Marte nuove rivelazioni

Due nuovi studi appena pubblicati (giugno 2019) confermano ulteriormente quanto già anticipato oltre un anno nel mio libro “Il lato oscuro di Marte – dal mito alla colonizzazione”.

Ma la notizia non è tanto il dato scientifico che di per sé non è altro che la naturale conseguenza di quelli già raccolti in precedenza e che, dunque, dimostrano assoluta coerenza, quanto piuttosto i commenti e le dichiarazioni che gli autori degli studi hanno rilasciato a seguito della pubblicazione.

Ma procediamo con ordine.

La prima scoperta, pubblicata su Scientific Reports da un gruppo di ricercatori dell'Università di Padova coordinato da Barbara De Toffoli del Dipartimento di Geoscienze, rimette in discussione l'attività finora ipotizzata del pianeta e apre un nuovo scenario su quanta acqua sia, in effetti, rimasta nelle profondità del pianeta.

Il sottosuolo di Marte è ancora un ambiente poco studiato a causa di una barriera tecnologica che non permette il sondaggio approfondito come quello che è possibile sviluppare sulla Terra. La conoscenza della profondità a cui si trova il permafrost marziano è il risultato di una ricerca americana del 2010.

Marte è un pianeta molto meno attivo del nostro che, ad esempio, non presenta tettonica a placche.

L’opinione prevalente (ma non per questo corretta) in ambiente scientifico è sempre stata quella di considerare l’ambiente marziano come secco e arido. Dopo un primo periodo che sarebbe terminato 3/3.5 miliardi di anni fa in cui su Marte l'attività dell'acqua era abbastanza intensa da permettere ai fiumi di scavare alvei complessi, il pianeta rosso avrebbe raggiunto rapidamente l’aspetto con il quale si presenta a noi oggi.

Questo secondo periodo, in base all’opinione scientifica prevalente, sarebbe terminato circa 1.8 miliardi di anni fa, dopo di che le uniche attività dell'acqua note sono le calotte glaciali ai poli oltre ad eventi molto superficiali sull'ordine di grandezza centimetrico o metrico al massimo.

Ma la ricerca pubblicata su Scientific Reports rimette tutto in discussione.

Su Marte, nella zona di Arcadia Planitia un'ampia regione delle pianure del Nord del pianeta, è stata scoperta un'area di 12.000 km quadrati con migliaia di vulcani di fango, cioè edifici di emissione prodotti dalla risalita di acqua, sedimenti e gas anziché dall'emissione di lave. La produzione di migliaia di vulcani di fango, dovuta alla mobilizzazione di grosse masse d'acqua in risalita dal permafrost marziano, sarebbe avvenuta infatti, solo 370 milioni di anni fa. Il periodo indicato non solo contraddice la teoria prevalente, ma è assolutamente vicino a quanto avevo indicato nel libro.

Come sottolineato dalla coordinatrice dello studio Barbara de Toffoli, durante un’intervista concessa all’agenzia AGI: “Avere trovato una mobilizzazione di grosse masse d'acqua, come quella che deve essere risalita per produrre le migliaia di vulcani di fango da noi studiate, che datano a soli 370 milioni di anni fa, è una scoperta che rimette in discussione l'attività del pianeta e apre un nuovo capitolo di domande su quanta acqua è, in effetti, rimasta nelle profondità del pianeta. Inoltre il fatto che la profondità di sorgente, 18 Km, corrisponda alla profondità dove è ipotizzata la base del permafrost rafforza ulteriormente le precedenti osservazioni poiché rileva un ulteriore collegamento con ambienti ricchi d'acqua".

"Questo - continua - conferma con buona probabilità il fatto che una consistente massa di acqua fosse presente nel sottosuolo di Marte in tempi incredibilmente recenti. Questo ha un'implicazione importante sia per comprendere l'evoluzione del pianeta e i processi che l'hanno modellato, sia nell'ambito astrobiologico. Marte è uno dei principali candidati di studio per la ricerca di vita, noi abbiamo individuato su Marte - conclude la ricercatrice padovana - un ambiente in cui rilevanti quantità d'acqua sono state presenti in forma liquida in un tempo molto recente, questo rende l'area ad alto potenziale, e quindi attraente, per lo sviluppo di studi astrobiologici. Oltre alla presenza di acqua liquida, sono interessanti a queste finalità di studio le possibili emissioni di metano prodotte dalla dissociazione dei clatrati (ghiacci d'acqua le cui strutture cristalline possono ospitare molecole di CO2 o metano) e dal fatto che i fluidi in esame provengono da profondità dove la vita è potenzialmente più riparata dell'inospitalità marziana più superficiale”.

