IT-Alert: quello che gli italiani non vogliono capire.

(Attenzione: articolo lungo, se la tua soglia di attenzione è di pochi secondi, non riuscirai a completarne la lettura e quindi fai parte di chi non è realmente interessato a capire).

Dalla fine del mese di giugno 2023, hanno destato molto clamore sul web i test a livello regionale, organizzati dal Dipartimento della Protezione Civile, Commissione protezione civile della Conferenza delle Regioni e Province Autonome, l’ANCI (Associazione Nazionali Comuni Italiani), del sistema del nuovo sistema di allarme pubblico (chiamato IT-Alert) che, in caso di gravi emergenze e catastrofi imminenti, dovrebbe raggiungere gli abitanti dei territori interessati. Altri test sono programmati per le rimanenti regioni secondo questo calendario: 12 Settembre Friuli-Venezia Giulia, Campania e Marche; il 14 Settembre Piemonte, Puglia, Umbria; 19 Settembre Molise, Lombardia, Basilicata; 21 Settembre Lazio, Veneto, Valle d'Aosta; 26 Settembre Liguria, Abruzzo, Trentino alto Adige (Provincia di Trento); 13 Ottobre Trentino alto Adige (Provincia di Bolzano).

Un analogo sistema era stato già testato in Inghilterra nei mesi scorsi, e altri sistemi simili sono in via di attivazione in tutta Europa.

Le polemiche spaziano, e riguardano molteplici aspetti del nuovo sistema di allerta nazionale, dal nome al simbolo, dalle modalità d’invio all’utilità dello stesso. Come spesso accade, c’è molta confusione dettata soprattutto da un lato da un disinteresse generale riguardante la volontà di comprendere la realtà in cui viviamo, dall’altro dalla presunzione di aver capito invece ogni cosa, il tutto condito, in molti casi, da una ormai congenita incapacità di andare oltre il titolo sensazionalistico acchiappa click per affidarsi anima, mente e corpo alla “realtà svelata” del guru di turno sul web o dal ciò che la maggioranza delle persone sembra apprendere per la prima volta. Ma cos’è che gli italiani, alle di le delle più o meno legittime polemiche su questa situazione, si rifiutano di capire o di voler prendere atto? Ci arriveremo per gradi.

Cominciamo dai dati di fatto: il nome e il simbolo.

È abbastanza evidente quanto innegabile, che ancora una volta sia del tutto legittimo guardare con diffidenza a questa “novità” (spiegherò più avanti perché l’ho scritto tra virgolette). Non può certo essere un caso che il nome scelto, “IT-Alert” appunto, letto al contrario sia “tre lati”, un chiaro riferimento al simbolo d’ispirazione massonica del triangolo (semplificazione bidimensionale della piramidale), nome che richiama altre organizzazioni dichiaratamente massoniche, antidemocratiche e votate alla promozione di politiche oligarchiche e reazionarie sviluppate dal "vento liberista delle élite dello stato capitalista”, come la famigerata “Commissione Trilaterale” (fondata il 23 giugno 1973 per iniziativa di David Rockefeller, presidente della Chase Manhattan Bank, e di altri personaggi, tra cui Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski, dichiaratamente apartitica e non governativa, annovera al suo interno, in ogni nazione occidentale, importanti e influenti personaggi a cui spetta poi fattivamente il compito di attuare ciò che la Trilaterale decide). Una sorta di Governo Ombra sovrannazionale e transnazionale che nulla ha a che vedere con la democrazia rappresentativa, con la difesa degli interessi nazionali, e la difesa dei diritti umani fondamentali ma che al contrario, persegue interessi oligarchici e di varie lobby di potere sfruttando le posizioni di comando ricoperte dai propri aderenti. Basti pensare, ad esempio, che tra gli ultimi “Presidenti del Consiglio della Repubblica Italiani”, hanno fatto parte della Commissione Trilaterale Mario Monti (Presidente della Trilaterale dal 2010 fino, guarda caso, alla sua nomina a Primo Ministro nel 2011, dopo gli attacchi economici all’Italia che costringono Berlusconi alle dimissioni) e Paolo Gentiloni, solo per citarne alcuni, e ne fanno tuttora parte importanti della scena politica, economica, e sociale italiana come la giornalista ed ex direttrice della RAI Monica Maggioni, il suo vice Enrico Tommaso Cucchiani e il segretario è Paolo Magri. Altri membri attuali sono: Ornella Barra (Walgreens), Giampaolo Di Paola (ex Ministro della Difesa), Marta Dassù (ex Viceministro degli Esteri), Gioia Ghezzi (Ferrovie dello Stato), Maria Patrizia Grieco (Enel), Vittorio Grilli (J.P. Morgan), Yoram Gutgeld (commissario spending review), Enrico Letta (del PD ex Premier), Giampiero Massolo (ex capo dei servizi segreti e ora Fincantieri), Carlo Messina (Intesa Sanpaolo), Maurizio Molinari (direttore de La Repubblica ed ex direttore de La Stampa), Andrea Moltrasio (UBI Banca), Gianfelice Rocca (Techint e Assolombarda), Maurizio Sella (Banca Sella) e Marco Tronchetti Provera (Pirelli).

