Il contributo italiano al SETI

(Questo articolo è stato pubblicato anche sulla rivista UFO INTERNATIONAL MAGAZINE nel numero di Aprile 2021)

Quello che comunemente si conosce come progetto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) è in realtà l’insieme di più progetti di ricerca di segnali provenienti da eventuali civiltà aliene che si sono susseguiti, con vari nomi, senza soluzione di continuità negli ultimi sessant’anni. Il primo progetto (il Progetto OZMA) è iniziato negli Stati Uniti tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60. L’attività di ricerca è poi proseguita con i progetti Cyclops nel 1971 (finanziato dalla Nasa), il progetto SERENDIP nel 1979 (di cui parleremo tra breve), il progetto META nel 1985 (che ha visto la partecipazione dell’illustre astronomo Carl Segan), il progetto MOP del 1992 (finanziato dalla Nasa), il progetto Phoenix nel 1993 (nato dalle ceneri del MOP e sostenuto dal Frank Drake Institute), i progetti “seti@home” e “seti@homell”, rispettivamente del 1999 e 2004 (con cui chiunque poteva mettere a disposizione il proprio computer di casa per analizzare i dati raccolti dal SETI, semplicemente installando un software), il progetto ATA (Alley Telescope Array, finanziato dal co-fondatore della Microsoft Paul Allen) e infine il Breakthrough Listen nel 2015 e ancora attivo (finanziato dal miliardario russo Yuri Milner)

L’Italia, nonostante abbia sempre dato il suo contributo nell’esplorazione aerospaziale, ha iniziato a partecipare attivamente alla ricerca SETI progetto soltanto nel 1997, in conseguenza di un evento storico che ha cambiato la visione dell’universo e del posto dell’uomo in esso, ridimensionando l’unicità della vita terrestre, fino ad allora considerata più che una semplice possibilità, quasi un dogma scientifico.

In quell’anno l’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) ha ricevuto dall’università di Berkeley uno strumento, contenente un sistema di calcolo per ricercare eventuali evidenze elettromagnetiche emesse da eventuali civiltà extraterrestri, all’interno delle bande elettromagnetiche analizzate dai radiotelescopi italiani. Questo sistema si chiamava sistema SERENDIP.

Partito nel 1979 in California e promosso dall’Università di Berkeley, il progetto SERENDIP (acronimo di Search for Extra-Terrestrial  Radio  Emission for Nearby Developed Intelligent Population) che ha avuto la possibilità di utilizzare quello che era all’epoca il telescopio più potente del mondo, quello di Arecibo, è rimasto attivo per 19 anni quindi fino al 1998. Nonostante il progetto si stesse per concludere (sarebbe terminato nel 1998), da quel momento la comunità scientifica italiana, fino a pochi anni prima assolutamente scettica verso la vita extraterrestre, ha iniziato a partecipare quasi a tutti i successivi progetti SETI.

Il progetto SERENDIP mirava a cercare eventuali segnali tra quelli captati dai radiotelescopi, senza distoglierli dalla normale attività riguardante i tradizionali studi astronomici. Lo strumento SERENDIP 4, ricevuto dai ricercatori italiani dell’INAF che ancora oggi si occupano in Italia del progetto SETI, Stelio Montebugnoli (associato INAF e advisor del progetto SETI) e Claudio Maccone (associato INAF e DIrector for Scientific Space Exploration presso l’International Academy of Astronautic), venne collegato alla parabola, da 32 metri di diametro, di Medicina (BO) in parallelo alle osservazioni allora in corso. Così facendo il costo delle operazioni di ricerca SETI era praticamente ridotto al minimo. Il sistema SERENDIP cercava, tra i dati raccolti nella normale attività astronomica, un segnale definito “monocromatico”, cioè composta da una singola frequenza, che poteva essere evidenza della presenza di una civiltà in possesso di una tecnologia in grado di trasmettere.

Oggi gli scienziati italiani stanno sviluppando, ormai dal 2017, uno spettrometro per le antenne di Medicina, a costo ridotto, che usa dei componenti dei PC utilizzati per la ricerca, che sono comunemente reperibili in commercio.

Claudio Maccone è uno dei maggiori esponenti del SETI in Italia e nel 2012 ha fornito un grande contributo a questa ricerca, aggiornando la famosa Equazione di Drake alla luce delle ultime scoperte dei pianeti extrasolari. “I risultati delle più recenti ricerche hanno appunto rivelato, che i pianeti sono molto più diffusi di quanto si potesse immaginare cinquanta anni fa. Tutto ciò ha quindi reso indispensabile l’aggiornamento dell’Equazione di Drake, trasformandola appunto nella così detta Equazione di Drake Statistica.

