Scoperte 143 nuove linee Nazca
Uno dei 143 nuovi geoglifi scoperti a Nazca
(Questo articolo è stato pubblicato anche sulla rivista ARCHEO MISTERI MAGAZINE nel numero di Maggio 2021)
Nazca, Perù. A circa 320 chilometri a sud est della capitale del Perù, Lima, si trova la moderna città di Nazca. Nell’area oggi desertica della pampa peruviana che circonda la città, viveva una misteriosa popolazione: i Nazca. Di questa popolazione conosciamo ben poco. Sappiamo era solita seppellire i morti, sappiamo che alcuni delle mummie ritrovate avevano il cranio allungato, sappiamo che hanno occupato questa zona desertica per quasi un millennio (dal 300 a.C. al 500 d.C.) e sappiamo che adorava divinità scese dal cielo.
Tra i pochissimi reperti archeologici che sono stati a oggi ritrovati, quelli che rimangono più misteriosi, non sono i gioielli d’oro o i resti dei vasi in terracotta rinvenuti nelle tombe, e neanche i curiosi e particolari pozzi, tutti allineati, a forma di spirale (i puquios) scavati nel deserto. Ciò per cui quest’antica popolazione è oggi conosciuta in tutto il mondo è un qualcosa che rimane ancora avvolto nel mistero.
Tra la fine degli anni venti e l’inizio degli anni trenta del secolo scorso, iniziano i primi voli commerciali in Perù. Mentre gli aerei volano alto sopra la pampa peruviana, sempre più piloti cominciano ad accorgersi che nei pressi della città di Nazca, il deserto cambia forma. L’anonimo e sbiadito paesaggio desertico, con le sue rocce e le sue distese di sabbia rossa sembra farsi sempre più organizzato, man mano che ci si addentra in quest’area. Ed ecco che dall’onnipresente rosso della sabbia, cominciano ad apparire linee bianche, che si evolvono gradualmente. Sempre più strisce s’incrociano nel secco e arido deserto peruviano. Il paesaggio cambia completamente mentre sempre più linee prendono forma, per realizzare semplici ma precisi, disegni geometrici: trapezi, linee rette, rettangoli, triangoli.
Montagna con cima spianata (Nazca)
Anche alcune montagne sembrano diverse. Cime perfettamente piatte e livellate si distinguono in modo chiaro dai finestrini degli aerei. Sono montagne dalla cima piatta, in mezzo a montagne con cime più naturali. Impossibile pensare che tale perfetto e ripetuto livellamento sia opera di casuali forze della natura. Sono state rimosse da qualcuno? Da chi? Come? Perché un simile dispendio di tempo ed energia? E dove è finito tutto il materiale rimosso? Le domande sono moltissime.
L’anomalia è ancor più evidente se si considera, che da queste cime, si dipanino altre linee, perfettamente dritte, che continuano per decine di chilometri. Sembrano essere strade che s’incrociano, ma non siamo in una città, siamo in pieno deserto. Non ci sono resti di edifici o altri ostacoli naturali che possano giustificare la costruzione di così tante strade che s’incrociano in un’area così vasta. Le linee, larghe anche decine di metri, proseguono perfettamente dritte, anche sopra alle montagne, senza che il profilo o le asperità delle stesse sembra aver influito nella realizzazione delle linee.
Mentre il traffico aereo diventava più intenso, appariva chiaro che quelle che si stagliavano sul deserto, non potevano essere semplici strade.
Ciò fu confermato quando furono scoperte alcune linee che, a differenza delle altre, non erano dritte, ma curvavano e zigzagavano in modo apparentemente casuale, finché ecco apparire figure ben distinguibili: scimmie, colibrì, ragni, uccelli, lama, fiori e misteriose figure umanoidi, tutte enormi, lunghe anche oltre 300 metri, impossibili da distinguere a livello del suolo. È così che il mondo ha scoperto le linee di Nazca, designati Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 1994. Non si tratta di solchi scavati nel terreno ma, al contrario di geoglifi realizzati dalle antiche popolazioni in un modo certamente molto più lungo.
