La democrazia è ancora la migliore forma di governo possibile?
Le elezioni politiche tenutesi in Italia nel Settembre del 2022 hanno registrato il numero più alto di astenuti nella storia repubblicana italiana.
L’evidente distacco della politica dalle esigenze e dalla volontà popolare è ormai un dato di fatto che comincia ad essere percepito in modo evidente dalla popolazione, che apparentemente sembra sempre più prendere le distanze dalla vita politica. Ma è davvero così? La popolazione è davvero sempre meno interessata a partecipare alla politica? Oppure semplicemente non si riconosce più in essa e si vuole orientare verso forme diverse di partecipazione?
Considerata la situazione, penso possa essere utile fare le opportune riflessioni a riguardo, per poter rispondere a queste domande nel modo più opportuno possibile.
Condivido quindi, qui di seguito, uno dei paragrafi del libro “Fact checking – La realtà dei fatti, la forza della idee” (ed. 2021) nel quale ho affrontato l’argomento, che continua ad essere più che mai di enorme attualità.
Si tratta di uno stralcio di poche pagine che ovviamente fanno seguito ad un accurato e approfondito discorso (qui omesso) e precedono la trattazioni di altri temi (anch’essi qui omessi) di stretta attualità e direttamente correlati a questo argomento come, ad esempio quello riguardante la sovranità. Chi volesse approfondirli potrà farlo direttamente nel libro.
“ […] Fino a pochi anni fa, il modello democratico sembrava essersi dimostrato il migliore per produrre ricchezza e un benessere diffuso tra i cittadini.
Oggi però, in tutto il mondo questo modello è chiaramente in crisi.
Dal punto di vista della produzione della ricchezza, il modello che sembra ora garantire più risultati è quello della Cina.
Nell’ultimo decennio, la Cina è stato un Paese in crescita economica che sembra non essere stato neanche lontanamente scalfito dalla crisi finanziaria internazionale del 2008, e solo marginalmente dagli accadimenti del 2020 legati al virus SARS-Cov2.
Nel principale Paese comunista dei nostri giorni (dunque oligarchico, progressista, relativista e assolutista), a governare è il partito unico che riesce a ridistribuire ricchezza tra la popolazione, generando un consenso diffuso a fronte però, di profonde limitazioni delle libertà individuali.
Un modello che sembra suggerirci che la libertà è un lusso che non siamo in grado più di permetterci, se vogliamo mantenere il livello di benessere che abbiamo, almeno in apparenza, avuto fino a oggi.
Winston Churchill disse”La democrazia funziona quando siamo in due a decidere, ma l’altro è malato”.
In Italia si sta andando a definire un modello di Governo non democratico ispirato a quello cinese?
Eppure personalmente continuo a ritenere che la democrazia sia il miglior sistema possibile di governo, e che invece sia l’assenza di cultura democratica (e quindi di democrazia) a rappresentare un problema.
Secondo l’ideologia progressista e relativista, a volte le questioni da affrontare sono talmente complesse, al punto che il cittadino dovrebbe fare un passo indietro, rinunciare ad alcune libertà per affidarsi ad un “esperto”.
Che qualcuno scelga al nostro posto, in tante occasioni può risultare comodo e deresponsabilizzante.
Immaginiamo per esempio, una persona che deve indossare un uniforme. Al mattino, ha certamente meno problemi a decidere come vestirsi. Il problema però sorge la volta in cui vuole togliersi l’uniforme. Questo è un fatto che riguarda l’essenza dell’essere umano e della democrazia moderna.
Il filosofo tedesco Immanuel Kant, nel suo famoso saggio intitolato “Che cos’è l’illuminismo”, descrive questa innovativa corrente di pensiero come il punto d’arrivo del pensiero moderno.
È su questo pensiero infatti, che si fonderanno poi tutti i successivi e moderni Stati democratici.
Il filosofo tedesco definì l’illuminismo con queste parole: “L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo”.
Kant affermò quindi, che l’illuminismo non è un’epoca storica, ma una condizione di libertà del soggetto razionale (l’uomo) che è il frutto di una “emancipazione” dalla tirannia (dipendenza) degli altri. È saper pensare con la propria testa e sapersi mettere nella testa degli altri.
Sebbene fosse consapevole che non pensare con la propria testa è infinitamente più comodo, e che avere qualcuno che ti dica cosa fare e come comportarti, che cosa dire o pensare rende la vita molto più facile e leggera sotto molti aspetti, Kant riteneva tutto ciò non degno dell’essere umano, così come non è degno dell’essere umano non tener conto delle opinioni degli altri.
L’attuazione di questa filosofia di vita è rappresentata proprio dalla democrazia, che partendo semplicemente da un pensiero che veniva formulato e scritto per una classe intellettuale del ‘700, è poi divenuta una prassi sociale in oltre 167 Paesi.
Oggi però, sono sempre più le persone che non solo a parole, ma nei fatti, criticano le libertà democratiche e tentano di limitare i diritti fondamentali e inalienabili su cui la democrazia si fonda. Questi relativisti dimenticano che oggi possono criticare la democrazia proprio perché ci sono dentro. Se guardassero come si stava quando la democrazia non c’era, si renderebbero facilmente conto di quanto si stia meglio nella democrazia.
Senza dover scomodare le dittature comuniste, come quelle di tutto l’ex blocco sovietico, quando si parla di dittature abbiamo esempi anche in Italia, poiché ogni regime autoritario, indipendentemente dal colore politico, opera e adotta gli stessi metodi e finisce con il realizzare la stessa tipologia di società.
