La vita sulla Terra viene dallo spazio e potrebbe essere simile a quella di altri pianeti?

I meccanismi che hanno portato alla nascita delle prime forme di vita sul nostro pianeta, oltre 4 miliardi di anni fa, restano ancora un enigma di difficile soluzione. La decennale teoria prevalente, quella dell’abiogenesi, cioè quella che vuole la vita originatasi “casualmente” date specifiche condizioni presenti sul nostro pianeta, in questi ultimi anni di studi sui dati raccolti dalle ricerche e dall’esplorazioni spaziali, sembra sempre più vacillare. Ciò nonostante, mentre continua a essere la tesi ufficiale insegnata nelle scuole di ogni ordine e grado, con eccezione delle università in cui si comincia a proporre anche l’altra possibile spiegazione, la panspermia, che vede invece le molecole basi della vita, o addirittura la vita stessa, originatasi su altri pianeti e poi giunta casualmente o perfino volutamente sul nostro pianeta, per poi attecchire ed evolversi.

Negli ultimi mesi, tra dicembre 2022 e marzo 2023, sono stati pubblicati tre diversi studi che permettono di fare altre riflessioni sulla validità di queste due teorie. Come accade spesso però, i risultati di tutti e tre le ricerche, non giungono a una posizione certa a favore o contro una delle due tesi sopra citate, ma si limitano a fornire qualche spunto in più di parte delle stesse.

Pochi giorni fa (marzo 2023) la rivista Nature ha pubblicato il risultato di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Osservatorio Nazionale di Radio Astronomia degli Stati Uniti che, coordinati dall’astronomo John Tobin, ha analizzato i dati raccolti dal radiotelescopio Alma dell’Osservatorio Meridionale Europeo (Eso), che si trova sulle Ande cilene, nel deserto di Atacama. 

Il radiotelescopio ha osservato una stella in formazione, chiamata V883 Orionis, distante circa 1.305 anni luce da noi è ha “scattato una sorta di fotografia” che ha permesso, studiando lo spettro della luce che ha attraversato “la nuvola” di materiale che sta dando origine alla stella, di identificarlo.

I ricercatori sono riusciti per la prima volta ad analizzare in dettaglio la diversa presenza di molecole di acqua attorno a una stella ancora in formazione. In particolare hanno riconosciuto la firma chimica dell'acqua composta di 2 atomi d’idrogeno e uno di ossigeno e a distinguerla dall'acqua in cui un atomo d’idrogeno è sostituito da una sua variante, il deuterio. Questi due tipi di acqua possono formarsi solo in condizioni molto particolari e riconoscerne le rispettive percentuali fornisce una sorta di firma per conoscerne età e origine. Una cosa simile ha permesso di datare l’acqua di Marte (per ulteriori dettagli rimando a quanto scritto qui).Qualcosa di molto simile sarebbe avvenuto anche attorno al nostro Sole: "Ciò significa che l'acqua nel nostro Sistema Solare si è formata molto prima che si formassero il Sole, i pianeti e le comete", ha affermato Merel van’t'Hoff, astronomo dell'Università del Michigan e coautore dell'articolo. L’acqua della Terra quindi sarebbe miliardi di anni più antica del Sole, ed era presente in comete nate prima della nascita della nostra stella, comete che poi l’hanno portata anche sulla Terra.

Tutto ciò ha un’implicazione molto profonda al fine di determinare come e dove sia nata la vita. Infatti, molti astrobiologi ritengono che la vita si sia sviluppata dalla combinazione di una serie di molecole base, fondamentali in ogni essere vivente,  giunte probabilmente sul pianeta dal bombardamento di comete e meteoriti che colpivano frequentemente il pianeta . Alcuni di questi ingredienti base sarebbero stati in particolare gli amminoacidi, molecole piuttosto complesse che richiedono condizioni molto particolari – come la presenza di acqua liquida, fonti di calore e la presenza di ammoniaca e formaldeide – per potersi formare in modo spontaneo, condizioni queste che non sarebbero subito e simultaneamente state presenti sul nostro pianeta e che potrebbero non avere avuto il tempo sufficiente per originarsi qui e poi andare a formare molecole ancor più complesse come l’RNA e poi il DNA.

Ciò implica la concreata possibilità che l’evoluzione fosse all’opera ancor prima della nascita della vita sulla Terra. I mattoni fondamentali dei primissimi organismi rinvenuti (o meglio di cui abbiamo trovato traccia) sulla Terra, erano composti dagli amminoacidi, però non tra quelli più abbondanti e facilmente disponibili, ma tra quelli più efficienti a formare proteine, come ad esempio, le citosine, le guanine, le adenine e le timine.Lo afferma uno studio pubblicato sul Journal of the American Chemical Society e guidato dall’Università Karlova di Praga.

Abbiamo detto che gli aminoacidi sono i costituenti fondamentali delle proteine, che svolgono molti ruoli vitali per gli organismi viventi. In natura ne sono stati identificati finora più di 100, eppure solo 20 di questi sono utilizzati per formare le proteine. Per capire se questo gruppo di amminoacidi “prescelti” è nato casualmente o meno, i ricercatori guidati da Mikhail Makarov hanno simulato i meccanismi all’opera sulla Terra primordiale 4,6 miliardi di anni fa, e alla base delle prime forme di vita.

