Rosario Smart, anche il Vaticano entra nel mercato della raccolta dati e dell’hi-tech indossabile

Viviamo in un’era di raccolta dati. La rete, abbinata alla tecnologia wireless, ha creato la cosiddetta internet delle cose che ha, di fatto, messo fine alla privacy delle persone. Attraverso la moltitudine di oggetti smart oggi disponibili, le vite di miliardi di persone sono sorvegliate e controllate continuamente sotto ogni aspetto.

Il salto di “qualità” si è avuto con lo smartphone, vera e propria microspia che quasi ogni persona porta sempre con sé. Le app installate accedono a microfono e videocamera (registrando e scattando foto) e a qualunque altro dato presente non solo sul dispositivo, ma anche alle informazioni raccolte dai vari oggetti smart a esso connessi, o alle informazioni presenti negli account dei social network (Facebook, Linkedin, Istagram, Twitter e account google su tutti) nei quali le persone inseriscono quasi ogni aspetto delle loro vite, e che spesso sono utilizzati per “loggarsi” velocemente alle varie app, senza dover creare un nuovo account o digitare password. Nonostante che con cadenza quasi quotidiana, giungano notizie di continue violazioni dei server che conservano questi dati, delle norme di utilizzo delle informazioni raccolte da parte delle stesse aziende che ne avevano assicurato la tutela o, ancor peggio, delle autorità che dovevano vigilare, la maggioranza delle persone continua a utilizzare con superficialità la tecnologia smart. La tecnologia connessa alla rete sarebbe un ottimo modo per la diffusione d’idee e cultura, per discutere e trovare soluzione a problemi sociali e mondiali, invece è utilizzata prevalentemente per compiacere il proprio ego.

Il problema dunque non è la tecnologia in sé, ma l’uso che se ne fa. L’uso inconsapevole può avere conseguenze devastanti, sia dal punto di vista sociale, sia individuale. I dati condivisi dagli utenti hanno un enorme valore per molti settori industriali, per i governi e anche per la criminalità. Non parliamo semplicemente di username e password di conti bancari, ma d’informazioni molto più preziose e non modificabili in caso di furto, come i dati biometrici. Le persone però, sembrano ben gradire il fatto di essere “schedate” consegnando le proprie impronte digitali, la scansione della propria iride, la propria impronta vocale o i parametri del proprio volto.

Esiste un fiorente mercato della compravendita di dati. Ad alimentare questo mercato non sono soltanto i dati personali usati per scopi criminali, furti d’identità ecc., ma anche i dati sanitari (quelli che sono i più costosi da acquistare sul mercato) e tanti altri dati (abitudine di consumo, opinioni politiche, preferenze sessuali e religiose, dati di geolocalizzazione, ecc) considerati erroneamente meno importati rispetto a quelli di accesso a un conto bancario o di un numero di carta di credito. La possibilità di filtrare i dati per influenzare e controllare intere popolazioni è interesse di moltissime aziende e Governi (anche quelli che si definiscono “democratici”).

La Cina, secondo quanto emerso da un articolo del New York Times di febbraio 2019 (notizia che ha poi trovato diverse conferme nei mesi successivi), starebbe sorvegliando la popolazione uiguri (una minoranza presente n Cina) anche raccogliendo i loro campioni di dna e le impronte digitali, oltre a scansionarne il volto e la voce.

Tra il 2016 e il 2017, circa 36 milioni di persone hanno partecipato al programma noto come Esami per tutti: una sorta di specchietto per le allodole sfruttato, con la scusa di check-up sanitari, per effettuare una raccolta di dati sensibili, ampliando così il database informativo attraverso il quale la popolazione degli uiguri è tracciata e sorvegliata.

La raccolta del dna è stata eseguita utilizzando anche strumentazioni e competenze fornite da aziende e genetisti statunitensi.