  

Se qualcuno dovesse avere dubbi circa la possibile associazione tra IT-Alert e altre associazioni massoniche, a fugarli c’è il simbolo che raffigura ancora una volta un triangolo (o meglio una piramide) con il vertice staccato dalla base, un esplicito richiamo alla simbologia massonica, senza alcun dubbio.

Da questo momento in poi è stata fatta molta confusione. Infatti, molti hanno visto questa fase di sperimentazione di IT-Alert come l’istituzione di un nuovo strumento per il controllo di massa, imputandolo addirittura, con scarsa memoria sulle malefatte degli ultimi 25/30 anni di tutti i Governi d’ispirazione progressista, relativista e neoliberista e con totale ignoranza dei fatti oggettivi, all’attuale Governo di centrodestra.

Anche qui però i fatti parlano molto chiaro. Il sistema di allerta nazionale non è stato istituito nel 2023 o dall’attuale Governo di centrodestra, e i test effettuati nelle ultime settimane, tra fine giugno e primi di luglio 2023, non sono neanche i primi test del genere. Infatti, i primi test sono iniziati addirittura nel 2022 per la prima volta in un contesto operativo nel corso dell’Esercitazione "Vulcano 2022" che si è svolta sull’isola di Vulcano, dal 7 al 9 aprile 2022. Durante l’esercitazione sono stati inviati ai dispositivi presenti sull’isola due messaggi: il primo con informazioni sull’evento eruttivo imminente simulato e sulle norme di comportamento da seguire (raggiungere le aree di emergenza previste dal piano di protezione civile); un secondo che avvisava i cittadini della fine delle attività esercitative. Dal 4 al 6 novembre 2022, invece, in Calabria e Sicilia, si è svolta l’esercitazione nazionale di protezione civile “Sisma dello Stretto 2022”. In questo contesto è stato sperimentato il sistema di allarme pubblico IT-Alert per il rischio maremoto, testato per la prima volta su una platea di oltre 500.000 persone che al momento della simulazione del sisma si trovavano nei 22 comuni costieri coinvolti nell’esercitazione per la quale era stato simulato un terremoto di magnitudo 6.0 con epicentro in provincia di Reggio Calabria in grado di generare un maremoto che avrebbe potuto colpire alcuni comuni costieri del reggino e del messinese. Durante le attività esercitative, il sito istituzionale dedicato ad IT-Alert, attraverso il quale sono state raccolte le risposte a un questionario informativo, è stato raggiunto da oltre 4 milioni e mezzo di utenti, per lo più attraverso l’uso di dispositivi mobili. Far passare i test del 2023 come evidenza della nuova istituzione di uno strumento fatto ad hoc per il controllo di massa è quindi molto fuorviante.

L’adozione di questo sistema nazionale è stato compiuto sulla base della Direttiva UE 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018 (che la Repubblica Italiana è obbligata rendere operativa), che ha istituito il codice europeo delle comunicazioni elettroniche, ed ha introdotto il Sistema di allarme pubblico. In particolare, la Direttiva ha stabilito che “gli Stati membri provvedono affinché, quando sono istituiti sistemi di allarme pubblico in caso di gravi emergenze e catastrofi imminenti o in corso, i fornitori dei servizi mobili di comunicazione interpersonale basati sul numero trasmettano allarmi pubblici agli utenti finali interessati".