Le linee sono state realizzate rimuovendo le parti del terreno roccioso e scuro di ossido di ferro in superficie, scoprendo così il terreno calcareo più chiaro che si nascondeva sotto. Il contrasto il suolo più chiaro sottostante e le rocce più scure circostanti, ha reso quindi possibile realizzare le linee.
Grazie alla scarsa presenza di venti e al clima stabile essenzialmente secco e privo di piogge, ha permesso di conservare le figure intatte per più di 2.000 anni. La domanda su cui tutti, nessuno escluso, si sono sempre posti riguardo alle linee è: perché tacciare linee e disegni così grandi al punto che è possibili apprezzarli soltanto dall’alto (moltissimi a livello del suolo sono pressoché invisibile e appaiono più che altro come semplici “strade” o “aree recintate” con delle pietre)? In molti, nel corso del tempo, hanno provato a cercare un’oggettiva risposta a questa domanda. Le molte teorie formulate negli anni, hanno però dato risposte parziali, anche perché si sono concentrate sulle sole informazioni e sui soli geoglifi conosciuti in fino quello specifico momento. Ma nel corso dei decenni, i misteri e le domande anziché dissiparsi e trovare risposta, si sono infittiti e sono aumentati con l’aumentare degli studi sui geoglifi scoperti.
Il Ragno di Nazca
Tra quelli più particolari è più misteriosi (e anche uno tra i primi scoperti) c’è il ragno. Quello che apparentemente sembra essere la raffigurazione di un semplice ragno, da un’analisi più accurata emerge una particolarità molto interessante. Questa figura, dalla lunghezza di 45 metri, rappresenta infatti, un ragno “Ricinulei”, originario del cuore della foresta Amazzonica, che si trova a oltre 1.500 chilometri di distanza dall'altopiano di Nazca. Com’è stata identificata questa specifica specie di ragno? L’aracnide caratteristico dell’Amazzonia, è molto piccolo, misura solamente 6 millimetri, ma ha una caratteristica molto rara. Presenta, infatti, l'organo genitale separato dall'apparato riproduttivo. In questa specie di ragni, sono i maschi a deporre le uova, mediante un'escrescenza appuntita che si trova sulla terza gamba. Il ragno di Nazca presenta questa peculiare caratteristica, ed è qui che cresce il mistero. Essendo il ragno molto piccolo, Tale escrescenza, nel Ricinulei, è visibile solamente mediante l’utilizzo del microscopio, strumento ovviamente non disponibile tra le popolazioni precolombiane.
La Scimmia di Nazca
C’è poi la Scimmia con una coda a spirale, delle ragguardevoli dimensioni di 135 metri. Secondo l’interpretazione degli archeologi, la spirale è un simbolo molto diffuso in tutte le antiche popolazioni della Terra, fin dal paleolitico, e si ritiene sia associata all’acqua. Più tardi infatti, nella cultura Maya, la scimmia, sarà considerata un animale divino, associato proprio all'acqua. Rimane da spiegare però, perché quasi tutte le più antiche popolazioni del mondo, benché non fossero mai entrate in contatto tra loro (almeno secondo l’archeologia e la storia ufficiale) abbiano utilizzato gli stessi simboli per indicare le stesse cose.
L'Astronauta di Nazca
Il geoglifo dell’Astronauta, lungo 30 metri, è un altro geoglifo interessante e tra i più famosi e controversi. È così chiamato a causa della curiosa forma della testa, simile a un casco da astronauta. Secondo l’archeologia tradizionale rappresenterebbe uno sciamano o un sacerdote. Anche qui sono moltissime le somiglianze tra questo geoglifo e i petroglifi del paleolitico presenti in Valcamonica (in Italia) o quelli presenti nello Utah (Negli Stati Uniti) o nei dipinti rupestri in Australia. Le domande che sorgono sono le stesse di quelle formulate per i geoglifi precedenti.
A destra - Gli Astronauti della Valcamonica (Italia) - a sinistra i Wandjina nelle pitture rupestri degli aborigine (Australia)
Tra i più famosi e iconici c’è infine il Colibrì. Questo stupendo geoglifo è lungo addirittura 94 metri e largo 66, ed è apprezzabile soltanto dall’alto.
