L’importanza del pensiero incosciente (o subconscio)

Nell’articolo precedente ho evidenziato quale sia, secondo la scienza neurologica, il confine tra coscienza ed incoscienza. Abbiamo visto come tutto dipenda dal numero e dalla diversificazione di connessioni neurali attive in un dato momento. La scienza neurologica ha dunque determinato in modo oggettivo, quale sia il limite che separa il pensiero cosciente da quello incosciente.

Sempre nel medesimo articolo, ho evidenziato l’importanza del pensiero cosciente e la necessità di stimolare lo stesso attraverso, ad esempio, l’interessamento alla comprensione di ciò che accade attorno a noi, abbandonando se necessario, le idee preconcette e le soluzioni preconfezionate fornite dalla società e dai mass media.

I nuovi stimoli fanno nascere nel cervello, nuovi collegamenti tra neuroni (sinapsi) che servono a loro volta, da preludio alla formazione di nuovi percorsi neurali. Con l’andare del tempo, l’attività celebrale viene dunque amplificata, riuscendo a far sì che i pensieri consci, che come detto, sono fisicamente costituiti da energia giacché prodotti dall’attività elettrica del cervello, possono andare sempre più ad interagire con il mondo esterno. Infatti, abbiamo visto come il campo magnetico generato dall’attività celebrale, si estenda oltre i limiti fisici del cranio, potendo interagire con le altre onde elettromagnetiche presenti all’esterno.

Ho anche evidenziato come nella teoria delle stringhe della fisica quantistica, ogni cosa è costituita al suo interno da piccoli anelli di energia vibrante. Perciò, secondo la scienza, il pensiero, poiché energia, può interagire sulla materia anch’essa composta al suo interno, come unità più piccola e fondamentale, da anelli di energia vibrante.

La scienza, intesa non come comunità scientifica, ma come risultati delle citate ricerche, afferma dunque, anche se indirettamente, che un pensiero cosciente, giacché manifestazione attiva, può influenzare la realtà esterna, ma fino a che punto?

Sono certamente necessari approfondimenti specifici sul tema, ma prima è necessario approfondire da un punto di vista scientifico, anche l’importanza dei pensieri elaborati dal cervello durante la fase d’incoscienza. Anch’essi, infatti, sebbene prodotti di un’attività involontaria e automatica e dunque “passiva”, hanno le medesime caratteristiche di quelli elaborati in stato di coscienza sebbene con meno forza.

Anche i pensieri elaborati nello stato d’incoscienza (durante il sonno ad esempio) possono interagire con le altre onde elettromagnetiche esterne ma, poiché frutto di attività passiva, probabilmente ne subiscono più l’influenza piuttosto che generarne.

Nel corso degli ultimi anni, sono stati compiuti moltissimi studi sul cervello. La maggioranza di quelli che hanno riguardato l’applicazione di tecnologie atte a interferire sulla normale attività celebrale hanno, non a caso, riguardato la mente nello stato d’incoscienza. (rimando a tal proposito a quanto detto in merito a questi esperimenti nei precedenti post - Post 1, Post 2)

È evidente quindi, che dal punto di vista della scienza neurologica, il pensiero sia più facilmente condizionabile durante la fase dell’incoscienza, proprio perché i percorsi neurali interessati sono minori e più “ripetitivi”, come evidenziato nel precedente articolo, a seguito della minore attività celebrale di gestione degli stimoli esterni provenienti dai nostri 5 sensi. Nella fase dell’incoscienza, mentre il cervello compie delle automatiche operazioni di “pulizia, riordino e archiviazione”, l’attività celebrale è considerata più “gestibile” dal punto di vista tecnologico. Sembra quasi che in questa fase il cervello si predisponga alla programmazione!

La scienza riconosce dunque una grande importanza ai pensieri e all’attiva neurale prodotta dal cervello nella fase d’incoscienza, fino al punto addirittura di giungere ad affermare che è proprio quest’attività, e non quella della mente in stato di coscienza, a determinare l’identità di ciascuna persona.

