Marte è vivo! (ma è solo un annuncio “politico"?)
Marte, il pianeta rosso. Pur non essendo il pianeta più vicino al nostro (Venere e mediamente più vicino alla Terra), né il più simile per dimensione (Venere si avvicina maggiormente alle dimensioni terrestri), Marte è senza alcun dubbio, quello che presenta le maggiori somiglianze geologiche e fisiche e, per lungo tempo probabilmente anche climatiche e ambientali. Se la durata del giorno è pressoché identica a quella della Terra con uno scarto di pochi minuti, è indubbiamente l’accertata presenza di acqua liquida e la composizione del terreno ad aver risvegliato l’interesse verso questo pianeta che presenta da sempre un legame speciale non solo con il pianeta Terra, ma anche con la civiltà umana. Per molto tempo però, il pensiero predominante all’interno della comunità scientifica è che Marte fosse un pianeta morto, su cui non è accaduto nulla o quasi negli ultimi 3 miliardi di anni per la mancanza di placche tettoniche. Conseguentemente, così è stato ed è ancora dipinto al grande pubblico. Niente di più sbagliato. In questi ultimi anni sono stati innumerevoli gli studi scientifici pubblicati sulle maggiori riviste scientifiche internazionali, svolte dai principali istituti universitari e di ricerca del mondo, e basati sui dati raccolti dalle sonde orbitali e/o presenti sulla superficie del pianeta rosso, che hanno fornito innumerevoli e tangibili prove che questa idea fosse completamente errata.
Ho avuto già modo di fornire un’idea molto dettagliata e completa del passato del pianeta rosso, fondata proprio su questi articoli scientifici, sia nel mio lavoro editoriale del 2018 “ Il lato oscuro di Marte – dal mito alla colonizzazione ”, nel quale ho anticipato numerosi annunci e scoperte poi diffuse negli anni seguenti (e alcuni non ancora resi pubblici), sia in numerosi articoli di questo blog. Oggi tutto questo viene confermato da un altro articolo scientifico. Marte, torna protagonista di un nuovo studio di Nature Astronomy che mette in rilievo la sua ‘vivacità’ geologica (articolo: “Geophysical evidence for an active mantle plume underneath Elysium Planitia on Mars”), proprio come avevo avuto più colte evidenziato, sia nel sopra citato libro , sia nell’articolo apparso su questo blog, dal titolo “ Marte pianeta vivo ”.
Secondo quando si apprende nel nuovo articolo, nel mantello del corpo celeste, infatti, si nasconderebbe un gigantesco fiume di magma che risalirebbe verso la crosta marziana e che avrebbe originato un’intensa attività vulcanica e sismica nel corso degli ultimi duecento milioni di anni. Lo studio è stato condotto da un team del Laboratorio lunare e planetario dell’Università dell’Arizona e si è basato su varie osservazioni orbitali, tra cui quelle effettuate dalla sonda Mars Express dell’Esa.
I pennacchi del mantello (mantle plume), come sono chiamati nell’articolo scientifico, sono ampi grumi di roccia calda e galleggiante che provengono dalle pieghe più profonde di un pianeta e, facendosi largo attraverso il mantello raggiungono la parte inferiore della crosta. Arrivando a questo punto, i pennacchi producono terremoti, faglie ed eruzioni vulcaniche. Di questi processi già presenti sulla Terra, la cui superficie è riorganizzata dai movimenti delle placche, ne era finora già stata trovata evidenza su Venere. Sebbene su Marte fossero state riscontrate evidenze superficiali, questo tipo di processo non era stato preso in considerazione dalla comunità scientifica, “fossilizzata” su incomprensibili posizioni antiscientifiche e conservative dell’idea tradizionale, che volevano, come già detto, Marte pianeta morto già poche migliaia di anni dopo la sua formazione e raffreddamento, in assoluta antitesi alle contrarie alle già innumerevoli evidenze scientifiche e oggettive raccolte. La conferma che giunge attraverso lo studio pubblicato su Nature Astronomy rappresentano “ufficialmente” una novità che apre (altrettanto “ufficialmente”) nuovi scenari di ricerca (precursori e propedeutici a prossimi importanti e rivoluzionari annunci). Quali?