In questo modo, gli autori dello studio hanno dimostrato che sono stati favoriti gli aminoacidi che permettevano alle proteine di essere più efficienti nella replicazione del RNA e del DNA. In altre parole, secondo i ricercatori, già in questa fase era in atto un processo di evoluzione o di selezione naturale. Dunque, non sono stati scelti i composti più facilmente disponibili, ma quelli più adatti a svolgere un determinato compito. Se miliardi di anni fa fossero stati selezionati aminoacidi diversi, le proteine non sarebbero state così efficienti nel costruire la vita e, probabilmente la vita come oggi la conosciamo, non esisterebbe.

La ricerca suggerisce qualcosa anche sulle ipotetiche forme di vita presenti su altri pianeti: visto che gli stessi aminoacidi che sono arrivati sulla Terra con i meteoriti si possono trovare anche in molti altri luoghi dell'Universo, la vita aliena potrebbe non essere molto diversa da quella terrestre, soprattutto in pianeti che presentano condizioni (temperatura, pressione, presenza di acqua, calore, gravità, ecc.) simili alla Terra. Oggi sappiamo che tra i quasi 6000 pianeti extrasolari scoperti dal 1995 ad oggi, moltissimi presentano condizioni simili benché molti ruotino attorno a stelle più fredde (le nane rosse) rispetto al nostro Sole.

Se dunque questa selezione, attivazione ed evoluzione degli amminoacidi è probabilmente iniziata prima della formazione del nostro pianeta, che l’acqua è una delle condizioni fondamentali per lo sviluppo delle molecole della vita, che l’acqua sul nostro pianeta (così come probabilmente su altri) è stata portata dalle comete e da meteoriti, che è stata già ampiamente dimostrata la presenza di amminoacidi in vari parti dell’universo, è probabile che poi la vita potrebbe essere stata innescata dall’azione combinata di meteoriti e raggi gamma.

Lo indica la simulazione fatta in laboratorio nell’Università giapponese di Yokohama e pubblicata sulla rivista ACS Central Science nel mese di dicembre 2022. Dagli esperimenti sono stati ottenuti alcuni amminoacidi, ossia mattoni base per la vita del nostro pianeta.

Secondo i ricercatori giapponesi, coordinati da Yoko Kebukawa, quelle particolari condizioni potrebbero essersi realizzate all’interno di alcune tipologie di meteoriti, dette condriti. All’interno dei pori potrebbero esserci stati tutti gli ingredienti necessari e la fonte di calore potrebbe essere stato il rilascio di raggi gamma, radiazioni molto energetiche che sono prodotte spontaneamente in occasione del decadimento spontaneo di alcuni elementi radioattivi come l’alluminio-26. Per verificare la loro ipotesi, i ricercatori hanno riprodotto in laboratorio queste condizioni bombardando una soluzione di formaldeide, ammoniaca e acqua con raggi gamma prodotti in laboratorio. Dopo poco tempo sono stati osservati nel liquido alcuni amminoacidi come alanina e glicina. Secondo i ricercatori, questa stessa reazione avrebbe avuto bisogno di un tempo compreso tra i 1.000 e 100.000 anni per produrre la stessa quantità di amminoacidi presenti all’interno del meteorite di Murchison, rinvenuto in Australia nel 1969.

Dunque, la vita potrebbe essere nata altrove, non sulla Terra, e poi giunta sul nostro pianeta con meteoriti e comete, dove avrebbe poi trovato condizioni favorevoli alla sua evoluzione. Se, come riconosciuto dalla quasi totalità degli astrobiologi e degli astrofici, il trasferimento della vita da un pianeta ad un altro (e forse da un sistema solare ad un altro), è probabilmente in atto in molti tra i sistemi extrasolari fino ad ora scoperti (come ad esempio il famoso Trappist-1), perché non il medesimo “contagio” non potrebbe aver riguardato il nostro sistema solare? La vita nel nostro sistema solare è giunta dall’esterno? I pianeti come Marte e Terra (e forse anche Venere) che in passato presentavano certamente le condizioni ritenute sufficienti allo sviluppo della vita, sono stati le culle dalla vita nel nostro sistema solare? La vita è nata solo su uno di questi pianeti e poi si è diffusa negli altri? Esiste ancora sugli altri due pianeti citati? E cosa dire delle lune dei giganti gassosi (Giove e Saturno), come Encelado ed Europa (ma ce ne sono anche altre) considerate anch’esse luoghi in cui la vita potrebbe ancora essere presente? Considerate l’origine comune, la vita aliena potrebbe simile quella terrestre, come affermato nel citato studio pubblicato Journal of the American Chemical Society?

Domande affascinanti, la cui risposta si trova già forse, in quanto ho scritto nei miei due primi lavori editoriali nei quali ho affrontato tra gli altri, anche l’origine e il possibile aspetto della vita extraterrestre, e la possibilità che la vita terrestre si sia originata su Marte.

Stefano Nasetti

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