Il Colibrì di Nazca
La maggior parte degli archeologi ritiene che i geoglifi presenti in quest’area del Perù, siano stati realizzati in due tappe successive: prima le figure e poi i disegni geometrici. SI tratta tuttavia soltanto di ipotesi poiché, a causa delle caratteristiche del suolo, è molto difficile poter datare con sicurezza il periodo in cui furono costruite, specialmente per la difficoltà di applicare il sistema di datazione con il Carbonio 14 (la datazione con al radiocarbonio è possibile solo per i materiali organici e non per le pietre).
Gli scienziati quindi, si sono avvalsi di altri metodi, come il confronto tra le figure dei geoglifi e quelle trovate sul vasellame della civiltà Nazca. Ai margini della Pampa, gli archeologi hanno scoperto la città cerimoniale dei Nazca, Cahuachi, da cui si ritiene provenissero gli artefici delle linee. Non si può escludere tuttavia, che le linee siano antecedenti a queste due civiltà, e che Nazca, Cahuachi, Paracas e altre popolazioni dell’area abbiano ricopiato i disegni sul loro vasellame, anche se ciò appare improbabile considerata l’assenza di tracce di altre civiltà precedenti.
Benché la scoperta avesse attratto da subito l’interesse non solo dell’opinione pubblica, ma soprattutto degli archeologi, fino al 1994, in quasi settant’anni di studi, erano stati identificati appena 30 geoglifi raffiguranti flora fauna e altri oggetti. Nel corso degli anni successivi il numero delle linee scoperte è aumentato. Grazie all’utilizzo d’immagini satellitari e, in seguito di droni, lo studio sistematico e la mappatura dell’area interessata dalle “linee di Nazca” è divenuta più facile, portando alla scoperta di numerose altre figure e facendo comprendere che il fenomeno ha riguardato un territorio molto più esteso di quanto inizialmente immaginato. I geoglifi nella Nasca Pampa si trovano distribuiti in un'area che si estende per circa 20 chilometri quadrati, ma fanno parte di un’area ancor più vasta (di circa 80 chilometri) che arriva nei pressi di un altro importante centro di un’antica e altrettanto misteriosa civiltà della zona: i Paracas.
La presa di coscienza che le “linee Nazca” fossero un fenomeno molto più esteso, sia a livello territoriale, sia a livello temporale, e la scoperta di nuovi geoglifi, ha influito nella ricerca della risposta alla domanda riguardo ai motivi che hanno portato le antiche popolazioni di quest’area a realizzare questi disegni?
L'Università di Yamagata ha analizzato le immagini satellitari dal 2004 e ha svolto attività sul campo per chiarire la distribuzione delle Linee di Nasca e per studiare le ceramiche trovate nei geoglifi dal 2010. Fino al 2015, questi sforzi di ricerca hanno identificato con successo oltre 40 geoglifi biomorfici. Tuttavia, era subito apparso chiaro come ci fosse ancora molto lavoro necessario per rilevare la distribuzione di tutti i geoglifi.
Nell’agosto del 2014 il ricercatore Eduardo Herrán Gómez de la Torre, nel corso di un'ispezione aerea dell'altopiano di Nazca, aveva fatto una scoperta inaspettata, come spesso capita, e importantissima.
Mentre sorvolava il famoso deserto di Nazca, aveva notato alcuni geoglifi che non erano mai stati rilevati in precedenza. Secondo quanto riportato dal quotidiano El Comercio, i geoglifi, sarebbero emerse a seguito di alcune tempeste di sabbia che avevano compito la zona tra il Mercoledì e il Sabato della settimana precedente la scoperta, tempeste tra le più intense degli ultimi 25 anni, con una velocità che ha raggiunto i 60 km orari, molti per un’area solitamente quasi priva di vento.
Le formazioni appena individuate raffigurano un serpente lungo 60 metri e largo 4 metri, un uccello, un animale, che potrebbe essere un lama, e alcune linee a zig-zag.