In particolare, gli scienziati si sono concentrati sull’Elysium Planitia, un’ampia pianura situata nei pressi dell’equatore del Pianeta Rosso; in questa zona, rispetto ad altre che sono in quiescenza da miliardi di anni, si è verificata un’intensa attività vulcanica negli ultimi 200 milioni di anni.
Questa pianura, secondo gli autori del saggio, è stata teatro della più recente eruzione avvenuta su Marte: l’evento è accaduto circa 53mila anni fa, praticamente "ieri" dal punto di vista geologico. Il vulcanismo dell’Elysium Planitia ha preso il via dalle Cerberus Fossae, un insieme di fenditure che si estende sulla superficie marziana per oltre 1000 chilometri; tra l’altro, anche il lander InSight della Nasa ha riscontrato, in questi anni di rilevamento fatto sul pianeta rosso, che la maggior parte dei terremoti rilevati è connessa a queste fratture. Dunque, il pianeta è tuttora geologicamente attivo! Se questo alla maggior parte dei non addetti ai lavori può sembrare un dettaglio di proprio conto, è bene subito dire che è vero il contrario!!!
All’origine del dinamismo dell’Elysium Planitia, quindi, vi sarebbe il sopra citato pennacchio: nella zona, infatti, sono stati riscontrati dei sollevamenti della superficie le cui caratteristiche sono compatibili con la presenza di un plume. Questo grumo di materiale in movimento sarebbe ampio oltre 4mila chilometri: gli scienziati sono arrivati a questa conclusione utilizzando delle simulazioni informatiche.
Ma dov’è quindi l’importanza di quest’annuncio e perché sostengo che è propedeutico a prossimi importanti annunci? La presenza del pennacchio può avere implicazioni per lo sviluppo di eventuali organismi: in passato (ma anche tuttora, dal momento che come detto, il pianeta è ancora attivo), il suo calore potrebbe aver prodotto lo scioglimento del ghiaccio di superficie, scatenando inondazioni e favorendo reazioni chimiche da cui avrebbero potuto originarsi forme di vita microbica. Questa è l’ennesimo passo di avvicinamento all’annuncio della scoperta “ufficiale” di vita extraterrestre che, come annunciato fin dal 2018 e salvo altri imprevisti che dovessero compromettere le prossime missioni spaziali (com’è stato nel caso “dell’emergenza” e il blocco delle attività avvenute nel 2020), entro il 2025.
Nonostante ancora non si abbia il coraggio di dire espressamente che Marte è un pianeta vivo, lasciandolo solo intendere limitandosi ad affermare che il pianeta “non è morto”, è abbastanza evidente che tale cautela comunicativa sottintende a specifiche tecniche di comunicazione di massa. Infatti, per chi conosce e comprende il linguaggio e le tecniche di comunicazione, è evidente che si voglia evitare che qualcuno (con più seguito del sottoscritto) possa “bruciare” l’effetto deflagrante dell’annuncio dell’esistenza della vita extraterrestre (che sarà fatto quando chi controlla il settore scientifico lo riterrà opportuno).
L’annuncio avverrà solo quando la comunità scientifica avrà “ripulito” dalla mente dell’opinione pubblica, i decenni di menzogne e affermazioni scientifiche completamente errate, sulla base delle quali si è sostenuto negli ultimi cinquant’anni che Marte fosse un pianeta inadatto alla vita e che la vita terrestre fosse l’unica presente nel nostro sistema solare. Questo perché è necessario che la comunità scientifica (e chi la governa e gestisce) possa continuare a godere di una certa dose di attendibilità presso l’opinione pubblica. Se dunque, questa nuova pubblicazione scientifica non cambia di fatto molto rispetto a quanto già risaputo in ambito scientifico (al punto che io stesso come detto, l’ho scrivo da anni), dal punto di vista mediatico tutta questa “preparazione” dell’opinione pubblica, fatta di piccoli annunci di scoperte scientifiche apparentemente irrilevanti, potrà avere riflessi molti più profondi e tornerò utile, dal momento che all’atto dell’annuncio delle prove di esistenza della vita aliena, finalmente in molti, cominceranno a prendere in considerazione l’idea della teoria della panspermia come spiegazione all’origine della vita terrestre e dell’uomo in particolare, con cui Marte sembra avere fin dall’antichità, un legame particolare. Annuncio epocale che cambierà per sempre la visione che l’umanità ha di se stessa, delle sue origini, del suo posto nell’universo e del suo rapporto con il “divino”.
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