In Italia, il sistema di allarme pubblico è stato introdotto per la prima volta dal decreto-legge del 18 aprile 2019 n.32 (Governo Conte I, maggioranza Movimento 5 Stelle e Lega) che ha, di fatto, istituito il servizio IT-Alert (scegliendo quindi nomee simbolo). Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 giugno 2020 n.110 (Governo Conte II, maggioranza PD, Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali, Italia dei Valori) sono state regolate le modalità di attivazione del sistema IT-Alert e definiti gli aspetti tecnico-operativi del servizio. Il decreto ha istituito anche il Comitato tecnico che ha avuto il compito di procedere al monitoraggio e all'aggiornamento delle regole di funzionamento del servizio e ha stabilito anche che il servizio IT-Alert sarebbe entrato in una fase sperimentale il 1° ottobre 2020. A partire da quella data, è previsto che ogni operatore mantenga in funzione presso di sé apparati tecnologici (cell broadcast centre) per la ricezione e il trasferimento di messaggi a tutti i cellulari presenti nelle aree target.

Il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 207 (Governo Draghi, maggioranza M5S, LSP, PD, FI, IpF IV, Art.1, +Eu, NcI, CD e con l'appoggio esterno di tutti gli altri partiti ad eccezione dell’attuale partito di Governo e di maggioranza, unico partito all’ora formalmente di “opposizione”, Fratelli d’Italia) recante attuazione della Direttiva UE 2018/1972, ha stabilito che il sistema di allarme pubblico italiano e il servizio IT-Alert sono coincidenti e le situazioni nelle quali può essere attivato IT-Alert sono le gravi emergenze e catastrofi imminenti e in corso che possono interessare il nostro Paese, tra le quali sono ricomprese gli eventi di protezione civile, come definiti dal Codice della protezione civile del 2018 (lo stesso a cui hanno fatto riferimento tutti i dpcm limitativi delle libertà fondamentali tra il 2020 e il 2023). 

La Direttiva del Ministro per la protezione civile e le politiche del mare del 7 febbraio 2023 (Governo Meloni, maggioranza Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega) recante “Allertamento di protezione civile e sistema di allarme pubblico IT-Alert”, ha disciplinato l’utilizzo del sistema di allarme pubblico IT-Alert con riferimento agli eventi di protezione civile e ha previsto un’estensione del periodo di sperimentazione fino al 13 febbraio 2024.

In particolare, la Direttiva ha previsto che, in alcuni casi specifici di gravi emergenze e catastrofi imminenti o in corso che potrebbero diventare emergenze nazionali ai sensi del Codice della Protezione civile (quindi, per capirci, anche un’altra pandemia o qualsiasi cosa definibile come tale), il Servizio Nazionale della protezione civile integri le modalità d’informazione e comunicazione già previste dalla normativa vigente con il sistema IT-Alert, per informare la popolazione allo scopo di “favorire l’adozione delle misure di autoprotezione in rapporto alla specifica tipologia di rischio e al contesto di riferimento”. In fase sperimentale le fattispecie di emergenze previste per l’utilizzo, sono: maremoto generato da un sisma; collasso di una grande diga; attività vulcanica, relativamente ai vulcani Vesuvio, Campi Flegrei, Vulcano e Stromboli; incidenti nucleari o situazione di emergenza radiologica; incidenti rilevanti in stabilimenti soggetti al decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105 (Direttiva Seveso); precipitazioni intense.

Abbiamo detto però che la Direttiva, infine, prevede sia che tutte le componenti del Servizio nazionale di protezione civile potranno progressivamente utilizzare direttamente il sistema, sia la possibilità di estendere progressivamente l’utilizzo del sistema IT-Alert anche a ulteriori fattispecie di gravi emergenze e catastrofi imminenti o in corso (con specifico riferimento a quelle previste nel Codice di Protezione Civile), sia il fatto che l’eventuale uso di IT-Alert per finalità diverse da quelle di protezione civile debba essere disciplinato con specifici provvedimenti da parte delle amministrazioni competenti.

