Speciazione: l’uomo come essere biomeccanico? Il transumanesimo come futuro dell’umanità?
(Questo articolo è stato pubblicato anche sulla rivista IL GIORNALE DEI MISTERI nel numero 562 di Luglio/Agosto 2022)
L’essere umano domina (almeno apparentemente) da millenni il pianeta Terra. Se all’inizio della sua ascesa ne ha subito il clima, la morfologia e i fenomeni atmosferici, adattandosi, con il passare del tempo questo rapporto si e invertito. L’uomo ha quindi iniziato a modificare ciò che non gradiva o non gli era utile dell’ambiente in cui viveva, per adattarlo alle sue esigenze. Ne ha quindi sfruttato le risorse in modo sempre più massiccio, invasivo e distruttivo, e ne ha modificato l’aspetto e il clima, più di quanto abbia fatto ogni altro essere vivente, almeno negli ultimi centomila anni, in nome di quella visione antropocentrica che si è diffusa anche a causa delle principali religioni monoteistiche.
Nel corso degli ultimi decenni però, una volta “conquistato” e “piegato” l’intero pianeta alle sue esigenze, l’uomo si è spinto oltre. È passato dal semplice ma presuntuoso pensiero di considerarsi l’essere vivente più importante e dominante del pianeta, a quello di non considerarsi quasi più un essere “vivente convenzionale”, ma un qualcosa quasi di superiore, di artificiale, quasi un essere biomeccanico.
I progressi scientifici intervenuti soprattutto negli ultimi trent’anni, come l’avvento e la diffusione dei computer, sempre più piccoli e potenti, la creazione di nuovi nanomateriali e gli enormi passi in avanti che si sono avuti anche in campo biomedico, hanno fatto il resto, portando l’umanità (o buona parte di essa) a distaccarsi sempre più dalla sua natura, fino a perdere quasi completamente, quel legame, quel pensiero che fa guardare all’uomo come un semplice essere vivente, parte non essenziale di un ecosistema complesso più grande.
Questo cambio di paradigma, questa visione egocentrica e sovradimensionata di sé, la si può ormai percepire ovunque, nella vita e nella quotidianità di tutti i giorni, nelle nostre città, sui posti di lavoro, nei luoghi di aggregazione. È tangibile ed evidente nel deterioramento e nella decadenza culturale (intesa in senso antropologico) della società e nella maggioranza di chi ne fa parte.
L’ormai diffuso e onnipresente relativismo, hanno portato l’uomo a muoversi sempre e solo in ragione dei propri fini utilitaristici, per raggiungere i quali ogni cosa può essere messa in discussione, può essere disconosciuta e poi di nuovo riconosciuta, a seconda dei momenti e della convenienza. L’IO viene prima e sopra a tutto. I valori e i diritti umani non sono più considerati qualcosa di assoluto, e quindi un punto di riferimento nella guida delle azioni quotidiane, ma un qualcosa di modificabile, di relativo (da qui il concetto di relativismo). Ciò che guida oggi gran parte dell’agire dell’uomo è il fine, e non importa più quali siano i mezzi (o le azioni) necessarie a raggiungerlo, perché ogni azione e mezzo saranno considerati legittimi per il raggiungimento di una determinata finalità, anche il disconoscimento di “valori”, veri o presunti, riconosciuti fino a poco prima, soprattutto se il fine da raggiungere sarà ben presentato all’opinione pubblica.
Tale ormai diffuso atteggiamento, modo di agire e pensare, quello “dell’utile a me e ora”, ha generato e/o sta generando, quello che, mutuando un concetto dalla teoria evoluzionistica, in biologia è chiamata “speciazione”.
La speciazione è un processo evolutivo in seguito al quale si originano nuove specie da quelle preesistenti. Se in ambito scientifico questo concetto (oggi colonna portante del neodarwinismo) chiama in causa i due motori dell’evoluzione, cioè la selezione naturale e/o la deriva genetica, in questo caso, il mio vuole essere semplicemente un richiamo alla nascita di due distinte specie, dal punto di vista antropologico e culturale.
In particolare, per continuare la similitudine con gli aspetti biologici, siamo in presenza di quella che è definita “speciazione simpatrica”, che avviene quando due popolazioni non isolate geograficamente si evolvono in specie distinte grazie alla presenza di polimorfismo nel tempo. In questo caso la selezione naturale gioca un ruolo cruciale nella divergenza delle popolazioni, e il tempo rivelerà l’esistenza di questo processo.
Mentre infatti una parte del genere umano rimane, intellettualmente ed emotivamente, coesa o affine alla sua natura biologica, un’altra se ne è ormai distaccata, cominciando a considerare l’uomo come fosse un robot biologico, sul cui corpo va fatta una buona e ordinaria manutenzione “programmata e preordinata”, che può essere cambiato a piacimento, anche nella sua natura di genere maschile o femminile, che va riparato quando qualcosa in esso, nei suoi “ingranaggi”, non funzione, funziona male o peggio, o quando qualcuno ritiene potrebbe, in futuro, funzionare male, che va mantenuto funzionante il più possibile finché è considerato utile, per poi essere riposto o gettato via quando diventa o viene considerato socialmente inutile o obsoleto.