“Il data banking obbligatorio dei dati anagrafici di una popolazione intera, incluso il dna, è una grave violazione delle norme internazionali sui diritti umani”, ha spiegato Sophie Richardson, direttrice di Human Rights Watch in Cina. “È ancora più inquietante se tutto questo è fatto di nascosto, sotto l’apparenza di un programma sanitario gratuito”.Secondo quanto scrive il sito Notizie Geopolitiche, “il controllo sulla popolazione ha raggiunto livelli inaccettabili: alle persone capita di essere costrette a sottoporsi a controlli di polizia più volte al giorno. Prima di accedere ai distributori di benzina, agli hotel e alle banche è necessario sottoporsi a procedimenti di riconoscimento facciale; le autorità hanno il potere di registrare in maniera arbitraria tutte le telefonate provenienti dall’estero e di obbligare privati cittadini a installare sul telefono un’app per controllare tutti i messaggi in entrata e in uscita”. Il distopico mondo di stampo orwelliano instaurato in alcune aree della Cina, non deve trarre in inganno, poiché non rappresenta certamente un inedito.

Gli Stati Uniti (come dimostrato già nel 2012 da Edward Snowden e confermato da altre informazioni emerse ufficialmente negli anni seguenti) non fanno già la stessa cosa da anni?
Gli USA, dal punto di vista della violazione dei diritti umani, dello sterminio delle minoranze, del controllo silenzioso della popolazione, della sistematica violazione della privacy, ecc, non hanno certamente nulla da apprendere da altri, essendo nei fatti (e non a parole) uno degli stati più antidemocratici che esistano.

La raccolta d’informazioni personali può essere sfruttata in vari modi e per vari scopi. Continuamente vengono inventati e messi sul mercato sempre più oggetti smart, in grado di carpire informazioni di vario genere, in modo da fornire a chi detiene i dati, notizie preziose sulle abitudini delle persone. Ciò consente di monitorare i propri interessi e adottare politiche, anche semplicemente comunicative, per conservare o acquisire nuove “quote di mercato” (e non mi riferisco propriamente e solo agli aspetti economici).

L'immagine depositata all'ufficio brevetti USA, dell'anello smart di Apple

In temi di nuovi oggetti smart, è notizia di poche settimane che Apple ha intenzione di spingersi oltre l'iPhone e l'Apple Watch, poiché in futuro potrebbe lanciare anche un anello smart. E' quanto si apprende da un brevetto pubblicato dall'ufficio brevetti americano (Uspto) in cui è descritto dall'azienda di Cupertino il funzionamento di un piccolo dispositivo da indossare al dito, in grado di monitorare l'attività fisica e di gestire diverse funzionalità. L'anello integra un processore, un microfono e un modulo wireless. E sono presenti alcuni sensori per la registrazione dei movimenti, una piccola superficie touch e una ghiera per l'accesso ad alcune funzioni. L'anello potrebbe essere impiegato anche per l'autenticazione biometrica e quindi ipoteticamente per lo sblocco di un altro dispositivo Apple senza il bisogno di digitare password.

Echo Loop, l'anello smart lanciato da Amazon

Non siamo neanche in questo caso, di fronte ad una novità assoluta. Amazon di recente ha lanciato Echo Loop, un anello intelligente che include l'assistente virtuale Alexa. Sfruttando lo smartphone dell’utente per la connettività, l’anello di Amazon, offre più o meno le stesse funzionalità di un “altoparlante intelligente” ma va messo al dito.

La maggioranza della sempre più ignara, distratta, superficiale e disinteressata popolazione mondiale, sembra ben gradire questi oggetti smart, sempre più piccoli e miniaturizzati. Una bella Finestra di Overton per l’accettazione di dispositivi impiantabili.

Secondo gli analisti dell’Idc (acronimo di International Data Corporation, la prima società mondiale specializzata in ricerche di mercato, servizi di consulenza e organizzazione di eventi nei settori ICT e dell’innovazione digitale), nel 2019 c’è stato in Europa un vero e proprio boom dell’hitech indossabile. Nel secondo trimestre, le consegne sono più che raddoppiate, con un incremento del 154% su base annua a quota 13,4 milioni di unità. A livello geografico, l'80% delle consegne si registra in Europa Occidentale. Il primo mercato è quello britannico. A seguire Francia e Germania, mentre l'Italia è quinta. Al quarto posto c'è la Russia, che mette a segno il tasso di crescita più alto. In generale, le consegne in Europa Orientale sono aumentate del 216%, a fronte del +145% dell'area occidentale. Tra i prodotti, a fare la parte del leone sono gli auricolari e le cuffie, che rappresentano il 52,3% del totale grazie a una crescita del 400%. Seguono gli orologi (26,7% del totale) e i bracciali (20,7%).