Facciamo quindi una prima riflessione a riguardo.

Pensare che la politica, o una parte politica, sia meno responsabile di un altro riguardo all’introduzione di questo nuovo e invasivo sistema di allerta è un esercizio squisitamente fazioso, dal momento che è ormai molto chiaro che la scena politica italiana (così come gran parte della società civile e dalla realtà economica, finanziaria, istituzionale, ecc.) afferisce a un unico pensiero (quello relativista, globalista neoliberista), che viene portato avanti indipendentemente dal colore politico dei Governi.

Il secondo aspetto è quello che riguarda il fatto di come molti personaggi sul web hanno strumentalmente voluto presentare la questione. Spacciare come introdotta oggi una cosa che è stata istituita, di fatto, oltre 5 anni fa, è quindi già abbastanza significativo delle finalità del tipo di comunicazione che è stata fatta a riguardo negli ultimi giorni: distrazione cavalcando il dissenso.

Il terzo aspetto verte sul ragionevole sospetto riguardo l’esistenza di questo sistema nazionale e il suo utilizzo. Abbiamo visto infatti, come le Direttive emanate non abbiano ancora definito del tutto né i casi in cui questo sistema potrà essere utilizzato, né quali siano queste fantomatiche “misure di auto protezione” che i cittadini raggiunti dal messaggio trasmesso tramite IT-Alert, dovrebbero adottare (sul sito istituzionale dedicato si specifica che in fase di sperimentazione “In questa fase non si entra nel dettaglio dei rischi e dei comportamenti da tenere” poiché “L’obiettivo del test è – solo- quello di far conoscere IT-Alert come nuovo sistema di allarme pubblico”), né cosa succederebbe in caso tali indicazioni non fossero seguite dai cittadini, ma, oltretutto, il Ministero si è di fatto riservato la possibilità di estendere il sistema anche ad altre fattispecie di emergenze, non escludendo per giunta la possibilità di utilizzarlo per finalità diverse da quelle di protezione civile. Dopo tutto ciò a cui abbiamo assistito dal 2020 in poi, con disconoscimento dei più elementari e basilari diritti umani e democratici, la segregazione, la discriminazione, l’odio e la violenza verbale e fisica di Stato diffusa con ogni mezzo e in ogni luogo, aspettarsi un utilizzo improprio di un sistema di emergenza, che potrebbe in teoria essere utile in un Paese normale e realmente democratico (ma l’Italia lo è veramente?), è assolutamente legittimo e non può essere del tutto escluso, senza dimenticare però un fatto fondamentale: possedere uno smartphone, portarlo sempre con sé e tenerlo carico e acceso, NON è (almeno per il momento) obbligatorio per legge. Tanto basta quindi per far cadere ogni possibile scenario legato al controllo diretto, almeno per il momento, pur rimanendo il discorso legato alla propaganda climatica.

Soffermiamoci però, per un attimo, sul funzionamento del sistema IT-Alert, perché anche su questo punto c’è stata una grande confusione, un po’ come detto, per la fretta di voler saltare alle conclusioni senza approfondire il funzionamento del sistema, un po’ per l’ormai atavica e conclamata e diffusa mentalità ego riferita, che si continua a riscontrare anche tra la maggioranza delle persone che si autodefiniscono “risvegliati” (gli altri, quelli che vivono nel mondo virtuale proposto dai media mainstream e dalla politica, non vanno ormai neanche presi più in considerazione, tanto hanno ormai abdicato alla loro intelligenza, alla loro libertà, alla loro vita) che pensano ormai di aver capito tutto, e di avere (o quasi) il controllo della propria vita, figuriamoci dei propri dispositivi elettronici.

Dicevo si è fatta confusione perché, da quando sono iniziati i test e sono arrivati i primi messaggi, moltissimi si sono arrabbiati cercando di trovare una soluzione per evitare di essere raggiunti da queste comunicazioni. Molti non hanno neanche compreso come fosse stato possibile che il proprio telefono avesse visualizzato quel messaggio. Alcuni hanno pensato che il Governo avesse installato un App, altri hanno parlato di aver ricevuto un SMS. Come stanno veramente le cose?

