Breve storia della lunga corsa al portale della realtà virtuale

Con l’invenzione del cinema alla fine del XIX secolo, l’uomo ha cominciato attraverso i film, non solo a vedere e a conoscere gli usi e le altre culture del pianeta, ma anche a rendere ancora più tangibili i propri sogni, la propria immaginazione. Si potrebbe dire che con il cinema si è creata una nuova dimensione della vita, una dimensione intermedia tra quella concreta e tangibile della realtà e quella intangibile dei sogni e dei pensieri, fino ad allora confinati nella mente di ciascun individuo. Il cinema ha creato la prima realtà virtuale.

Inizialmente era tutto proiettato su uno schermo distante una decina di metri dagli occhi e dalla mente degli spettatori, una realtà virtuale che, sebbene in quel momento apparentemente più vicina, era ancora poco tangibile e solamente osservabile.

Con il passare dei decenni la distanza tra occhi e mente umana e schermo, in cui si concretizza la realtà virtuale, ha continuato a ridursi

Quasi fosse un portale magico, lo schermo ha cominciato la sua azione di attrazione di occhi e mente.

Con l’invenzione della televisione attorno agli anni ’30 del secolo scorso, lo spettatore a cominciato a vedersi sempre più immerso in questa proiezione virtuale. I televisori, che nei decenni successivi hanno fatto il loro ingresso in pianta stabile nelle case di miliardi di persone, hanno ridotto ormai a pochi metri la distanza tra l’osservatore e lo schermo.

Con l’invenzione dei personal computer e di internet tra gli anni ’80 e ‘90, il virtuale è diventato non solo più vicino in termini fisici (la distanza tra osservatore e schermo si è ridotta ormai a meno di un metro), ma è divenuta ancora più coinvolgente, in quanto è sorta la possibilità di interagire con ciò che si stava vedendo.

Chat e video game, hanno dato modo alle persone di interagire con il virtuale in modo sostanziale, immergendosi ancor di più in una realtà virtuale che ha consentito alle persone di provare emozioni ancor più forti di quelle trasmesse dalla semplice visione passiva proposta precedentemente, da cinema e TV.

I successivi due decenni hanno visto la nascita dei social network e degli smatphone. I primi hanno dato modo alle persone di crearsi vite virtuali totalmente differenti da quelle reali, sia in termini d’immagine verso gli altri, sia in termini di capacità d’interazione con l’esterno. I secondi hanno accorciato ulteriormente la distanza tra occhi e mente delle persone e schermo quale rappresentazione e mezzo di concretizzazione della realtà virtuale.

Le conseguenze di questo processo d’immersione in un mondo virtuale e di distacco dalla concreata realtà della vita quotidiana sono abbastanza intuibili ed evidenti.

Oggi molte persone vivono costantemente con lo sguardo su schermi di pc, smartphone e televisori, non curanti di tutto ciò che nel frattempo accade attorno a loro.

Eppure basterebbe talvolta alzare semplicemente gli occhi al cielo, ormai di un azzurro sempre più pallido e sempre più pieno di anomale nubi rettilinee che s’intersecano, per capire che qualcosa non va, che la realtà virtuale ha assorbito e continua ad assorbire troppo tempo della vita reale delle persone.

Intanto il mondo cambia senza che nessuno, o quasi, dica nulla.

Questa full immersion virtuale è continuamente incentivata e promossa in tutti i settori della vita reale. Allora dovrebbe sorgere spontanea una domanda: a chi giova tutto questo?

Forse sarebbe opportuno provare a vivere di più guardandosi attorno nel quotidiano, staccando gli occhi da tv, pc e smartphone per capire quantomeno com’è cambiato e come sta cambiando il mondo, nel frattempo che eravamo immersi nel virtuale.

Forse ci accorgeremmo che più di un qualcosa non va! Forse potremmo utilizzare i social non per vivere una vita virtuale ed effimera, ma per confrontarci con gli altri e decidere se possiamo fare qualcosa per migliorare questo nostro mondo!

Ma questo è un rischio che qualcuno, a cui fa comodo che le persone vivano in un mondo virtuale, non vuole correre.

Ecco allora che il processo di avvicinamento degli occhi e della mente delle persone allo schermo, continua, per evitare in qualunque modo che le persone possano fisicamente guardarsi attorno ed uscire dal mondo virtuale.

Dopo il sostanziale fallimento dei Google Glass, che promettevano di portare il virtuale a pochi centimetri dai nostri occhi, sono arrivati sul mercato i Samsun Gear, “occhiali in stile maschera da sub” in cui al posto del vetro è necessario inserire uno smarphone, in modo da vivere una realtà virtuale in 3 dimensioni sempre più realistica.

   

Un vero e proprio paraocchi per evitare che qualcuno si “distragga” dal virtuale e comincia a curiosare in giro per il mondo reale e magari a denunciare ed a protestare per ciò che di disastroso sta accadendo!!

Ma se qualcuno dovesse pensare che questo sia l’ultimo passo dell’avvicinamento tra occhio e mente umana e lo schermo quale portale d’accesso della realtà virtuale, si sbaglia di grosso! Del resto può sempre venire voglia di togliersi questi pesanti e ingombranti occhiali 3D.

Ed allora stanno arrivando le super-lenti a contatto che funzionano come un display, che permetteranno di visualizzare dati, e che saranno in grado di misurare parametri vitali e a trasmetterli senza interferire con la vista. È possibile realizzarle grazie a un nanomateriale elastico (descritto sul numero di Febbraio 2016 della rivista Acs Nano, materiale ottenuto in Australia, dall’Istituto di tecnologia di Melbourne e università di Adelaide), fatto di cristalli 500 volte più sottili di un capello, che riesce a manipolare la luce.

   

Controllando quindi queste deformazioni sarà possibile a breve creare lenti “dinamiche” e addirittura veri e propri schermi trasparenti dove proiettare informazioni, una sorta di occhiali per la realtà aumentata (indovinate un po’ chi si è subito interessato a questa tecnologia e chi sta sviluppando queste super lenti display? Scoprilo qui).

Ormai il portale d’accesso alla realtà virtuale è non più davanti ai nostri occhi ma addirittura a contatto!  Questa volta siamo giunti veramente alla fine della corsa, dunque? Ancora una volta la risposta è no!

Quale potrebbe essere allora il prossimo ultimo e definitivo passo?

La risposta potete forse trovarla tra le ricerche scientifiche che si stanno compiendo in varie parti del mondo, ricerche alcune delle quali, quelle effettuate da Moran Cerf, (neuroscenziato presso la Kellogg School of Management e la Northwestern University), quelle dei ricercatori dell’Università Vanderbilt di Nashville (pubblicate sul su Journal of Neuroscience nel Febbraio 2015) e quelle condotte in Francia con il coordinamento di Karim Benchenane dal Consiglio nazionale delle ricerche (pubblicate nel Marzo 2015 sulla rivista Nature Neuroscience) che ho già citato nel mio libro ed altre, quelle effettuate ad opera del gruppo di Yang Dan, dell'università della California a Berkeley e dai ricercatori degli HRL Laboratories, con sede in California, che invece ho citato in questi due post precedenti (Post 1, Post 2).

Se vi piace questo mondo sempre più virtuale, allora togliete occhiali e super lenti a contatto, gettate via televisori, tablet e smatphone, mettetevi comodi e attaccate la spina direttamente al cervello! Tra breve gli occhi non vi serviranno più!!!!

     

Stefano Nasetti

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