Individuata un’antica galassia in grado di far riscrivere gran parte di astronomia, astrofisica e astrobiologia.

Da sempre gli astronomi immaginano l'universo primordiale come un luogo selvaggio e senza legge, con galassie nascenti caotiche piene di gas vorticosi e una frenetica formazione stellare.

Secondo la teoria prevalente in ambito scientifico, circa 13,8 miliardi di anni fa (ma recenti studi hanno ricalcolato la stima precedente sull’età dell’universo in 12,5 miliardi di anni), a seguito del Big Bang, la materia si sarebbe diffusa dando origine all’universo. Da quel momento in poi, secondo la teoria dell’inflazione, l’universo avrebbe cominciato a espandersi e le nubi di gas, le galassie, le stelle, i pianeti e qualunque altro oggetto cosmico avrebbero cominciato a disperdersi in varie direzioni. Il raggruppamento in sistemi stellari e poi in galassie sarebbe dunque avvenuto molto lentamente.

Le prime galassie sarebbero stati luoghi caotici e disordinati, in cui le stelle, ancora troppo vicine tra loro, avrebbero continuamente influenzato le rispettive orbite, distruggendosi a vicenda o “rubandosi” energia o materiale. Questo perché i forti effetti associati alle fusioni di galassie e alle esplosioni di supernova avrebbero fatto sì che la maggior parte delle giovani galassie in formazione stellare sarebbero state ancora dinamicamente troppo calde, caotiche e molto instabili. Gli eventuali pianeti che si sarebbero formati o che erano in via di formazione (per accrescimento, secondo la teoria prevalente) sarebbero stati corpi altamente instabili, preda delle continue perturbazioni orbitali delle varie stelle che se li contendevano o di altri pianeti più grandi.

Questo caos primordiale avrebbe caratterizzato almeno i primi 2/3 miliardi di anni di vita dell’universo. Le probabilità che si fossero originati pianeti abitabili in cui la vita avrebbe potuto fare la sua comparsa, sarebbero state pari a zero. Secondo la teoria scientifica tradizionale, e ancora prevalente, la vita per nascere ed evolversi avrebbe bisogno di condizioni stabili. Pianeti la cui orbita è continuamente variata, per i motivi appena spiegati, non potrebbero mai offrire condizioni stabili, anche se estreme, tali da dar modo alla vita di adattarsi, sopravvivere ed evolversi.

È inutile sottolineare che se ciò fosse vero, anche le possibilità che la vita, anche intelligente, possa aver fatto la sua comparsa in altri luoghi dell’universo, si riducono, dovendo “pagare dazio” a questo iniziale caos cosmico, per la gioia di quelli che continuano ancora oggi, nel 2020, ad affermare che la vita extraterrestre non esiste. Tuttavia, tutto quanto della tradizionale teoria scientifica prevalente, riguardo tempi e modalità dell’origine dell’universo, fino a ora sintetizzato in poche righe, sembra essersi in buona parte dissolto a seguito dell’analisi di una semplice immagine.

Già, perché quanto fino ad ora sopra detto sono soltanto teorie. Non c’è nulla, o quasi, di certo e oggettivo. Molte delle cose che la comunità scientifica diffonde come fossero scienza (intesa come frutto di dati oggettivi) non lo è. Sono soltanto ipotesi, ricostruzioni basate sulle informazioni disponibili fino a quel momento. Le informazioni spesso parziali, sono così utilizzate per formare una teoria che, una volta conquistata la popolarità della comunità scientifica e accademica, assurge spesso a verità dogmatica. È molto difficile, per i motivi che ho già spiegato in post precedenti, che riguardano i problemi del mondo scientifico, (leggi l’articolo “La scienza ha un problema di fake news” o e poi “Le superstar della scienza ostacolano il progresso scientifico? La scienza avanza un funerale alla volta?”, o ancora “La scienza è malata, è malata, a quasi nessuno interessa, in pochi se ne accorgono ma a molti fa comodo”, e infine “I furbetti della scienza italiana”), che poi, alla luce di nuovi dati, queste teorie siano prontamente riviste, modificate o, addirittura accantonate. Quando ciò accade, avviene spesso solo dopo diversi anni, con distinzioni sostanziali a seconda del campo scientifico in questione.

