sebbene in pochi se ne rendano conto, a questi sistemi affidiamo quotidianamente gran parte delle nostre scelte, da cosa scrivere sui social (con le funzioni di completamento automatico) a cosa vedere in TV, a cosa acquistare, cosa indossare, che strada fare, dove andare, ecc. per non parlare poi della capacità di ricordare.

Gli effetti di tutta questa spesso inconsapevole delega sono già evidenti. Se una persona si dimentica il telefono a casa o il suo telefono si spegne perché scarico, si sente perso, quasi incapace di relazioni sociali, quasi menomato. Per fare un altro esempio, con l’uso continuo dei sistemi di navigazione GPS sta venendo meno anche la capacità di orientarsi in uno spazio. E ancora, con la continua archiviazione di ogni cosa sui cellulari, la nostra capacità di memorizzazione informazioni, di elaborarle o semplicemente la nostra capacità di concentrazione diminuisce di anno in anno, di generazione in generazione.

 

Tutto ciò sta cambiando il mondo, ma il problema non è questo! Il reale problema è che lo sta facendo in modo silente, per volontà di pochi che controllano questi sistemi algoritmici che ne traggono univoco vantaggio (con la colposa complicità di politica e media mainstream), a discapito dei diritti umani fondamentali dell’intera popolazione, in parte manipolata nei modi sopra accennati e tenuta all’oscuro di tutto, in parte colpevole di non volersi fermare per occuparsi di questioni importanti e socialmente impattanti come l’applicazione di tutta questa tecnologia.

Il rischio futuro è quindi quello di andare a creare un mondo disumanizzato in cui l’uomo sarò ancora presente ma, di fatto, sarà solo un esecutore, avendo perso tutte le sue peculiarità di essere pensante, essendo diventato incapace di decidere autonomamente, di assumersi le responsabilità delle conseguenze delle sue azioni, di essere empatico verso gli altri. Solo allora il rischio che l'uomo-esecutore possa essere sostituito dal una macchina con un'IA forte sarà reale e concreto, perchè l'uomo divenuto un mero esecutore sarà diventato superfluo!

Un reale, autentico e utile dibattito pubblico sul tema IA oggi, dovrebbe inoltre riguardare i rischi che tutte le tecnologie algoritmiche attuali di “finta IA” stanno già comportando dal punto di vista della creazione di un regime di sorveglianza globale, e sui rischi ancor maggiori si avranno quando un giorno l’IA forte, quella vera, quella senziente, sarà a essi collegata.

Quando i nostri corpi saranno collegati a questi sistemi, come si sta già sperimentando, perderemo la segretezza e l’intimità dei nostri pensieri divenuti, nel frattempo, dati da raccogliere, analizzare, utilizzare, commercializzare e condizionare.

Se vogliamo parlare di IA parliamo di quella vera, dell'IA forte, e decidiamo ora come dovremo utilizzarla un giorno quando ci sarà. Prima però, settiamola di fare il gioco del sistema! Smettiamo di chiamare “Intelligenza” (Artificiale) ciò che non lo è e di contribuire a nascondere quello strumento di potere che è l’attuale tecnologia , e discutiamo di quello che già sta avvenendo con l’utilizzo di sistemi algoritmici sempre più pervasivi non solo dei diritti umani fondamentali, ma della natura umana stessa!

Stefano Nasetti

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Per approfondire il tema, leggi: "L’illusione dell’Intelligenza Artificiale” di Stefano Nasetti. Ed. 2025

 

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