Le nuvole e i cicli dell’acqua di Marte

 

Marte, il pianeta rosso, un luogo arido, freddo, dove il cielo spesso assume colorazioni rosate a causa della polvere, alzata dai costanti venti, che trova poca resistenza dell’atmosfera (quasi assente) e della bassa forza di gravità. Questa è certamente l’immagine di Marte che è nell’immaginario collettivo. Tuttavia si tratta di un’immagine sbagliata o, quantomeno assai semplicistica, oserei dire ormai stereotipata.

Come biasimare il pubblico per questo, del resto le immagini che vengono trasmesse in Tv dipingono Marte sempre così. Un pianeta arido privo di acqua e quindi di nubi, così com’è apparso dalle immagini strasmesse dalle sonde Viking nel 1977. Sono però trascorsi oltre quarant’anni e la nostra conoscenza riguardo al pianeta rosso si è notevolmente ampliata, soprattutto nell’ultimo ventennio.

Sono passati ormai quasi 4 anni dallo storico annuncio fatto dalla Nasa (29/09/2015) del ritrovamento di acqua liquida sulla superficie marziana, eppure l’immagine stereotipata dell’arido Marte benché ormai superata, continua a essere pubblicamente riproposta quasi in ogni conferenza o trasmissione parli del pianeta rosso.

L’annuncio del ritrovamento dell’acqua liquida su Marte fu fatto dalla Nasa solo nel 2015, sebbene l’agenzia spaziale statunitense fosse a conoscenza di tale evidenza oggettiva fin dal 2006 come dimostrato da due articoli pubblicati

“[…] sul sito ufficiale della Nasa il 6 dicembre 2006 intitolato: “Nasa Images Suggest Water Still Flows in Brief Spurts on Mars” (Le immagini Nasa suggeriscono che l’acqua fluisce ancora in brevi periodi su Marte) e […]Nel 2011, precisamente in Agosto, è ancora la Nasa stessa a proporre un articolo sull’acqua marziana sul suo sito web ufficiale, ricalcando il titolo dell’articolo del 2006.

Il nuovo articolo dall’eloquente titolo: “NASA Spacecraft Data Suggest Water Flowing on Mars” (I dati della sonda spaziale della Nasa suggeriscono che l’acqua scorre su Marte), si ricollega alle analisi del MRO di due anni prima e ribadisce che: “Gole dall’aspetto nuovo, suggeriscono movimenti avvenuti lungo pendii marziani in tempi geologicamente recenti, forse avvenuti per mezzo dell’acqua, apparsi sotto forma di brina, su alcune parti del Phoenix Mars Lander. Se ulteriori studi in corso, confermeranno l’evidenza della brina, questa potrebbe essere il primo luogo noto di Marte, dove scorre acqua liquida […]”.*

In questa circostanza “[…]Il responsabile dell’esplorazione del sistema solare dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), planetologo e docente presso la facoltà di Scienze MFN dell’università di Chieti-Pescara, Enrico Flamini, commentò l’annuncio della Nasa dicendo: “È la prima prova che dimostra l'esistenza di un ciclo dell'acqua sulla superficie di Marte […]".*

“[…], ma la cosa appare abbastanza incredibile.

La manifestazione della presenza di un ciclo dell’acqua, non è soltanto l’evidenza visiva dell’esistenza di acqua liquida.

Marte ha un proprio clima che si manifesta attraverso diversi fenomeni atmosferici già noti agli astronomi, meno al grande pubblico, come nuvole e nevicate.

Sì, avete letto bene. Su Marte ci sono nuvole e nevica, ma questo dato oggettivo poco si presta alla convenzionale immagine del pianeta secco e arido attribuita a Marte, quindi è stato ed è, poco pubblicizzato presso il pubblico (e forse anche tra qualche astrobiologo …)

Formazioni nuvolose erano già state osservate dei primi orbiter circa vent’anni fa, alla fine del secolo scorso, come ad esempio dalla citata Mars Global Surveyor (attiva tra il 1996 e 2007), per poi essere confermate negli ultimi anni dalle osservazioni delle altre sonde come MRO (lanciata nel 2005 e ancora operativa).

Le nubi avrebbero già suggerito la presenza di un ciclo dell’acqua sul pianeta, benché la presenza di vapore acqueo ne rappresentasse soltanto una minima parte.

Stesso discorso per quanto riguarda le precipitazioni nevose.

Quando nel 2005 il lander Phoenix toccò il suolo marziano, segnalò che nelle vicinanze del polo nord del pianeta, dove era ammartato, erano in corso precipitazioni nevose. Era la stagione di passaggio tra l'estate e l'autunno marziano, quindi la temperatura era relativamente mite: quei fiocchi di neve erano con ogni probabilità, fatti d'acqua, sostennero già allora gli scienziati Nasa, anche se la maggioranza di essi erano costituiti da anidride carbonica ghiacciata.