Per rispondere è sufficiente andare sul sito istituzionale dedicato al sistema nazionale di allerta, in cui si può leggere:

“IT-Alert è un servizio pubblico che, inviando messaggi sui dispositivi presenti nell’area interessata da una grave emergenza o da un evento catastrofico imminente o in corso, favorisce l’informazione tempestiva alle persone potenzialmente coinvolte, con l’obiettivo di minimizzare l'esposizione individuale e collettiva al pericolo.

I messaggi IT-Alert viaggiano attraverso cell-broadcast. Ogni dispositivo mobile connesso alle celle delle reti degli operatori di telefonia mobile, se acceso, può ricevere un messaggio “IT-Alert”. Grazie alla tecnologia cell-broadcast i messaggi IT-Alert possono essere inviati all’interno di un gruppo di celle telefoniche geograficamente vicine, capaci di delimitare un’area il più possibile corrispondente a quella interessata dall'emergenza.

Il cell-broadcast funziona anche in casi di campo limitato o in casi di saturazione della banda telefonica.

I dispositivi non ricevono i messaggi IT-Alert se sono spenti o se privi di campo e potrebbero non suonare se con suoneria silenziata.”

Ma cos’è il cell-broadcast?

“La tecnologia cell-broadcast, una modalità di comunicazione unidirezionale e generalizzata di brevi messaggi di testo prevista nelle attuali reti di telefonia cellulare. Grazie a questa tecnologia, i messaggi IT-Alert possono essere inviati all’interno di un gruppo di celle telefoniche geograficamente vicine, capaci di delimitare un’area il più possibile corrispondente a quella interessata dall’evento, previsto o in corso.
Per ricevere un messaggio IT-Alert, il dispositivo deve essere acceso, carico e avere connettività telefonica, oltre a trovarsi nella zona interessata. Il cell-broadcast funziona anche in casi di connessione limitata o in casi di saturazione della banda telefonica”.

Di fatto, il sistema cell-broadcast pur non essendo una vera e propria App, ma una funzione del sistema operativo dello smartphone, è già installata per legge sui telefoni dal 2019 e, nonostante la possibilità di disattivare nello specifico menù, tutte le autorizzazioni (geolocalizzazione, contatti, avvisi e notifiche, ecc) il messaggio (che quindi non è un SMS) arriverà lo stesso (salvo rari casi connessi però non alla volontà del singolo cittadino, ma dai limiti di questa tecnologia). Nello specifico, si legge infatti, sempre sullo stesso sito istituzionale “La notifica del messaggio IT-Alert sui dispositivi dipende dal modello di cellulare o smartphone, dal sistema operativo e della versione installata. Per ricevere i messaggi IT-Alert, anche quelli di test, non è necessario compiere alcuna azione. Anche nel caso in cui la voce IT-Alert – presente nei vari dispositivi nella sezione avvisi di emergenza – dovesse essere disattivata, i messaggi sia durante i test sia quando il sistema sarà operativo arriveranno ugualmente sui dispositivi poiché verrà utilizzato il livello massimo di azione per l’invio”.

I vari video tutorial sul come disattivare le notifiche del sistema sono quindi inefficaci nella maggioranza dei casi. Per rendere realmente inefficace il sistema è necessario invece entrare, tramite un PC e un programma informatico, nel sistema operativo del telefono Android o iOS ed eseguire una serie di specifici comandi. Una procedura forse semplice ma che può apparire molto complessa per tutti quelli che non hanno dimestichezza con i linguaggi informatici, e che rischia di essere vanificata non appena si procederà all’aggiornamento periodico del sistema operativo del telefono, che quasi tutti hanno impostato su “automatico” o che comunque quasi tutti poi alla fine finiscono per fare, spaventati dai messaggi che appaiono e che avvertono che “il sistema è obsoleto da xx giorni. Il telefono non è sicuro. Il mancato aggiornamento potrebbe impedire al telefono di funzionare correttamente”. Eppure nella maggioranza dei casi, il mancato aggiornamento del sistema operativo non comporta alcuna problema di utilizzo. A cosa servono allora gli aggiornamenti? Questo è un altro tema sulla cui trattazione ora soprassiedo.