Il risultato della nuova equazione ha dunque stabilito che il numero delle civiltà intelligenti della nostra galassia sarebbero approssimativamente 4.590. La nuova formula ha permesso anche di abbassare drasticamente la distanza media alla quale si troverebbero dalla Terra queste civiltà. Si stima, infatti, una distanza media di “soli” 2.670 anni luce dalla Terra, con il 75% di probabilità che almeno una di queste civiltà si trovi tra i 1.361 e i 3.979 anni luce da noi. Una distanza tuttavia pur sempre enorme, che sembrerebbe escludere ogni possibilità di comunicazione” (Brano tratto dal mio libro del 2015 “Il Lato Oscuro della Luna”).

Come rivelato da Claudio Maccone, in una intervista rilasciata al canale Youtube MEDIAINAF TV,  nel 2017, quando il progetto SETI è partito in Italia “gli scienziati SETI, gli ingegneri SETI venivano un po’ visti di malocchio, anche dalla stessa comunità scientifica, la quale non riconosceva la serietà di questi studi, perché l’attività principale era sempre su problemi di astrofisica”. Con il passare degli anni però, la situazione è cambiata perché e migliorata la strumentazione elettronica ma soprattutto perché, ha continuato Maccone, “nel 1995 è stato scoperto il primo pianeta extrasolare. Questo ha cambiato le carte in tavola, perché ha dimostrato (e ancora di più in tempi recenti) che quasi ogni stella ha un proprio gruppo di pianeti che gli gira intorno. Sono pianeti di tipo molto diversi naturalmente, e questo testimonia il fatto che i pianeti si sono formati nell’arco di miliardi di anni quando la stella si è evoluta. Ma questa scoperta è assolutamente fondamentale. Adesso noi siamo in grado di dire che non dovremmo essere soli, perché come noi siamo un pianeta che orbita intorno ad una stella, e sappiamo che la vita è iniziata sulla Terra circa 3,5 miliardi di anni fa - (oggi  sappiamo che la vita è apparsa addirittura prima, 3,94 miliardi di anni fa – ndr) – qualcosa di simile potrebbe essere successo su uno qualunque di quei pianeti là che abbia una situazione chimico-fisica paragonabile a quella della Terra”.

Oggi sappiamo addirittura che la vita può esistere, resistere e svilupparsi anche in condizioni diverse da quelle presenti comunemente sulla Terra, il che amplia ancor di più la possibilità dell’esistenza di vita aliena.

L’intervista rilasciata nel 2017 dal fisico italiano è stata particolarmente significativa, poiché ha ammesso limiti e capacità attuali della scienza e della comunità scientifica nazionale e internazionale. Un qualcosa di assolutamente raro da ascoltare, soprattutto in Italia, che fa onore all’onesta intellettuale di questo nostro illustre scienziato.

Il secondo punto – ha aggiunto ancora Maccone – è che, purtroppo, nonostante tutti i progressi dell’astronomia non siamo ancora in grado di discernere forme di vita sui pianeti extrasolari, se non in modo molto generico, ad esempio studiando le atmosfere di questi pianeti. Però ci sono delle missioni spaziali, come quella del telescopio spaziale Kepler della Nasa, che hanno contribuito ad un enorme quantità di sapere e quindi nei prossimi anni altre missioni spaziali ci porteranno ancora più dati e conoscenze, e quindi aumenterà la probabilità di trovare qualcun altro vivo. Bisogna fare però, una distinzione molto netta. Qualcun altro cosa vuol dire? Vuol dire meno evoluti di noi o più evoluti di noi? Noi abbiamo soltanto un esempio di evoluzione della vita in forma abbastanza completa, cioè noi stessi. Noi sappiamo che sulla Terra la vita ha avuto inizio grosso modo 3,5 miliardi di anni fa, a cominciare forse dal RNA che poi si è evoluto in DNA, ecc. e sappiamo che ci è stata un’evoluzione lenta, ma sempre più accelerata. Questo per la Terra, ma ciò è successo anche da altre parti? Questo noi non lo sappiamo , però l’ipotesi è Sì! Naturalmente la velocità di evoluzione dipenderà dalle condizioni fisico chimiche e io, come fisico teorico, devo dire che noi non siamo ancora in grado di calcolare con sufficiente precisione, la velocità evolutiva su pianeti diversi dalla Terra in diverse situazioni chimico fisiche. Tuttavia l’idea è che qualcosa del genere dovrebbe essersi verificata anche la”.

Maccone ha continuato esprimendo razionalmente il suo punto di vista, di uomo e soprattutto di fisico teorico, riguardo la vita extraterrestre.