La conferma giunse poi nel giugno del 2012, in uno studio pubblicato dai ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology di Boston), sulla base dei dati inviati dalla stessa sonda lander Phoenix (attiva fino al 2008). Nello studio, l’equipe statunitense concluse che i fiocchi di neve marziana sono talmente piccoli (tra i 4 e 13 micrometri o micron, millesimi di millimetro) che un immaginario osservatore, li percepirebbe più come una nebbia rispetto a una nevicata come siamo soliti vedere sul nostro pianeta. Lo studio riteneva che tali sottilissimi fiocchi, complice anche la minor forza di gravità presente sul pianeta rosso e la minor densità della sua atmosfera, impiegassero anche diverse ore per poggiarsi al suolo.[…]”*

Ciò che dovrebbe essere evidenza per tutti, è rimasta ancora oggi, quasi un decennio dopo, ancora un’informazione a conoscenza di pochi.

La conferma però che i modelli climatici e geologici “tradizionali” di Marte, sulla base dei quali si continua a promuovere l’immagine stereotipata del pianeta rosso arido e secco, sono sbagliati lo conferma oggi due nuove ricerche appena pubblicate (aprile - maggio 2019).

Nella prima, dell’aprile 2019, un team di ricerca dell’Istituto di Fisica e Tecnologia di Mosca e del Max Planck tedesco ha individuato un nuovo tipo di ciclo marziano, mai scoperto prima. Si tratta dunque di un nuovo e ulteriore ciclo dell’acqua, in aggiunta a quello già scoperto con le evidenze sopra citate. Infatti, se prime le osservazioni riguardavano il polo nord marziano, il nuovo ciclo dell’acqua riguarda questa volta l’emisfero sud.

 I risultati, pubblicati su Geophysical Research Letters, sono stati ottenuti grazie a simulazioni informatiche che mostrano come il vapore acqueo riesca a superare in un modo inusuale la barriera di aria fredda dell’atmosfera marziana, raggiungendo gli strati più alti.

Si tratta di un fenomeno che ricorda il meccanismo di una pompa: il flusso di gas viene in un certo senso risucchiato verso l’alto, fino a raggiungere un’altezza di circa 160 chilometri.

Secondo gli scienziati, un ruolo fondamentale in questo processo è giocato dall’orbita marziana. Durante il suo percorso intorno al Sole, che dura circa due anni terrestri, Marte raggiunge un’orbita più ellittica rispetto alla nostra: questo fa sì che l’estate nell’emisfero meridionale marziano sia più calda rispetto all’estate nell’emisfero settentrionale.

“Quando è estate nell’emisfero sud – ha spiegato Paul Hartogh, leader dello studio – in un certo momento del giorno il vapore acqueo può innalzarsi più del solito, raggiungendo l’atmosfera superiore di Marte”.

Questo nuovo ciclo dell’acqua, prima sconosciuto, potrebbe aiutare a comprendere meglio l’evoluzione della presenza di acqua liquida nel passato e nel presente del pianeta rosso.

La seconda ricerca ha riguardato un altro aspetto del ciclo dell’acqua, quello della formazione di vere e proprie nubi di vapore acqueo e non è frutto di simulazioni sulla base dei dati chimici e atmosferici raccolti dalle sonde, ma di un’osservazione video e fotografica delle stesse.

Spedite dalla missione InSight della Nasa, arrivano gli straordinari video delle nuvole che si muovono nell'atmosfera marziana, immagini raccolte anche dal rover Curiosity.

Il rover laboratorio della Nasa, mentre era preso nelle sue tradizionali attività di scavo e analisi geologica, ha puntato il suo sguardo elettronico al cielo marziano e ha ripreso il passaggio delle nubi. Gli scatti sono stati eseguiti dalle fotocamere NavCams (Navigation Cameras) il 7 e il 12 maggio, quando le nuvole si trovavano a circa 31 chilometri al di sopra dalla superficie di Marte.

Il team della missione sta cercando di coordinare queste osservazioni delle nubi con quelle effettuate di recente dal lander InSight, che è situato a 600 chilometri di distanza da Curiosity; le immagini delle stesse nuvole, scattate da due diversi punti di vista, possono essere d’aiuto per tracciarne un identikit più preciso, specie per quanto riguarda l’altezza.

Tutto ciò considerato, dovremmo chiederci: perché si continua pubblicamente a diffondere un’idea obsoleta di Marte, ferma a oltre quarant’anni fa?

Un poco alla volta questa idea lascerà spazio all’evidenza oggettiva della realtà e il pianeta rosso non sarà più il pianeta della “morte” poiché associato alla guerra, ma il pianeta della “vita”.

Con le prossime missioni Nasa (MARS2020) ed ESA (ExoMars2020), i cui dati si avranno non prima della fine del 2012 o l’inizio del 2022, scopriremo ufficialmente che la vita non è solo una prerogativa della Terra.

Per chi ha fretta di sapere:

*Brani tratti dal libro “Il lato oscuro di Marte – dal mito alla colonizzazione”.

Stefano Nasetti

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