Picchi di metano su Marte: esclusa una possibile causa

Fin dalla sua prima rilevazione nel 2003, si discute sull’origine del metano marziano. Il metano può avere origine organica (cioè generato da esseri viventi) o inorganica (cioè generato da processi chimici per opera delle rocce).

Ci sono state, e continuano tuttora, intense speculazioni su quale potesse essere la fonte del gas. Da una parte la comunità scientifica più ortodossa che, in ossequio alla dogmatica e sempre più improbabile quanto anacronistica (visto quanto scoperto negli ultimi due decenni) tesi che vede la vita presente solo sulla Terra, almeno nel nostro sistema solare, e dall’altra chi invece, dati alla mano, chi propende per una più verosimile origine biologica.

Non si sa ancora come venga generato il metano rilevato su Marte. Le fonti prese in considerazione includono meccanismi quali irradiazione ultravioletta di materia organica derivata da meteoriti, reazioni idrotermali con olivina, degradazione organica per impatto di meteoroidi, rilascio di gas da composti idrati. Oppure produzione biologica, che sarebbe naturalmente la più interessante

Indizi sull’origine del gas erano stati fin qui forniti dalla ciclicità stagionale dei suoi picchi, quanto dalla sua circoscritta localizzazione in determinate aree del pianeta.

Ciò ha fatto venir meno la prima spiegazione “ortodossa”, che presupponendo un’origine inorganica del metano, aveva ipotizzato che potesse essere distribuito uniformemente dell’atmosfera intorno a Marte, ma così non è. Infatti, il metano marziano appare piuttosto in sacche localizzate e molto temporanee sulla superficie del pianeta, e la recente conferma di nuove “punte” di metano nell’atmosfera marziana ha ulteriormente alimentato il dibattito.

La maggioranza degli esponenti della comunità scientifica tradizionale aveva quindi formulato una nuova ipotesi per giustificare l’origine inorganica del metano in apparente coerenza con i dati sopra esposti. Aveva ipotizzato che il metano marziano, esclusivamente e rigorosamente di origine inorganica, formatosi migliaia (o milioni di anni fa), sarebbe rimasto intrappolato nelle rocce e verrebbe di tanto in tanto liberato nell’atmosfera del pianeta rosso, grazie all’azione erosiva e costante dei venti marziani. Secondo questo modello teorico e largamente accettato poiché confermerebbe la tradizionale idea dell’inabitabilità presente e passata del pianeta rosso, i venti marziani levigherebbero continuamente le rocce, consumandole fino a liberare, di tanto in tanto, il metano. Ciò dunque spiegherebbe i picchi di metano che appaiono ciclicamente nell’atmosfera del pianeta, in luoghi circoscritti.

Come sovente accade quando i dati sembrano andare contro le tradizionali idee del mondo accademico, le teorie più improbabili e alquanto “forzate” come in questo caso, trovano un immotivato successo, anche quando contraddicono uno dei principi base a cui ogni ricercatore scientifico dovrebbe ispirarsi, quello del rasoio di Ockham (secondo cui, considerando tutti i dati disponibili, la spiegazione più semplice è spesso la più vicina alla realtà). Come mi piace ripetere però, spesso le contraddizioni fanno emergere la verità.

Il metano marziano è di origine biologica o inorganica? Al di la di ogni ragionevole cautela, i dati raccolti fin ora suggeriscono che la strada che porterebbe alla conferma della teoria prevalente, quella dell’origine inorganica, è e rimane la più improbabile e la meno verosimile.

Lo conferma anche una ricerca condotta dall’Università di Newcastle, nel Regno Unito, e pubblicata (Agosto 2019) su Scientific Reports, che ha escluso la possibilità che i livelli di metano rilevati possano essere prodotti dall’erosione del vento delle rocce, rilasciando metano intrappolato da antichi processi geologici.

Il team ha scoperto che affinché l’erosione del vento fosse un meccanismo praticabile per produrre metano rilevabile nell’atmosfera marziana, il contenuto di metano di tutti i gas intrappolati nelle rocce avrebbe dovuto competere con quelli di alcuni dei più ricchi idrocarburi contenenti scisti sulla Terra; uno scenario altamente improbabile.

Jon Telling, geochimico con sede presso la School of Natural and Environmental Sciences dell’Università di Newcastle, ha dichiarato “Utilizzando i dati disponibili, abbiamo stimato i tassi di erosione sulla superficie di Marte e l’eventuale ruolo che potrebbe avere nel rilascio di metano. E tenendo conto di tutto ciò, abbiamo scoperto che era molto improbabile che ne fosse la fonte”.

Oggi sappiamo dunque con certezza, che la presenza periodica e concentrata in aree circoscritte del pianeta, di metano su Marte, non è legata al vento come sosteneva la teoria prevalente presso la comunità scientifica.

Sebbene lo studio, promosso dall’Agenzia spaziale inglese, non chiarisca quale sia la fonte del metano marziano, che rimane al momento e almeno ufficialmente sconosciuta, fa registrare un nuovo punto a favore dell’ipotesi dell'origine biologica e forse assesta un colpo decisivo all’oltranzismo e al conservativismo della comunità scientifica tradizionale.

La speranza è che, qualunque sia l’origine del metano marziano, chi tira le fila della comunità scientifica impari che quando si fa scienza la cautela è importante, tuttavia questa non dovrebbe mai prevalere di fronte all’oggettività dei dati. Filtrare i dati a disposizione tenendo in considerazione soltanto quelli di proprio gradimento, interpretare i dati affinché si possa formulare un’ipotesi tanto improbabile quanto conservatrice, non è più sufficiente a mantenere le proprie posizioni di potere e privilegio per lungo tempo. La velocità con cui, grazie alle nuove e moderne tecnologie, vengono raccolti ed esaminati i dati, la rapida diffusione degli stessi in ambito globale, non permettono più di arroccarsi sulle proprie posizioni conservatrici così come si fa da tempo. L’atteggiamento più logico e sensato, sarebbe quello di rimanere sempre aperti al nuovo, contemplando i propri limiti di conoscenza e preferendo il preservare la propria autorevolezza anziché la propria autorità.

Stefano Nasetti

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