Così facendo, questa parte di genere umano, ha perso una (o forse la) parte fondamentale e caratteristica della sua specie: la sua umanità, che lega la sua esistenza in primis alla pacifica sopravvivenza. Ecco che quindi, oggi ci troviamo di fronte ad un processo del tutto simile a quello evoluzionistico di “speciazione simpatrica”, processo di cui ci accorgeremo e prenderemo atto soltanto tra qualche anno, quando la distinzione tra “esseri umani” (o esseri umani tradizionali) e gli “esseri disumani” (o “post-umani”) risulterà ancor più marcata dall’accettazione, da parte di questi ultimi, della loro trasformazione anche esteriore, materiale e corporea, in macchine biotecnologiche. Solo questi infatti, accetteranno di far parte di quello che è comunemente oggi chiamato transumanesimo, l’unione tra uomo e macchina al fine di “potenziare” le capacità fisiche e intellettive dell’uomo, e che consentirà anche di controllare pensieri e emozioni di ogni singolo individuo.
A chi oggi si chiede se il transumanesimo sarà l’evoluzione dell’umanità, si può serenamente rispondere con un deciso NO! Gli esseri umani rimarranno tali e sapranno moderare l’utilizzo delle tecnologie alle proprie esigenze. Solo i nuovi “post-umani”, o meglio “gli esseri disumani” accetteranno di diventare “transumani” unendosi fisicamente alle macchine e sentenziando definitivamente il distacco dalla loro specie originaria, originandone una completamente diversa.
Tale visione non vuole essere ovviamente un rifiuto, un rigetto o un disconoscimento dell’utilità della tecnologia e degli avanzamenti tecnologici da parte di chi scrive, ma uno stimolo, per chi legge, a riflettere sul fatto che non sempre ciò che chiamiamo “progresso scientifico” (nel qual caso mi riferisco a quello tecnologico, medico, e biotecnologico) può essere sempre considerato tale, cioè un avanzamento finalizzato al miglioramento della condizione umana. Altro spunto di riflessione è che sovente si utilizza, in ogni dove, in modo superficiale un linguaggio che può essere fuorviante nella mente di chi legge o ascolta, considerando nel caso specifico “progresso” anche ciò che non lo è.
Se da un lato gli avanzamenti nel settore scientifico, medico e biotecnologico, in particolare, devono esser sempre visti come un qualcosa di positivo in ragione della possibilità di curare disturbi o malattie, menomazioni fisiche o cognitive, dall’altro l’ormai diffusa e conclamata perdita di umanità tra molti membri di qualunque settore della vita e dell’attività economica, scientifica e sociale, fa sì che sia sempre bene riflettere e guardarsi dall’applicazione diffusa e incondizionata (a maggior ragione se imposta) di qualunque “nuova tecnologia” o conoscenza scientifica.
Sono trascorsi ormai quasi cinque anni dalla pubblicazione del primo articolo scientifico, apparso nel mese di dicembre 2017 sulla rivista Cell Reports in cui i ricercatori dell’Università di Yokohama e quella statunitense di Cincinnati, coordinati dal giapponese Takanori Takebe, annunciavano al mondo l’ormai prossima realizzazione di fabbriche capaci di creare organi in serie, in modo da ridurre i tempi di attesa in caso di trapianto. In quel caso i ricercatori erano riusciti a “coltivare” e far crescere tessuti di fegato.
La strada a questo tipo di ricerca era stata aperta nell’aprile del 2007, quando fu creata la prima cornea artificiale. Da quel momento lo sviluppo di mini-organi in provetta aveva preso il volo. In dieci anni, grazie alle cellule staminali, i ricercatori di tutto il mondo sono riusciti a ricostruire la versione in miniatura di occhi e denti (nel 2011), fegato (nel 2013 e nel 2017), esofago (nel 2014), di pelle, cuore, utero, placenta e reni (nel 2015), tessuti dell’occhio, stomaco e minicervelli (nel 2016), polmoni (nel 2018) e molti altri organi e tessuti. Nel 2020 le cellule umane anziane sono state ringiovanite in laboratorio con l’obiettivo di prolungarne la vita. Nel 2016 si era addirittura andati oltre, fecondando in vitro un ovulo e facendo crescere un embrione umano in provetta per 15 giorni (esperimento fu interrotto soltanto per motivi etici, ma che è stato replicato e proseguito senza remore in Cina), quasi la vita o l’essere umano, fosse assimilabile a un qualunque altro prodotto, da creare e replicare secondo le esigenze. Tuttavia è solo dal 2017 che si è cominciato a parlare apertamente di “fabbriche di organi umani”.
