Il ghiaccio blocca gli extraterrestri?

Gli astronomi della divisione di Scienze Planetarie dell’American Astronomy Society di Provo, nello Utah, hanno formulato una nuova ipotesi per spiegare la mancanza di segnali provenienti da altre civiltà tecnologicamente avanzate, che potrebbero essere presenti già ora anche nel nostro sistema solare.

L’ipotesi avanzata, applicabile anche a pianeti extrasolari, potrebbe spiegare anche il cosiddetto paradosso di Fermi, secondo il quale l’assenza di segnali sarebbe la prova che siamo soli nell’universo.

Il paradosso di Fermi (sintetizzato nella frase: se l’universo è pieno di civiltà extraterrestri, dove sono tutti quanti?) è spesso chiamato in causa da chi non crede nell’esistenza di altre civiltà extraterrestri avanzate, presenti ancora contemporaneamente alla nostra. E’ inutile rilevare come il paradosso di Fermi sia oggi soltanto un concetto anacronistico, se si tiene conto dei nostri attuali progressi tecnologici, della nostra aumentata conoscenza scientifica e della maggior consapevolezza del funzionamento e della vastità dell’universo. Oggi infatti, siamo un pochino più coscienti del fatto che la nostra conoscenza è limitata, così come lo è la nostra capacità tecnologica.

Formulare e sostenere verità assolutistiche, escludendo quindi ogni altra ipotesi scientificamente possibile, solo sulla base delle nostre limitate conoscenze e capacità tecnologiche, rappresenta soltanto un atto di arroganza, manifestazione della presunzione umana, oltre che una forzatura scientifica e un insulto all’intelligenza. Tutto questo rende il paradosso di Fermi un mero appiglio per i negazionisti dei fenomeni ufologici e per gli scienziati e i politici conservatori, a cui la scoperta o l’evidenza dell’esistenza di forme di vita extraterrestri, causerebbero soltanto problemi, sia di credibilità di fronte all’opinione pubblica (poiché hanno sempre negato perentoriamente l’esistenza degli alieni) e sia di prestigio e potere.

Secondo un articolo apparso sul sito web della rivista Science, lo scienziato planetario Alan Stern del Southwest Research Institute in Boulder, in Colorado, ha ipotizzato che la mancanza di segnali di civiltà extraterrestri sarebbe dovuta alla presenza del ghiaccio.

Negli ultimi anni gli astronomi hanno potuto rilevare come gli oceani siano abbastanza comuni sia nel nostro sistema solare sia, probabilmente, in altri sistemi stellari. Ad esempio ciò è vero per diverse lune di Giove come Europa, Callisto e Ganimede, di Saturno come Encelado e di Nettuno o anche per Plutone.

A conferma di ciò, proprio in questi giorni infatti, la Nasa  ha ridefinito le caratteristiche dei pianeti esterni al Sistema Solare in grado di ospitare la vita. Lo ha fatto con un modello nel quale sono indicati i parametri in base ai quali i mondi alieni potrebbero essere abitabili. Il risultato della ricerca, coordinata dall'Istituto Goddard della Nasa (GISS) e dall'Istituto di tecnologia di Tokyo, è pubblicato sull'Astrophysical Journal.

Il nuovo modello riguarda al momento solo i pianeti quasi completamente occupati da oceani. Un mondo alieno è infatti considerato potenzialmente abitabile se la sua temperatura consente all'acqua di essere presente in superficie allo stato liquido per un tempo sufficientemente lungo a consentire alla vita di prosperare.

Questi mondi hanno tutti ghiaccio d'acqua come elemento principale delle loro superfici. Su questi corpi celesti, il ghiaccio forma montagne torreggianti e canyon incrinati in superficie, ma è pensiero ormai diffuso tra gli astronomi e gli astrobiologi, che nelle profondità ci sia acqua liquida e salata.

Le aperture idrotermali su questi oceani ghiacciati, potrebbero immettere sostanze nutritive nel loro ambiente, simile agli ecosistemi che si trovano in fondo agli oceani della Terra. Questa sorta di vivai o serre cosmiche, schermando attraverso il ghiaccio i raggi cosmici, potrebbero essere addirittura più produttivi e fecondi, dal punto di vista biologico, degli ambienti simili presenti sul nostro pianeta.

Secondo Alan Stern, la maggior parte delle creature extraterrestri si potrebbe essere sviluppata nelle profondità degli oceani dei loro pianeti. Se gli organismi viventi nell’oceano di questi mondi gelidi si fossero evoluti in creature intelligenti, probabilmente non avrebbero conosciuto il cielo notturno, lo spazio cosmico e anche altre civiltà come la nostra ad esempio. Lo strato di ghiaccio avrebbe impedito loro di emettere segnali captabili da noi o di ricevere quelli inviati dalla nostra civiltà.

L’ipotesi formulata non si basa su nuove prove o scoperte, ma per la prima volta riuscirebbe a dare una spiegazione alla mancanza di segnali alieni legandola alla prevalenza di mondi oceanici e gelidi.

L'idea è intrigante, anche se non è necessario invocare il paradosso di Fermi” ha affermato lo psicologo Douglas Vakoch, presidente del METI (Messaging Extraterrestrial Intelligent) un’organizzazione non profit con base a San Francisco che si occupa della ricerca di messaggi extraterrestri.

 “Le indicazioni biochimiche della vita sono semplicemente difficili da individuare a distanza e probabilmente serviranno nuovi telescopi e tecniche per trovarle” ha replicato Alan Stern “ Se gli extraterrestri non ci trovano, in primo luogo potrebbe essere perché decidono che la comunicazione a lunga distanza non è valida, soprattutto se pensano che tutti gli altri siano intrappolati nelle loro proprie piccole bolle gelide”.

Stiamo parlando ovviamente d’ipotesi, che al pari di quelle che vogliono solo l'uomo rappresentare la vita intelligente, così popolari nella comunità scientifica più conservatrice, sono pur sempre delle possibilità da tenere presenti, ed è interessante poter sottolineare come il tema sul contatto extraterrestre è quotidianamente presente in ambito scientifico e non solo argomento per appassionati di fantascienza, come erroneamente si crede e si cerca di far passare.

Il futuro ci dirà presto chi ha torto o chi ragione. Avere a riguardo una posizione di equilibrio, aperta e scientificamente ragionavole appare, in attesa di riscontri, la strada più opportuna. Ciascuno può improntare la sua idea più o meno all’ottimismo o al pessimismo, è legittimo che ciascuno abbia il proprio pensiero. Tuttavia si spera che la propria idea a riguardo, sia sempre intellettualmente onesta e non sia forviata da ragioni di opportunità o interessi economici e personali, e/o legata all’appartenenza a determinati gruppi sociali o comunità di lavoro, in cui l’idea divergente è ridicolizzata.

La storia dimostra che gli insensati assolutismi, anche in ambito scientifico, alla fine devono fare i conti con la realtà e spesso chi li ha generati, cavalcati e sostenuti, ne esce nel migliore dei casi, fortemente ridimensionato.

L’argomento vita extraterrestre non dovrebbe essere un tema su cui dividersi, ma al contrario un qualcosa che unisce, dal momento che metterebbe la civiltà umana, tutta, a confronto con altre forme di vita.

Stefano Nasetti

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