L’alternativa agli OGM è vaccinare le piante?

Il constante ed esponenziale aumento della popolazione mondiale ha portato la domanda alimentare a livelli finora ineguagliati. Ciò ha portato l’industria agroalimentare ad attingere alle nuove scoperte fatte in capo biotecnologico per cercare di massimizzare i raccolti minacciati da insetti e, soprattutto, da malattie. Anche le piante infatti, come ogni altro essere vivente, può ammalarsi, compromettendo in tutto o in parte, il lavoro fatto dagli agricoltori nei mesi precedenti, con danni economici rilevanti.

Poche cose sono più spaventose per un coltivatore di zucca rispetto alle lettere CMV. Queste rappresentano il virus del mosaico del cetriolo, un agente patogeno che distrugge interi campi di zucche, cetrioli e meloni. I virus rappresentano una minaccia in continua evoluzione per la sicurezza alimentare globale, e la nuova tecnica potrebbe aiutare gli agricoltori a tenere il passo con i patogeni in costante cambiamento.  L’industria agroalimentare si è da anni rivolta alla genetica, facendo creare piante geneticamente modificate in modo da renderle più resistenti a certe malattie. Se è vero che in tal modo i raccolti sono stati maggiormente protetti dal rischio di perdere tutto a causa di malattie, nessuno studio di lungo periodo è stato fatto sugli effetti che questi OGM (Organismi Geneticamente Modificati) possono avere sulla salute di chi li consuma, uomo o animali che siano. I dubbi riguardo alla reale sicurezza degli OGM sono talmente tanti che anche dal punto di vista politico, non tutti gli stati consentono coltivazioni di questo tipo. Una parte della popolazione mondiale che ha la fortuna di poter scegliere cosa mangiare e cosa no, ha deciso di non consumare cibi OGM facendo nascere così un mercato alternativo e molto remunerativo (poiché i prezzi dei prodotti No OGM sono decisamente superiori per via della minore resa dei raccolti.)

Le malattie delle piante però, sono in continua evoluzione, così come quelle dell’uomo. I virus che colpiscono frutta, verdura e ortaggi, mutano quasi alla stessa velocità con cui muta il virus dell’influenza nell’uomo. L’industria degli OGM quindi, non riesce a stare al passo nel creare cereali, ortaggi, frutta e verdura immuni (o più resistenti) a certe cangianti malattie. La strada della modificazione genetica si sta rivelando oltre che incerta per quanto riguarda gli effetti sulla salute dell’uomo, non sempre efficace oltre che molto complessa in alcune circostanze.

L’industria agroalimentare chiede soluzioni e l’industria chimico farmaceutica ne studia continuamente di nuove. Quali però le alternative agli OGM?

La nuova “medicina” propone oggi di vaccinare le piante contro i virus più devastanti. Il biochimico Sven-Erik Behrens dell'Università Martin Luther di Halle-Wittenberg, in Germania, e i suoi colleghi hanno trovato un modo per sviluppare rapidamente vaccini in grado di proteggere le colture dai patogeni virali.

I vaccini sono un tema su cui si discute tantissimo negli ultimi anni e potrebbe non essere una buona notizia doverne discutere anche per quel che riguarda le piante. Tuttavia è bene parlarne ancor prima che certe nuove “tecnologie” siano applicate su larga scala, nella speranza di dar vita a un dibattito informato e quindi meno soggetto a manipolazione, evitando così imposizioni legislative, che vanno a circoscrivere le libertà individuali come nel caso dei vaccini sull’uomo. Ricordiamo, infatti, che i vaccini sono dei medicinali e, come ogni altro medicinale ha delle controindicazioni e degli effetti indesiderati, e andrebbe assunto solo se necessario. L’assunzione forzata e ingiustificata oltre ad essere un atto antidemocratico degno dei regimi assolutisti, poiché lede quelli che sono i diritti fondamentali dell’uomo, può esporre a rischi per la salute più elevati di quelli a cui il provvedimento coercitivo sostiene di voler limitare.

Nel caso dei vaccini delle piante potrebbe ripresentarsi, di fatto, e nel migliore dei casi, la stessa situazione già vissuta con gli OGM o, al peggio, potremmo trovarci nella condizione di non poter scegliere se consumare piante “vaccinate” o no. L’impossibilità di scegliere a fronte dell’emanazione di leggi frutto di decisioni prese dall’alto senza un adeguato e informato dibattito e senza il consenso dell’opinione pubblica, configura, di fatto, una restrizione delle libertà individuali. È bene quindi sapere fin da subito, di cosa stiamo parlando quando si dice di voler vaccinare le piante.