Se la ricerca scientifica con la creazione in vitro di cellule, tessuti e organi umani con finalità di studio e trapianto, l’invenzione e la realizzazione di macchinari diagnostici e terapeutici, la realizzazione di cure per malattie gravi e/o degenerative ad esempio, mirano al miglioramento della condizione umana senza snaturarla, l’applicazione delle stesse tecnologie che mira però al potenziamento delle facoltà percettive e/o fisiche, al controllo del corpo e delle emozioni (ne ho parlato diffusamente in diversi articoli apparsi su questa rivista – e su questo sito ndr - negli ultimi tre anni), al prolungamento indeterminato dell’esistenza stessa, cioè l’immortalità, pregiudicano la natura stessa della nostra specie, l’essenza fallibile e la limitatezza legati alla natura mortale del nostro essere.
La perfezione e l’immortalità umana, oltre ad essere concetti puramente utopici e obiettivi, frutto di chi ha sviluppato un super-ego meritevole di approfondita analisi psichiatrica, rendono la vita e l’essere umano privi di valore.
Una cosa infinità e illimitata, finisce sempre per essere considerata inutile, soprattutto se questa caratteristica diviene comune. Sono la limitatezza delle nostre capacità, sia singole sia come specie, unita alla nostra mortalità che danno valore alla vita e la rendono degna di essere vissuta a pieno almeno per ciascun essere umano che sia anche un minimo consapevole di ciò.
L’applicazione della tecnologia può certamente rendere più facile la vita, ma quando la tecnologia prende il sopravvento diventando capace di snaturare la vita stessa, potenziando e controllando il corpo e le emozioni, siamo chiaramente di fronte a qualcosa che nulla ha più a che fare con la natura e con l’essere umano.
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Fonti:
- Helena Curtis, Invito alla biologia, Bologna, Zanichelli, 2009
- Specie e processo di speciazione (https://web.archive.org/web/20070304095045/https://www.esa-net.it/pbs/la_specie.html)
- Speciazione ed estinzione (Università degli Studi del Salento) https://web.archive.org/web/20041229052138/https://www.biologia.unile.it/docs/docenti/belmonte/zoogeografia/BSPECIAZ.pdf
- Il lato oscuro della luna- Stefano Nasetti – ed.2015
- Fact Checking. La realtà dei fatti la forza delle idee - Stefano Nasetti – ed. 2021
- Pierre Theilard de Chardin, in The Future of Man, Image Books, 1949,
- Julian Huxley “In new bottle for new wine”, Chatto & Windus, 1957
- Massive and Reproducible Production of Liver Buds Entirely from Human Pluripotent Stem Cells. Cell Rep. 2017 Dec 5;21(10):2661-2670. doi: 10.1016/j.celrep.2017.11.005. PMID: 29212014. Takebe T e altri https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29212014/
- Primo occhio in provetta da staminali embrionali ANSA 12/4/2011 https://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/biotech/2011/04/12/visualizza_new.html_903184011.html
- Coltivato il primo dente in provetta – ANSA 11/7/2011 https://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/biotech/2011/07/12/visualizza_new.html_786877812.html
- Mini-stomaci capaci di produrre insulina – ANSA 22/2/2016 https://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/biotech/2016/02/22/mini-stomaci-capaci-di-produrre-insulina_614a6f75-5e18-48a3-8484-e77082dc30bc.html
- Dalle staminali costruito l'avatar di un polmone – ansa 18/9/2016 https://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/biotech/2016/09/18/dalle-staminali-costruito-lavatar-di-un-polmone_a21b183b-4966-45f7-8058-8f9c765c5ec9.html
- Ricostruiti in provetta i tessuti dell'occhio ansa 310/3/2016 https://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/biotech/2016/03/10/ricostruiti-in-provetta-i-tessuti-dellocchio-_09b33d27-0aa9-431c-9822-911865fb9274.html
- Cervelli in provetta pronti a diventare laboratori viventi - ANSA 21/12/2016 https://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/biotech/2016/12/21/cervelli-in-provetta-pronti-a-diventare-laboratori-viventi_e386ec2a-ea1c-4c67-a3e5-37f84b9cbecd.html
- Embrione umano sviluppato in provetta per 13 giorni - ANSA 4/5/2016 https://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/biotech/2016/05/04/primo-embrione-umano-sviluppato-in-provetta-per-13-giorni_476aead3-4ce6-4d32-8b74-a56804420397.html
- Mini-cervelli sintetici svelano come nasce il senso del ritmo - ANSA 22/2/2017 https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2017/02/22/mini-cervelli-sintetici-svelano-come-nasce-senso-del-ritmo-_b86f2e08-82e3-45d3-9a2a-69fcab1c0c98.html
- La prima stampante 3D per pelle umana – ANSA 24/1/2017 https://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/biotech/2017/01/24/la-prima-stampante-3d-per-pelle-umana_174be4b1-0a6a-42c5-9716-2d84452cfb8a.html
- Cellule umane ringiovanite di anni in laboratorio - ANSA 25/3/2020 https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2020/03/25/cellule-umane-ringiovanite-di-anni-in-laboratorio-_841000c8-96c7-4bc8-9579-6f71231ef4cc.html