Questa volta, il cambiamento epocale riguarda ben tre rami (attigui) del campo scientifico: l’astronomia, l’astrofisica e l’astrobiologia. . Pubblicato lo scorso 12 agosto (2020) sulla rivista Nature, lo studio condotto da un team di astronomi ha utilizzato i dati d'archivio raccolti da ALMA nel 2017 per guardare una galassia lontana chiamata SPT–SJ041839–4751.9, o semplicemente SPT0418–47, in giovane età, 1,4 miliardi di anni dopo il big bang.

… “Nella pubblicazione "On the Construction of the Heavens" (1785) riuscì a descrivere la struttura tridimensionale della Via Lattea. Frutto delle sue osservazioni della sfera celeste, questi tre cataloghi contenevano la descrizione di circa 2.500 nebulose, che vennero presentate come i luoghi di nascita delle galassie.Herschel scoprì inoltre l’esistenza dei raggi infrarossi. Fu il primo a dimostrare come il calore poteva trasmettersi grazie a una forma invisibile di energia. Dati i suoi studi e osservazioni, si può dire quindi che fu il primo a gettare l’occhio nell’immensità del cosmo e capire il gioco che la luce fa con il tempo.Nel 1802 William Herschel, camminava su una spiaggia della costa inglese con il figlio (conosciamo quest’aneddoto poiché presente nel diario del figlio, divenuto poi, anch’esso un astronomo), quando quest'ultimo, gli chiese: “Papà tu credi ai fantasmi?” Herschel rispose: “Certo che ci credo ma non ai fantasmi che intendi tu, quelli non esistono, ma guarda in alto figlio mio e vedrai che il cielo ne è pieno. Ogni stella infatti, è come il Sole, grande e splendente come il nostro, ma pensa quanto dovresti spingerlo lontano solo per poterlo vedere piccolo e pallido come le altre stelle. La luce delle stelle viaggia molto veloce, più di qualsiasi altra cosa, ma non infinitamente veloce e ci vuole tempo perché quella luce arrivi a noi. Per le stelle più vicine servono anni, per quelle più lontane addirittura secoli. Alcune stelle sono così lontane che la loro luce impiega un’eternità per raggiungere la Terra. Quando la luce di alcune di queste stelle arriva fino a noi, esse sono già morte da tempo e noi ne vediamo quindi, solo i fantasmi: vediamo la loro luce, ma si sono estinte già da molto, molto tempo”. Possiamo quindi dire che Herschel è il primo a capire che il telescopio è come una macchina del tempo: guardare lontano nello spazio significa viaggiare nel tempo.” … (Brano tratto dal libro del 2015 “Il Lato Oscuro della Luna”)

Non è facile perciò, distinguere le caratteristiche galattiche in 12 miliardi di anni luce di spazio. Ciò è vero, anche se si dispone di strumenti ben più avanzati e potenti rispetto al semplice telescopio a disposizione di Herschel, come il supersensibile Atacama Large Millimeter/Submillimeter Array (ALMA), costituito da 66 radiotelescopi nelle Ande cilene, che lavorano insieme come un unico strumento.

Nell’articolo pubblicato su Nature, gli astronomi sono riusciti ha rilevare che ha un disco rotante e un rigonfiamento attorno al suo centro proprio come la Via Lattea. Si pensava che tali caratteristiche si formassero molto più tardi nell'evoluzione galattica. L'immagine rilevata dagli astronomi quindi, è una sorpresa: una giovane galassia, spiata quando l'universo aveva solo il 10% della sua età attuale, che assomiglia notevolmente alla nostra Via Lattea, calma e ben ordinata.

Questa e altre scoperte simili stanno spingendo gli astronomi a guardare di nuovo a come le galassie possono essersi evolute fino a raggiungere uno stadio apparentemente maturo in così poco tempo. Quello che potrebbe apparire solo come una curiosità o un’eccezione nel caos dell’universo, rappresenta invece una pietra miliare della conoscenza astronomica, in grado di far riformulare la cronologia degli eventi che hanno portato all’evoluzione dell’universo e della comparsa della vita. Ciò ci porterà a ripensare a buona parte delle cose che pensiamo di sapere sul nostro passato.  

Stefano Nasetti

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