Quando un virus infetta una cellula vegetale, rilascia spesso RNA, sotto forma di RNA messaggero o RNA a doppio filamento. Questo viaggia attraverso la cellula, aiutando il virus a replicarsi. Le proteine ​​di difesa all'interno della cellula vegetale riconoscono questi RNA virali. Scattano quindi le difese immunitarie e gli enzimi della pianta agiscono come piccole forbici e dividono i filamenti di RNA virale. Alcuni dei pezzi di RNA così generati, chiamati piccoli RNA interferenti (siRNA), si uniscono a un gruppo di proteine delle piante, ​​chiamato complesso Argonaute, fungendo come identificatori che portano il complesso Argonaute a RNA sul genoma del virus. Identificato il virus, il complesso Argonaute e le altre proteine ​​lo distruggono.

La tattica è micidiale, ma non sempre efficace. Delle molte migliaia di vari siRNA prodotti dalla pianta, pochissimi hanno le giuste proprietà chimiche per combattere l'RNA virale. I ricercatori tedeschi, compreso questo meccanismo, hanno iniziato a semplificare il processo.

Hanno sviluppato test molecolari per identificare quali siRNA sono efficaci nella lotta contro i virus. In esperimenti di laboratorio con piante di tabacco, hanno dimostrato di poter identificare e selezionare i siRNA “vincenti” e usarli come vaccino contro il virus acrobatico del pomodoro, che rallenta la crescita e danneggia le foglie nelle piante di tabacco. Il miglior siRNA, spruzzato sulle foglie, ha protetto il 90% delle piante, il team riferisce questo mese sulla rivista Nucleic Acids Research.

Stando a quanto riportato nell’articolo, almeno questa volta non si tratta quindi, di vaccini convenzionali, fatti di sostanze chimiche o altro, ma soltanto di materiale endemico della pianta che è risultato più resistente e reattivo per sconfiggere la malattia. Si tratta una tecnica più simile ai primi vaccini messi a punto per l’uomo, che miravano a stimolare le difese immunitarie in modo semplice e “pulito”, senza aggiunta di additivi, metalli e altre sostanze estranee al corpo umano, come invece avviene oggi (stando a quanto riportato nei bugiardini).

La tecnica messa a punto dai ricercatori tedeschi non sfrutta un principio inedito. Esistono altri modi per prevedere quali siRNA potrebbero essere efficaci contro un virus vegetale, ma la maggior parte di questi sono modelli di computer che non funzionano sempre come previsto, afferma il principale autore dello studio Sven-Erik Behrens.

Un aspetto interessante dello studio è che il team, in alternativa alla classica iniezione, ha semplicemente spruzzato i siRNA sulla pianta o li ha strofinati sulle foglie. Ciò rende questo sistema molto più semplice e veloce rispetto all'ingegneria genetica di una pianta per la resistenza virale, che genera OGM il cui DNA sarà modificato per sempre ma che, al contempo, non assicura un altrettanto perpetua protezione dal virus. Questo metodo invece consente agli scienziati e agli agricoltori di tenere il passo con la rapida evoluzione dei patogeni virali. Tutto bene allora, qual è il problema?

Come al solito non è tutto oro ciò che luccica. I ricercatori stanno ora lavorando per trovare il modo più efficiente ed economico di somministrare il vaccino alle piante. Una delle soluzioni proposte suggerisce vaccinare le piante con uno spray che utilizza, come additivo o "vettore", nanoparticelle di sostanze, in questo caso, non meglio specificate (spesso in altre situazioni, ma sempre in ambito biotecnologico, sono utilizzati nanoparticelle di bario o altri metalli) per fornire i siRNA. Le nanoparticelle (di qualunque tipo) hanno la caratteristica di essere talmente piccole da poter superare qualunque filtro biologico e penetrare addirittura la membrana cellulare. Non hanno quindi la possibilità di essere smaltite dall’organismo, come avviene con altre sostanze assunte in forme (intesa come scala molecolare) più grande. L’uomo potrebbe assumere quindi queste nanoparticelle depositate irreversibilmente nelle piante che hanno subito questo trattamento. Nessuno studio è in programma per comprendere se questa pratica potrebbe comportare rischi per la salute dell’uomo nel breve o nel lungo periodo. Appare dunque legittimo cominciare a chiedersi se la soluzione della vaccinazione delle piante è veramente una soluzione a uno dei problemi dell’umanità, quello della soddisfazione della domanda di cibo, o rischia invece di essere l’inizio di un nuovo problema, quello di vedere aumentare in modo apparentemente inspiegabile, malattie rare o sconosciute. Se prevenire è meglio che curare, sarebbe opportuno studiare bene tutto quanto, prima di applicare qualunque nuova tecnologia. Se il rapporto rischi/benefici è spesso una questione etico - morale (aspetti che non sono oggettivi ma come si sa, cambiano con i tempi) la scienza a cui tutti richiediamo oggettività e nulla più, dovrebbe ben guardarsi dall’intraprendere strade che possano in qualche modo comportare dei danni all’uomo o all’ambiente, piccoli o grandi che siano.

Stefano Nasetti

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