Inoltre un Marte ancora umido in un periodo così vicino a noi significa che il pianeta rosso potrebbe aver ospitato la vita, quando sulla Terra c’erano ancora i dinosauri. Esistono studi scientifici che hanno indicato la presenza di vasti mari presenti ancor più recentemente, addirittura solo poco più di 200.000 anni fa, quando sulla Terra facevano la comparsa i primi Homo sapiens.

Il secondo studio, è più che altro la divulgazione di un dato registrato dal rover della Nasa Curiosity e riguarda il metano, di cui ho già ampiamente parlato, oltre che nel mio libro anche i precedenti articoli su questo blog.

Durante una misurazione effettuata il 19 giugno, il rover della Nasa Curiosity ha rilevato il picco massimo di metano più elevato di sempre, pari a 21 parti per miliardo di unità di volume, rispetto alla media di 10. Un dato significativo se pensiamo che sulla Terra il 90% di questo gas derivi da organismi viventi o morti. Sebbene la superficie di Marte oggi sia fredda e inospitale, gli scienziati sostengono che in passato, un’atmosfera più densa, arricchita da gas serra, possa aver riscaldato il pianeta. Un passato che come abbiamo appena visto, forse, non è poi così lontano.

Raffaele Mugnuolo, dell’unità esplorazione e osservazione dell’Universo dell’Agenzia spaziale italiana, ha commentato il nuovo sorprendente dato con altrettanto sorprendenti parole: “La presenza di metano nell’atmosfera marziana rimette totalmente in discussione l’idea comune che considera Marte un pianeta geologicamente “morto”. Oggi Marte ci appare desertico e freddo, apparentemente senza alcun segno di vita, aprendo all’ipotesi di un pianeta che è sempre stato freddo e secco, senza acqua liquida in superficie e con un’atmosfera sottilissima. La presenza di metano nell’atmosfera rivela invece che Marte è un pianeta ancora vivo, poiché è un gas di origine organica, sulla Terra il metano è il principale gas naturale, ed è di estremo interesse per gli astrobiologi proprio perché esso viene in gran parte rilasciato da organismi viventi. Ci sono ovviamente anche altri processi di tipo geologico che causano il rilascio di metano, come ad esempio l’ossidazione del Ferro. Come sempre accade, una nuova scoperta non è mai un punto di arrivo, ma diventa il punto di partenza per altre domane. Una di queste, la più importante in questo periodo riguarda il processo di formazione del metano: è di origine biologica o geologica?”.

Nel giro di poche ore dunque, due membri della comunità scientifica rompono gli indugi ed escono finalmente allo scoperto, denunciando, dati alla mano, l’inadeguatezza della teoria scientifica a oggi ancora prevalente, teoria che continua a essere diffusa e “propagandata” attraverso tutti i mezzi d’informazione mainstream. Marte non è un pianeta morto ma vivo (così come titolavo alcuni mesi fa su questo blog), è un pianeta solo apparentemente arido e senza alcun segno di vita.

Se a questo aggiungiamo quanto detto nel precedente articolo in merito allo studio pubblicato su Nataure Geoscience che ha indicato come il pianeta rosso fosse diventato ospitale almeno mezzo milione di anni prima della Terra, al punto da ipotizzare un’abiogenesi marziana, significa che per decenni ci è stata fornita un’immagine del passato e del presente di Marte completamente sbagliata e lontanissima dalla realtà dei fatti.

Ovviamente non è solo sulla base di questi tre studi che si possono trarre le conclusioni appena esposte. È necessario infatti, tenere conto di tutti gli studi pubblicati negli ultimi vent’anni e, dopo averli messi uno accanto all’altro come fossero punti su un foglio bianco, tracciare una linea che li unisce, così come ho fatto nel mio libro. Così facendo, chiunque potrà rendersi conto da sé quale può essere verosimilmente stato il passato e il presente del pianeta rosso e del ruolo che ha avuto nella storia della Terra e dell’uomo.

Stefano Nasetti

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