E se Apple guida saldamente la classifica delle aziende con più pezzi venduti in questo settore, precedendo nell’ordine Samsung, Fitbit, Garmin e Huawei, il terzo trimestre del 2019 ha visto l’ingresso diretto, in questo mercato, di uno degli stati più piccoli al mondo (in assoluto il più piccolo), ma più ricchi e potenti e influenti del mondo: il Vaticano.

Compresa l’importanza di raccogliere, detenere e gestire dati, lo Stato Pontificio, ha deciso di gettare le basi per un proprio progetto di controllo della popolazione, e ha lanciato sul mercato il primo “rosario Smart”, con un testimonial certamente d’eccezione: Jorge Mario Bergoglio. È stato lo stesso pontefice, Papa Francesco durante il suo viaggio a Panama nei mesi scorsi, a chiedere ai giovani di pregare per la pace nel mondo, tramite la rete Mondiale di Preghiera durante il Mese Missionario Straordinario.

La dichiarazione può essere oggi considerata una vera e propria mossa di marketing, propedeutica al lancio sul mercato dell’eRosary, presentato in Vaticano lo scorso 15 ottobre (2019) dal gesuita padre Frédéric Fornos, direttore internazionale della Rete mondiale di preghiera del Papa. “Negli ultimi anni, Papa Francesco ha chiesto soprattutto ai giovani di pregare il rosario per la pace nel mondo – recita la descrizione dell’App su Google Play Store - Click To Pray eRosary risponde a quest’appello con l'urgente necessità di pregare per un mondo che soffre profondamente di molti conflitti, divisioni e violenza. Il Click To Pray eRosary mira a raggiungere persone di tutte le età, ma soprattutto i giovani, che vivono principalmente in ambienti digitali. È un approccio pedagogico per imparare a recitare il rosario e pregare per la pace nel mondo”.

Già, perché come tutti sanno, come la storia insegna e come la stessa Chiesa Cattolica ha dimostrato nel corso dei secoli, è pregando che si può raggiungere quest’obiettivo … (ironia).

Dopo l’app DinDonDan (per Android e Apple), l’app che mostra le messe pianificate nella propria zona, dopo lo sbarco del Papa su Twitter, ecco l’ennesima mossa “smart” e “social” della Chiesa 3.0.

Connesso all’app gratuita “Click to Pray” il rosario smart (prodotto dalla Gadgetek – azienda consociata di Acer) si presenta come un elegante bracciale composto da dieci grani realizzati con ematite e agata nera, con una croce smart che memorizza i dati tecnologici dell’app connessa. Il dispositivo contiene un sensore giroscopico, tipo quello degli smartphone, e una CPU che fanno sì che il rosario smart si attivi dopo che i fedeli si sono fatti il segno della croce. Per ricaricarlo basta poggiarlo sulla sua stazione di ricarica (wireless).

“Conforme allo standard IP67 per l'impermeabilità alla polvere e all'acqua - (come si legge da Amazon - ottimo per l'uso quotidiano, nelle attività all'aperto ed anche nelle giornate di pioggia”), una volta attivata facendosi il segno della croce, permette di accedere ad audioguida, immagini esclusive e contenuti personalizzati in base al rosario scelto, da quello tradizionale, a quello contemplativo o tematico (di volta in volta per i giovani, per i migranti e i rifugiati, la Laudato si’, le missioni, ecc.) e quindi a quel punto pregare.

L’app naturalmente aggiornerà e memorizzerà tutti i dati e consentirà anche di raccogliere offerte in denaro che potranno essere elargiti dai “tecnologici e sempre connessi, fedelissimi di tutto il mondo”.