L’ultima affermazione in merito in ordine di tempo, è venuta ad esempio, dal neurochirurgo italiano Giuliano Maira, durante il convegno dal titolo “Sonno e sogni: il cervello dopo mezzanotte” tenutosi all’Auditorium del Maxxi di Roma lo scorso 16 giugno (2016) organizzato dalla Fondazione Atena Onlus. In particolare il neurochirurgo ha affermato: “Il sogno è un aspetto importante della vita, non una perdita di tempo. Il meccanismo del sogno serve a rafforzare i ricordi, durante il sonno passiamo attraverso diverse fasi. Nella prima, il cervello riorganizza e seleziona le esperienze importanti della giornata, fa un riordino cancellando tutto quello che è inutile. Poi improvvisamente si raggiunge un quadro identico a quello del cervello sveglio, la cosiddetta fase Rem. Qui abbiamo un sogno più complesso, qui colleghiamo informazioni, mettiamo assieme quello che ci è successo di recente con le memorie del nostro cervello, e questo senza le regole da svegli, perché il cervello non memorizza i fatti come una pellicola cinematografica ma per categorie, quando le tira fuori non segue le sequenze temporali normali. In questa fase il cervello paragona i fatti, cerca di dare un senso alle esperienze vissute e in definitiva costruisce la nostra identità, noi siamo quello che siamo perché abbiamo dei ricordi, che sono in parte anche il frutto dei nostri sogni. ....... Quando dormiamo, eliminiamo le scorie del nostro cervello ……. Molte ricerche dicono che il pisolino del pomeriggio è importante perché aumenta sia la coordinazione motoria sia l'apprendimento, dormire bene e in modo corretto protegge il nostro cervello e lo fa invecchiare bene".

Il pensiero maturato in questa fase quindi, è una sorta di banca dati, sulla cui base è costruito il pensiero cosciente, che potremmo far coincidere con il concetto d’intuito. L’intuito che a volte, o spesso, sembra guidare le nostre scelte, nasce proprio dal subconscio e quindi dal pensiero maturato in fase d’incoscienza.

Riuscire ad avere il controllo o a manipolare in questa fase, l’attività neurale e il pensiero incosciente che ne scaturisce, significano riuscire a controllare l’identità, il comportamento e le scelte delle persone.

Uno studio apparso sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze (Pnas) nell’ottobre del 2015, effettuato dalle Università di Cambridge e Cardiff, ci può essere d’aiuto per comprendere bene l’importanza del pensiero maturato in questa fase e delle potenzialità legate al controllo di meccanismi legati alla sua formazione.

Lo studio riguardava il comportamento del cervello nei casi di allucinazioni. I ricercatori sono giunti alla conclusione che le allucinazioni nascono quando il cervello interpreta il mondo circostante basandosi più sulle conoscenze accumulate in passato che sulle informazioni visive percepite al momento. Lo studio dunque, oltre a dimostrare che le allucinazioni non sono necessariamente espressione di un cervello “guasto”, ha dimostrato come le allucinazioni nascano invece da uno squilibrio nell'ambito di una normale funzione del nostro cervello, che tenta di interpretare la realtà circostante.

Come già anticipato nel mio libro nella parte riguardante l’aspetto della percezione del mondo, uno degli autori della ricerca, lo psicologo all'università di Cardiff, Christoph Teufel ha affermato “È il nostro cervello a costruire il mondo così come lo vediamo riempiendo gli spazi bianchi, ignorando quello che sembra essere fuori posto, e finisce col presentarci un'immagine elaborata apposta per rispondere alle nostre aspettative”.

Un altro degli autori dello studio, lo psichiatra Paul Fletcher di Cambridge, ha aggiunto: “Avere un cervello capace di fare previsioni è utile per farci un'idea coerente del mondo, ma significa pure che non siamo poi così distanti dal percepire cose che in realtà non esistono, quello che noi definiamo appunto allucinazione. Negli ultimi anni abbiamo capito che queste percezioni alterate non riguardano solo persone con malattie mentali, ma sono relativamente comuni, in forme più lievi''.

Quest’ultima affermazione sebbene possa apparire di poco conto, è invece molto significativa se consideriamo che quindi, tutti viviamo in una sorta di allucinazione collettiva!

Ma questo non ricorda forse alcune tesi considerate dalla maggioranza delle persone fantascientifiche e/o solo roba da complottisti?

Il mondo è diverso da come appare ed è la scienza a dircelo!

La comune percezione della realtà è influenzata da molteplici fattori tra i quali sembra svolgere un ruolo principale, la parte del pensiero incosciente.  Oggi esistono già molte tecnologie in grado d’incidere pesantemente sul cervello e nel processo di formazione del pensiero, ma di questo parlerò nel prossimo articolo.

Stefano Nasetti

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