Le immagini si trovano su due colline situate ai margini sinistro e destro della Valle di El Ingenio, vicini a San Jose e Pampas di Jumana, dove si concentrano altri geoglifi già noti. La scoperta fu importante non tanto per i disegni in sé, quanto piuttosto perché dimostrava che, nonostante l’apparente e costante tranquillità del clima in quell’area (che spesso è paragonata da questo punto di vista ad alcune aree del pianeta Marte) nel corso del tempo, si parla di migliaia di anni, alcuni eventi eccezionali possono aver cancellato o nascosto altri disegni nel terreno.
La conferma si ebbe appena pochi mesi dopo, quando con l'aiuto dei droni nell'ambito dell'iniziativa GlobalXplorer e finanziato dalla fondazione National Geographic, e partendo dall’analisi d’immagini satellitari, furono scoperti altri 50 geoglifi anche in un’area inesplorata del deserto di Nazca, questa volta tra le città di Nazca e di Palpa. Anche in questo caso, si trattava di geoglifi rimasti sepolti da un sottile strato di sabbia, spazzato via da venti poco più forti di quelli che solitamente sono presenti in quel luogo. I nuovi disegni scoperti, ritraggono prevalentemente profili stilizzati di animali e linee geometriche, raffigurano anche esseri umanoidi. Per uno degli autori della scoperta, Johny Isla, archeologo del ministero della Cultura del Perù, "Alcuni disegni sono precedenti alla cultura Nazca e questo indica che la tradizione delle linee nel deserto è vecchia di migliaia di anni. La scoperta - ha aggiunto - apre la strada a nuove ipotesi sulla loro funzione e significato".
Si comprese dunque, che i geoglifi potrebbero essere ancor più di quelli che erano stati fin allora trovati. Nonostante gli scarsi venti e il clima secco, nel corso del tempo molti disegni potevano essere stati semplicemente nascosti. Non trovarli avrebbe potuto metterne in pericolo la stessa esistenza. L'espansione delle aree urbane ha causato danni alle linee, attirando l'attenzione sulla protezione delle linee Nasca come questione sociale. Geoglifi come l’Alligatore (quasi del tutto cancellato dall'incuria) e la Lucertola (questa figura ha subito gravi danni, essendo stata tagliata in due dai lavori dell'autostrada Panamericana), solo per citarne alcuni, sono già stati seriamente compromessi e ne rimangono solamente poche tracce.
Scoprirle e mapparle tutte il prima possibile è dunque necessario per proteggere questo sito e per avere più informazioni possibili per comprendere il significato delle linee nella cultura delle antiche popolazioni precolombiane di quest’area.
Dal 2017 un team di ricerca giapponese, ha messo in campo addirittura l’intelligenza Artificiale (IA), nella ricerca di nuovi geoglifi. Masato Sakai (antropologo culturale a capo del progetto e che lavora dell'Università di Yamagata, in Giappone) ha passato anni a dare la caccia ai geoglifi durante le sue spedizioni in sito, scandagliando anche, nel frattempo, immagini ad alta risoluzione delle Linee di Nazca fatte dallo spazio. Nel 2019, i dettagli sulle nuove 143 linee di Nazca scoperte durante questa ricerca, sono stati pubblicati su un documento diffuso alla stampa e messo on-line sul sito web dall'Università di Yamagata.
Grazie a una serie di tecniche avanzate, un gruppo di scienziati ha rinvenuto ben 143 nuovi geoglifi finora sconosciuti. Uno di questi, che sembra ritrarre una figura umanoide, è stato identificato solo grazie ad un modello di IA.
I nuovi geoglifi scoperti ritraggono esseri viventi e oggetti di tutti i tipi: persone, uccelli, scimmie, pesci, rettili e una varietà di corpi astratti.
Nello studio dell’Università di Yamagata, i ricercatori hanno classificato i nuovi geoglifi ritrovati in due categorie A e B, in base alla dimensione. Quelle di tipo A sono generalmente di grandi dimensioni e tutte le figure che si estendono per più di 50 metri (la più grande tra quelle di nuova identificazione supera i 100 metri). Quelle di tipo B sono sempre inferiori a 50 metri, tra cui la più piccola di appena 5. Il team nipponico ha poi rilevato come i geoglifi più grandi, chiamati di Tipo A, tendessero a rappresentare animali. Per gli studiosi le rappresentazioni dovevano essere enormi per renderle ben visibili alle divinità in cielo.