Sembra quindi quasi non esserci possibilità di impedire l’arrivo dei messaggi. Ma perché impedirlo?

Le ragioni sono diverse e vanno dai timori riguardo un possibile e futuro utilizzo improprio del sistema per l’invio di obblighi comportamentali o limitativi della libertà personale individuale, al fastidio alla ricezione dei messaggi molto rumorosi e bloccanti, considerati una distrazione (come nel caso si ricevano durante la guida), oppure perché considerati “propagandistici” o allarmistici (dal momento che non si possono prevedere disastri naturali tipo eruzioni, terremoti, maremoti, inondazioni, ecc.), su un dispositivo “in teoria” personale e privato, fino alla violazione della privacy.

C’è chi ha proposto anche di presentare denuncia alle Questure e alla Procure della Repubblica, per intrusione indebita sui sistemi informatici privati (art.615 bis e ter del Codice Penale) a carico degli organi dello Stato.

Come detto però, non c’è in realtà, in questo caso alcuna App installata da remoto (ma la funzione è parte dei sistemi operativi fin dal momento dell’acquisto dello smartphone), non c’è alcuna violazione della privacy poiché non viene raccolta, al momento dell’invio del messaggio, l’identità del proprietario del telefono né è utilizzato il numero telefonico per l’invio del messaggio (che avviene tramite il semplice collegamento del telefono a una specifica cella telefonica), e se tutte le iniziative per disinstallare o manifestare il proprio dissenso a questo sistema di allarmi può essere certamente utile in linea generale, tutto ciò rischia di distrarre, ancora una volta, l’attenzione dei cittadini su una realtà ineluttabile, che chiama in causa la responsabilità di tutti nella creazione della realtà che stiamo vivendo in questi ultimi anni (e che rischiamo di vivere in futuro).

Ormai 8 anni fa (nel settembre 2015) ho pubblicato su questo blog un articolo dal titolo “ SmartPhone o SmartSpy ” nel quale ponevo l’attenzione sull’utilizzo che le persone avevano cominciato a fare dei telefoni, denunciando il fatto di come l’utilizzo sconsiderato, improprio e spesso totalmente superficiale e inconsapevole di queste tecnologie, avrebbe potuto rappresentare nel prossimo futuro se si fosse continuato a utilizzare in quella maniera.

Arrivarono diversi commenti nei quali si sosteneva che gli smartphone erano sicuri e nessuno poteva raccogliere i dati senza il consenso del proprietario.

Una settimana più tardi, in un altro articolo dal titolo “ Grande Fratello, Big Data, controllo globale una minaccia tangibile ” facevo presente come fosse l’utilizzo improprio dei telefoni e dei social network, a generare ciò che ha reso possibile il controllo digitale di cui molti oggi si sono accorti e da cui vorrebbero prendere le distanze, dicendo che eravamo proprio noi “a informare il grande fratello”. In molti commenti arrivati, mi si diceva che non sarebbe stato impossibile “filtrare quei dati, per lo più distribuiti sui server di mezzo mondo”.

Ancora una settimana e in un altro articolo intitolato “La minaccia del Big Data arriva dai supercomputer”, facevo presente che da lì a qualche anno, la potenza di calcolo dei computer sarebbe aumentata a dismisura e che, con l’arrivo dei supercomputer quantistici e degli algoritmi più complessi (oggi impropriamente chiamati “intelligenza artificiale”), il controllo sarebbe stato possibile.

Nel giugno 2016, nell’articolo “Google sa tutto di te” mettevo in evidenza come una singola azienda privata (ma era solo un esempio, lo stesso vale per Microsoft, Apple, Meta, ecc.) disponesse di una quantità enorme d’informazioni personali, raccolti in vari modi, su ciascuno di noi.