Il dispositivo già disponibile in Italia e in Europa, in vendita al momento solo sul sito ufficiale e in esclusiva su Amazon (attraverso il quale il Vaticano ci fa sapere che il dispositivo è unisex, ma non potrebbe essere altrimenti …) per la “modica” cifra di 99 euro, sarà commercializzato nelle Americhe e nel resto del mondo solo a partire dal 2020. Ma raccogliere i dati relativi alla frequenza delle preghiere, ai singoli bisogni delle persone, oltre che tutti i dati che si condividono automaticamente installando l’app ClickToPray sul proprio smartphone, e a quelli presenti sul proprio account social (se si sceglie di accedere con Facebook, o account Google), probabilmente non era ritenuto sufficiente.

Il Vaticano ha quindi pensato di inserire una funzione “health” per curare non solo lo spirito, ma anche il corpo. La “funzione terrena” – testuale – “aiuta gli utenti a tenere traccia della distanza da percorrere giornalmente, del conteggio dei passi, del calcolo delle calorie e di un promemoria per raggiungere l’obiettivo designato. Oltre alla preghiera quotidiana, il dispositivo registra e mostra i dati sulla tua salute, per incoraggiarti ad avere un migliore stile di vita - (migliore in base a cosa?) - Il tuo assistente per monitorare la tua salute”.

Insomma, un modo per tracciare anche altri comportamenti e gli spostamenti dei fedeli. Dovessero disertare qualche funzione, il Vaticano saprebbe dove andare a riprenderli. Chissà se in futuro sarà implementato con un contatore che indica i casi di pedofilia accertati. Chissà se il ricavato di questa nuovo prodotto “made in City of Vatican” sarà utilizzato per risarcire le vittime degli abusi sessuali perpetrati dai ministri del culto o se invece saranno impiegati per pagare gli onorari degli avvocati che li difendono nei processi.

Ironia a parte, con oltre 1 miliardo e 285 milioni di fedeli cattolici stimati (e un potenziale quasi doppio poiché i cristiani nel mondo sono circa 2,4 miliardi, un terzo della popolazione mondiale), con il rosario smart il Vaticano entra prepotentemente nel mercato della raccolta dati e nel business dell’hi-tech indossabile. Un business della fede che sembra per certi versi richiamare la vendita delle indulgenze che, nel 1521 diede origine alla riforma luterana e al protestantesimo. Questa volta però, in un’epoca di relativismo ed egocentrismo conclamato, in un modo in balia del consumismo più sfrenato, ormai storditi dalla continua e ipocrita propaganda buonista religiosa e politica, distratti dai gadget tecnologici e assuefatti alla commercializzazione di qualunque cosa, i fedeli probabilmente non protesteranno ma accoglieranno di buon grado (basta leggere alcune entusiastiche recensioni dell’App, già apparse su Google Play Store).

Indipendentemente da quale sarà il destino della chiesa cattolica e dello Stato Vaticano, di cui dovrebbe interessarci il giusto, bisognerebbe riflettere sul fatto che ogni soggetto pubblico o privato, autorità politica, economica o religiosa, che sia, è interessata ai dati delle persone. È bene ricordarsi che l’accentramento di troppe informazioni in poche mani, conferisce un potere quasi illimitato di questi “controllori” sui “controllati”, e non ci sarà divinità o qualunque altra superstizione nella quale confidare per la risoluzione di problemi che è la stessa popolazione sta generando. La tecnologia si evolve non solo in termini di raccolta ma, come avevo avuto modo di far presente diversi anni fa in un precedente articolo, anche nello sviluppo di nuovi e più efficienti sistemi di filtraggio. Si dovrebbe comprendere che a rischio ci sono democrazia, libertà e, in alcuni casi, anche la propria vita.

Continuare a utilizzare con superficialità queste tecnologie, ignorando tale rischio, è sintomo di un’immaturità sociale che non promette nulla di buono per il futuro. Continuiamo a illuderci di vivere in una società più progredita e socialmente più matura, solo perché la nostra tecnologia è superiore a quella di 30,50, 100 o 1.000 anni fa, ma non è così. Molte civiltà del passato, certamente tecnologicamente più arretrate di noi, avevano un maggiore equilibrio tra capacità tecnologica e consapevolezza sociale. Non può esserci alcun progresso sociale e tecnologico senza un’adeguata crescita culturale e di consapevolezza.

Stefano Nasetti

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