Le nuove figure di questo tipo appena scoperte, sono state datate come risalenti alle fasi più tardive della civiltà Nazca, tra il 100 e il 300 d.C. Secondo i ricercatori giapponesi, le figure di tipo A, in cui sovente sono stati rinvenuti cocci di vaso, sarebbero stati teatro di cerimonie rituali.
I geoglifi più piccoli invece, chiamati di Tipo B, risalirebbero a qualche secolo più vecchi dei primi, e sarebbero stati creati tra il 100 a.C. e il 100 d.C. Il team di Sakai ritiene che le figure di Tipo B, spesso collocate su chine e sentieri, potessero avere la funzione di punti di riferimento che aiutavano le persone a orientarsi. Sarebbero stati utilizzati come “indicazioni stradali”, per indirizzare i pellegrini verso le figure più grandi, attorno alle quali s’ipotizza che le persone si radunassero per tenere cerimonie religiose.
Di quest’ultimo tipo (B) fa parte la figura umanoide scoperta con l’aiuto di un sistema di IA, addestrata attraverso un metodo di deep learning di IBM il Watson Machine Learning Community Edition.
Il team di Sakai ha lavorato con il Thomas J. Watson Research Center di IBM, negli Stati Uniti, per allenare l'intelligenza artificiale a setacciare le immagini satellitari della regione e segnalare i siti papabili dove potevano nascondersi nuovi geoglifi. La piattaforma ha individuato un potenziale geoglifo (che poi si è rivelato essere tale) in un'area a ovest delle Linee di Nazca. Il team dell’università di Yamagata ha potuto così, trovare il glifo umanoide, che misura solo cinque metri di lunghezza. Questa figura è relativamente piccola, si estende per circa 5 metri di diametro e raffigura una figura umanoide in piedi.
Si pensa che sia stato creato durante il primo periodo della civiltà Nasca, poiché è un geoglifo di tipo B. Anche questa figura appena scoperta è situata vicino a un sentiero, indicando che probabilmente era usata come una specie di punto di osservazione. È la prima volta nella storia che una IA ha saputo indicare con esattezza la posizione di un geoglifo nella regione di Nazca, ma i ricercatori vogliono continuare a usarla per trovare, mappare e categorizzare nuove figure.
I ricercatori stanno ancora conducendo ricerche sul campo in diversi siti, comprese le aree non ancora esaminate utilizzando AI. Si ritiene possibile che alcuni geoglifi si trovino in aree esterne a quelle considerate nell'ipotesi iniziale. Tuttavia, le immagini 3D ad alta risoluzione raccolte con i nuovi satelliti e con i droni, si sommano a un'immensa quantità di dati già esistente e ci vorrebbe molto tempo per un essere umano, per identificare i geoglifi tra tutti questi dati.
Per espandere il progetto, la Yamagata University utilizzerà IBM PAIRS per organizzare i dati prodotti nelle ricerche sul campo negli ultimi 10 anni e utilizzerà l'IA per aggregare, cercare e analizzare questi insiemi di dati complessi e di grandi dimensioni. Al contempo, l'università giapponese implementerà l'intelligenza artificiale per svolgere indagini preliminari sulla distribuzione dei geoglifi, oltre a continuare a svolgere attività sul campo in loco. I risultati combinati delle due iniziative consentiranno all'università giapponese di produrre una mappa geografica di localizzazione dei geoglifi per l'intera pampa di Nazca. L'università cercherà poi di utilizzare questa mappa di localizzazione per proseguire gli sforzi per preservare le linee di Nazca, con la collaborazione del Ministero della Cultura in Perù.
Solo acquisendo una comprensione dettagliata di dove si trovano le figure e quando sono state utilizzate, i ricercatori potranno provare a fornire risposte alle tante domande che ancora circondano le linee di Nazca, nel tentativo di avvicinarci a comprendere la visione del mondo delle persone che hanno creato e usato questi geoglifi.
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Maggiori informazioni nel libro: Il lato oscuro di Marte - dal mito alla colonizzazione.
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