Nel 2019 tentavo di spiegare “cosa significa iscriversi a un social network”, e poi così via, in molti altri articoli su quest’argomento, pubblicati dal 2020 in poi. È evidente che le poche migliaia di persone che mensilmente visitano questo blog e hanno letto tutti i miei articoli non sono nulla rispetto alla totalità della popolazione italiana, tuttavia oggi dalla questione IT-Alert appare evidente che ancora non c’è consapevolezza su molti aspetti, che ho trattato in precedenza, anche purtroppo in quelli che sono diventati punti di riferimento per molti sedicenti “risvegliati”. Quali sono questi aspetti che sfuggono o vengono sottaciuti?

Il primo su tutti è che NESSUNO ha realmente il controllo dei propri dati presenti sui propri dispositivi (e/o peggio ancora in rete), né tantomeno ha il controllo dei propri dispositivi.

Nell’articolo “Polizia di Stato o Stato di Polizia” dell’aprile 2019 e poi anche nel mio libro “Fact Checking, la realtà dei fatti, la forza delle idee” (Ed. 2021), ho cercato, dati e prove alla mano, di far presente di come esistano in Italia delle leggi che impongono ai gestori telefonici di inviare, su richiesta dello Stato, addirittura dei malwere per infettare i dispositivi e permettere alle forze di polizia di prendere possesso non solo dei dati già presenti sul dispositivo preso di mira, ma anche di attivare fotocamera, microfono ecc. per spiare letteralmente specifiche persone.

È notizia di oggi 12 luglio 2023 che in Francia è stata approvata, a seguito dei disordini accaduti le scorse settimane, una legge analoga che consentirà alla polizia francese di introdursi e prendere il controllo dei dispositivi di “potenziali sospettati”. Grande rilievo sta avendo questa notizia sul web, e i commenti che vi si leggono, fanno chiaramente capire che sia chi sta divulgando notizia di questa nuova legge francese, né tantomeno tutti quelli che la leggono e la commentano, sono a conoscenza che questa realtà è già presente in Italia da diversi anni, e che le forze del (dis)ordine italiane hanno goduto per almeno 4 anni, di una quasi totale deregolamentazione, grazie alla quale Polizia e alla Magistratura hanno potuto utilizzare, quasi senza limiti, questi metodi d’indagine e sorveglianza, nonostante i richiami del Garante della Privacy.

Molti ancora non sanno che lo Stato Italiano ha un vero e proprio listino prezzi concordato con tutte le compagnie telefoniche operanti sul territorio Nazionale, che impone alle compagnie stesse, su richiesta dello Stato e previo pagamento dell’importo concordato, di inviare o installare sui dispositivi di specifici cittadini determinati software, spyware o malwere nell’ambito di quelle che sono orwellianamente definite “prestazioni obbligatorie di giustizia” (invito chi volesse saperne di più a leggere l’articolo in questione o, per approfondire ancor meglio il mio libro del 2021).

Ora, di fronte a tutto questo, che rappresenta soltanto uno dei moltissimi aspetti che testimoniano quanto, anche il solo possesso di un o smartphone carico, anche se spento, può essere potenzialmente pericoloso per la propria libertà e la propria privacy, ancor più se ne fa un uso sbagliato (cioè il comune uso che quasi tutti ne fanno), il clamore e l’indignazione per l’invio del messaggio di IT-Alert appare un’inezia.

Ricordando ancora una volta che il possesso di uno smartphone non è obbligatorio per legge, semmai l’indignazione e il duro contrasto dovrebbe esserci per il tentativo, da parte dello Stato, di erogare servizi o l’accesso a essi, soltanto a chi invece ce l’ha e ne sa fare uso, rendendo la vita difficile a tutti gli altri (l’ormai famigerata transizione digitale), perché uno Stato che voglia definirsi democratico non può in alcun modo, erogare i servizi solo a una parte di cittadini, per quanto grande possa essere non sarà mai la totalità, che possono permettersi di acquistare un dispositivo connesso alla rete, che possa permettersi di mantenerlo (ricarica energetica e abbonamento telefonico) e che sappia utilizzarlo, escludendo chi non può o semplicemente non vuole farlo, dal momento che spesso i servizi resi dallo stato coincidono con l’obbligo dello Stato stesso di garantire il godimento dei diritti fondamentali.