“Io personalmente credo molto nella matematica, perché la matematica è universale perché 2+2 fa 4 per noi e fa 4 anche per gli extraterrestri e non è un’affermazione banale. Lasciatemi dire, tanto per dare una prova concreta, che le righe spettrali che tradiscono la presenza di elementi chimici sono esattamente le stesse nei laboratori degli uomini sulla Terra, sia nelle stelle. Noi guardiamo le stelle e le righe spettrali sono le stesse. Allora, dire che le righe spettrali sono le stesse ha delle implicazioni molto profonde. Vuol dire che la fisica e la chimica sono sostanzialmente le stesse ma (adesso faccio un’affermazione inconsueta): pure la matematica è la stessa, perché le righe spettrali si calcolano con la meccanica quantistica, che è una teoria molto avanzata della fisica. Si possono dare nomi diversi, ma le frequenze che poi vengono fuori devono essere le stesse. In conclusione sia chimica, sia la fisica, sia la matematica sono le stesse in tutto l’universo. Detto questo è possibile fare qualche considerazione più precisa. Cos’è successo a noi uomini negli ultimi tre secoli? È successa una rivoluzione intellettuale incredibile, perché la scienza ha cominciato ad affermarsi sempre di più. Nonostante tutti i tentativi di vari regimi politico-religiosi di ostacolarne il progresso, la scienza si è affermata. Non c’è stata modo di fermare la scienza”

A questo punto bisogna chiedersi: cosa potrebbe succedere in futuro? A questa domanda Claudio Maccone ha risposto così: “La più grande e rapida evoluzione che io ho visto negli ultimi cinquant’anni, è stata l’evoluzione dei computer. Questi incredibili strumenti di calcolo, all’inizio vennero considerati soltanto come degli eccellenti modi per fare calcoli difficili in un modo rapido e corretto. Man mano che gli anni son passati, un gruppo di esperti di computer ha cominciato a ragionare su quella che si chiama intelligenza artificiale, cioè un uso della logica matematica conferito alle macchine, per permettergli di decidere loro stesse che cosa fare in certe situazioni. Voglio dire una cosa, questa è una necessità e non è un lusso. È una necessità perché nelle missioni spaziali, la distanza tra la Terra e la sonda spaziale è talmente grande, che le onde elettromagnetiche, nonostante siano la cosa più veloce che ci sia,  impiegano ore per arrivare dalla Terra alla sonda e viceversa. Quindi la sonda spaziale deve essere dotata di  una propria intelligente, che è un’intelligenza artificiale, per prendere decisioni in loco che gli uomini non possono correggere dalla Terra in tempo reale. Se noi cerchiamo di guardare ancora più avanti nel futuro, secondo me potrebbe anche darsi che i computer raggiungano un tale grado di evoluzione che, a un certo punto, potrebbero anche prendere loro la guida della vita sulla Terra invece che noi. Questo, in America è stato studiato molto dettagliatamente, prende il nome di singolarità. Il momento in cui i computer potrebbero prendere loro il controllo della situazione potrebbe essere avvenire, secondo la previsione di alcuni studiosi statunitensi, nel 2045. Se questo è il prossimo stadio dell’evoluzione della vita, non c’è nulla che noi possiamo fare. Nell’ambito del SETI noi fino ad ora, non abbiamo riscontrato nessun segnale del tipo monocromatico. Potrebbe essere perché la vita, nella forma d’intelligenza artificiale, è andata talmente oltre le nostre capacità umane, che semplicemente noi non sappiamo neanche immaginare come potrebbero essere questi segnali, magari non fatti da onde elettromagnetiche ma basate su un fenomeno fisico attualmente allo studio che va sotto il nome di entanglement”.

Se ascoltare tali lineari, aperti, lucidi, sinceri e trasparenti ragionamenti  da un autorevole membro della comunità scientifica italiana rappresenta già un qualcosa di eclatante, che fa ben sperare per il futuro e fa riacquistare fiducia nella comunità scientifica, le conclusioni di Maccone sono ancor più sorprendenti.

La conclusione è questa: noi siamo dei principianti! Noi, come scienziati SETI,abbiamo fatto il meglio di quello che potevamo fare nella nostra piccola vita di poco più di cinquant’anni. Abbiamo dotato l’Italia, e più in generale il mondo, di strumenti di ricerca molto avanzati, ma questo non significa che l’umanità sarà sempre all’avanguardia. Potrebbe succedere che nuove forme di vita, basate sull’intelligenza artificiale, prima o poi prendano il nostro posto, in quello che è oggi chiamato Post Biological Universe, cioè l’universo post biologico”.

Dobbiamo dunque attenderci un contatto alieno non con forme di vita biologiche ma artificiali? Gli UFO avvistati e documentati nel corso della storia erano e sono, soltanto mezzi e sonde meccaniche automatizzate dotate di intelligenza artificiale? Gli alieni che molti sostengono di aver incontrato sono forse soltanto dei robot biomeccanici dotati di intelligenza artificiale. Una probabilità da non scartare e che, a quanto pare, tra gli scienziati SETI italiani è tenuta in grande considerazione.

Stefano Nasetti

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