Durante il fascismo, il lavoro di ogni cittadino era sovente scelto in base alla classe sociale di nascita. Un cittadino nato povero poteva scegliere soltanto tra alcuni lavori, mentre i lavori migliori sarebbero stati ad appannaggio delle classi più agiate. Durante il fascismo del secolo scorso, gli stipendi erano più bassi rispetto a quelli degli altri Paesi europei, governati da regimi democratici. Le rivendicazioni lavorative (per ottenere ferie e malattie) non potevano essere avanzate con facilità, poiché i sindacati erano totalmente controllati dallo Stato. Sotto il fascismo furono emanate le leggi razziali. I cittadini italiani della “razza sbagliata” non potevano fare alcuni lavori, non potevano sposare chi si voleva o godere di alcuni diritti. Gli intellettuali o gli scienziati non conformi a questa razza, avevano enormi difficoltà nell’esercitare il proprio lavoro e, in molti casi preferirono l’esilio, privando l’Italia delle proprie capacità e facendo le fortune di altri Paesi.
Sotto il fascismo, così come durante il comunismo e ogni altro regime, non si aveva reale libertà di pensiero e espressione, di parola e di stampa. Le polizie segrete dei regimi totalitari tenevano sotto controllo chiunque avesse atteggiamenti antiregime, e moltissime furono le delazioni tra cittadini. Chi non era perfettamente conforme al regime, poteva essere denunciato anche da un vicino di casa o un parente. Tutti i regimi poi, e il fascismo non fu da meno, trascinarono la Nazione in guerre disastrose, che distrussero l’economia nazionale e spaccarono in due il Paese dal punto di vista sociale.
Sebbene io abbia descritto sommariamente ciò che accadeva durante il fascismo in Italia e più in generale, in tutti i regimi dittatoriali individuali (di destra) o oligarchici (quelli di sinistra), per quanto visto e detto nelle pagine precedenti, non è difficile riscontrare come molte delle situazioni e dei metodi propri dei regimi totalitari siano oggi di stretta attualità.
Nello scrivere queste righe, mi è parso di descrivere non l’Italia del ventennio, ma quella di cento anni dopo, quella del 2020.
Dopo il fascismo, arrivò in Italia la democrazia e il Paese crebbe economicamente, fino a diventare uno dei Paesi più ricchi al mondo. La neonata democrazia Italiana portò benessere, nuove possibilità di ascesa sociale. Con la democrazia in Italia, tutti i cittadini, almeno sulla carta, sono divenuti uguali di fronte alla legge, indipendentemente da estrazione sociale, lingua, razza, religione, idee politiche.
Per settant’anni, al netto di terrorismo e attentati mafiosi (a cui, come dimostrato nelle aule di tribunale, apparati e rappresentanti dello Stato non sono risultati del tutto estranei), l’Italia non ha vissuto guerre e distruzione sul proprio territorio. Questo perché la democrazia vuol dire poter scegliere, vuol dire libertà, significa poter decidere cosa fare della propria vita e addirittura, criticare la democrazia stessa, proprio perché la democrazia è formalmente esistente.
Si dovrebbe comprendere che difendere i valori umani inalienabili, che rappresentano e danno forma alle libertà democratiche, è un qualcosa che riguarda tutti, sempre e indistintamente. Oggi, tutto questo è minacciato dal pensiero relativista, unico pensiero che sembra essere comunemente accettato.
Il paradosso della democrazia è che essa stessa può determinare la propria fine, quando determinate logiche prendono il sopravvento. Se, in un Paese democratico, la maggioranza delle persone viene convinta ( si convince) che sia auspicabile (o addirittura necessaria) una svolta autoritaria, attraverso la rinuncia o il disconoscimento di diritti fondamentali e democratici, è segno che la democrazia è morta ancor prima che se ne dichiari ufficialmente la fine.
È ciò che sta avvenendo in questi anni nel nostro Paese, ormai permeato dal relativismo progressista che nei fatti, non riconosce più i diritti fondamentali, umani e democratici della nostra carta costituzionale.
Eppure l’Assemblea Costituente aveva voluto chiaramente evitare tale situazione, prevedendo l’impossibilità di cambiare la prima parte della Costituzione, nella quale sono elencati i diritti inviolabili e inderogabili dei cittadini che rappresentano l’essenza della democrazia.
La popolazione si è dimenticata che in un regime dittatoriale non c’è la possibilità di esprimere liberamente le proprie opinioni. La libertà di espressione (essenza della democrazia) era un qualcosa a cui si era ormai talmente abituati, al punto da sottovalutarne l’importanza. La democrazia, per citare nuovamente Churchill “è la peggiore forma di governo, fatta eccezione per tutte le altre forme di governo”, come a dire che la democrazia è il miglior sistema di governo che l’umanità abbia elaborato, per quanto imperfetta e spesso incompiuta.
La “democrazia” che si vive oggi è qualcosa di molto labile, quasi irreale, è più un’idea che un fatto concreto. Giorgio Gaber (cantautore, attore, regista e cabarettista italiano) in un suo monologo sulla democrazia disse “La dittatura chi l’ha vissuta sa cos’è, gli altri devono accontentarsi della democrazia”. […] (Estratto del libro “Fact checking – La realtà dei fatti, la forza della idee” (ed. 2021))
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