Ciò è ancor più vero se, anche tutti quelli che si sono indignati per IT-Alert, continuano imperterriti a utilizzare lo smartphone come prima, cioè lasciando i dati sempre accesi, tenendo istallate sul proprio smartphone una serie infinita di applicazioni a cui hanno consentito l’accesso ai contatti, messaggi, foto, video, fotocamere, microfono, geolocalizzazione, rete internet, ecc.; continuano a tenere il GPS attivato, la fotocamera scoperta, il bluetooth e il wi-fi acceso, a utilizzare le App anziché un browser per accedere ai social, e ancora, continuano a utilizzare social come Facebook, Instagram, WhatsApp, continuano a fare ricerche con l’App di ricerca di Google (quella con l’icona con la “G” per capirci), continuano a utilizzare sul browser motori di ricerca come Google, Bing o Yahoo anziché altri meno traccianti come Duckduckgo, continuando a utilizzare browser tipo Crome anziché i più sicuri Firefox o Tor con navigazione “anonima”, che non utilizzano una VPN, che salvano tutto file, messaggi, contatti, foto, audio, video sul cloud, e che soprattutto continuano a postare ogni aspetto e informazione sulla propria e quella dei propri figli e familiari, ecc.

Quello che gli italiani (e non solo) non vogliono capire, è che tutto il sistema odierno si regge sull’utilizzo dei dati presenti nei data center, e che i dati presenti sono spontaneamente inviati da tutti coloro che utilizzano una qualsivoglia tecnologia connessa alla rete. Ogni oggetto connesso alla rete, raccoglie continuamente informazioni sulle nostre abitudini, di vita, di consumo, di spesa, di salute, ecc. Attenzione, sono assolutamente consapevole che l’anonimato in internet è essenzialmente impossibile, soprattutto per via dei metadati (se non sai cosa sono leggi il mio libro).

Il mio quindi, non è un invito a non utilizzare la tecnologia, di cui riconosco l’utilità per molti aspetti, ma di utilizzarla con coscienza e consapevolezza, prendendo tutte le precauzioni possibili affinché i dati inviati a questi data center siano il meno possibile precisi e attuali e  il più generici possibili, il più sporadici e i più anonimi possibili. Questo potrebbe permettere, nel medio/lungo periodo, agli Stati di avere solo dati molto sfocati che non permetteranno di colpire specifiche persone o gruppi di esse, rendendo più complesso l’utilizzo distorto delle tecnologie per la sorveglianza di massa o comunque rendendolo molto meno performante, anche in previsione dei futuri sistemi di IA, basati su algoritmi addestrati proprio sui dati raccolti.

Chiunque abbia studiato con attenzione e presenza la storia, sa che la più cosa più importante per la presa e la conservazione del potere non sono le armi, ma le informazioni.

Tanto più sono precise, complete, aggiornate e circostanziate le informazioni su un qualcuno o qualcosa, tanto più sarà il potere che si può esercitare su di lui o su di essa. Per cambiare il presente e il futuro è necessario innanzitutto cambiare se stessi, le proprie abitudini e il proprio modo di vivere.

Quello che gli italiani non vogliono capire è proprio questo, perché significherebbe rinunciare alle proprie abitudini e faticare per cambiare. Se non si prende consapevolezza di ciò che succede e si cambia di conseguenza, sapere che esiste una cosa potenzialmente pericolosa diventa soltanto un esercizio di sfogo della propria frustrazione e di omologazione al proprio gruppo (di dissenso, in questo caso). Le polemiche su IT-Alert sono solo una distrazione verso questo tipo di realtà e consapevolezza.

Quanti dei pochi che saranno arrivati a leggere fino a questo punto, decideranno di prendere consapevolezza di quanto detto, magari approfondendo leggendo gli articoli citati e/o il mio libro del 2021 e di cambiare poi realmente la propria vita? Quanti invece cercheranno scuse e faranno finta di nulla, continuando la propria vita da “risvegliati” (o meglio di "risvegliati" solo a parole, quindi di finti risvegliati) così come prima?

A volte l’uomo inciampa nella verità, ma nella maggior parte dei casi si rialza e continua per la sua strada (W. Churchill.)

Stefano Nasetti

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