Verso il transumanesimo: l’uomo del futuro potrebbe avere un braccio in più?
Il transumanesimo ormai è iniziato! Se non ancora a livello di massa, certamente attraverso di campagne mediatiche atte a promuoverlo, e a suon di ricerche scientifiche che stanno, man mano, facendo uscire scenari che erano stati fini ad ora considerati dall’opinione pubblica, pura fantascienza.
Ed è così che i maggiori istituti di ricerca e tecnologia del mondo, attraverso finanziamenti pubblici e privati, stanno sviluppando tecnologie che consentiranno presto di “fondere” il corpo umano con le macchine. Si va dalla moltitudine d’innovazioni che imitano il corpo umano o ne sfruttano le emissioni (leggi l’articolo “Come in Matrix: l’uomo come una pila per alimentare le macchine”), a quelle che cercano di monitorarlo e controllarlo (leggi l’articolo “Nanorobot mutaforma viaggiano nel corpo umano”).
Oggi, arriva la notizia, attraverso gli studi condotti dall’italiano Silvestro Micera del Politecnico Federale di Losanna (Epfl) in Svizzera e professore di bioelettronica presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, presentati durante l’annuale incontro dell’Associazione Americana per l’Avanzamento delle scienze (Aaas) tenutosi in questi giorni (marzo 2023) negli Stati Uniti, che il gruppo di ricerca in questione, sta iniziando gli studi finalizzati alla possibilità di aumentare le capacità del corpo umano, non più “potenziandolo” l’amplificazione delle sue capacità (leggi l’articolo “Neuralink, il controllo della mente”, obiettivo dell’azienda di Elon Musk), ma “aggiungendo” addirittura arti o appendici “indossabili” alla bisogna, e controllabili con la mente.
La “nuova” idea trae spunto dagli studi dello stesso ricercatore che nel 2013 era riuscito, poco meno di dieci anni fa, a ridare il senso del tatto ad un uomo amputato, grazie ad una mano robotica. Questa tecnologia si basava sul fornire risposte sensoriali tramite elettrodi impiantati chirurgicamente nei principali nervi del braccio (ormai monco) del paziente. La ricerca era proseguita con l’intenzione di essere poi utilizzata per ripristinare altre funzioni motorie e sensoriali perdute, a seguito di malattie, incidenti, ictus che vedevano coinvolto il midollo spinale e alcune aree del cervello deputate alla coordinazione e al controllo dei movimenti degli arti.
Se quindi queste ricerche, come sempre accade, avevano il nobile obiettivo di “guarire” e/o restituire autonomia e dignità alle persone vittime di queste sventure, e dunque una “nuova vita” per così dire (sempre che potessero permetterselo economicamente, poiché anche già le semplici protesi “tradizionali” sono molto costose), ora le ricerche volgono ufficialmente il loro sguardo verso un’applicazione più commerciale: l’obiettivo dichiarato è quello di affrontare sfide sia tecniche sia cognitive sia possano portare alla possibilità di controllare un terzo (e forse anche un quarto) arto indossabile, grazie a elettrodi impiantati in precedenza nel sistema nervoso centrale d’individui sani.
Questo progetto apre (casualmente?) scenari fino ad ora non ancora proposti e pensati da nessuno (o forse obiettivo finale di qualcuno?), quello cioè di pensare al corpo umano addirittura come un “oggetto da implementare” non con supporti specifici da utilizzare ad un determinato scopo (vedi i vari chip sottocutanei già prodotti e che cominciano ormai a diffondersi, come avevo già anticipato già nel 2015 nel mio primo lavoro editoriale, in cui avevo parlato di quanto stava già avvenendo nell’istituto Epicenter di Stoccolma), ma di dotarlo, quasi fosse un apparecchio elettronico, un computer o un altro device, di una serie di “porte” o"prese", a cui collegare di volta in volta, supporti, strumenti o “potenziamenti”, quasi l’uomo fosse diventato un oggetto o il personaggio di un videogioco. Ci stiamo ormai avvicinando a grandi passi verso quella che è l’ultimo stadio della disumanizzazione in atto? L’uomo sta per essere considerato un semplice oggetto?
“La ricerca sul controllo a tre braccia potrebbe aiutarci a capire come si ottiene l'apprendimento nelle attività della vita quotidiana", ha dichiarato l’autore dello studio sopra citato, Silvestro Micera, che poi ha aggiunto “ma questi dispositivi potrebbero essere utilizzati anche nella logistica, ad esempio per facilitare compiti complicati”.
Le sfide non riguardano solo l’aspetto tecnologico, ma soprattutto quello cognitivo: se non è semplice imparare a utilizzare un braccio robotico in sostituzione di un arto perso, molto più complesso sarebbe, per un soggetto sano, riuscire a controllare un braccio in più. Tuttavia studi precedenti hanno dimostrato che il nostro cervello è estremamente versatile e capace, con adeguato esercizio e allenamento, di imparare a gestire “supporti” esterni.
Già nel novembre 2021 infatti, un esperimento condotto dai ricercatori dell’Imperial College di Londra, guidati dal neuroscienziato Aldo Faisal (nel 2016 eletto nel Global Future Council (GFC) del World Economic Forum, quando si dice il caso …), su 12 volontari (sei pianisti e sei persone inesperte dello strumento), aveva dimostrato che era stata sufficiente un’ora per imparare a suonare il pianoforte con 11 dita, ovvero usando anche un terzo pollice robotico legato accanto al mignolo della mano destra, controllabile tramite i movimenti del piede. Tutti i partecipanti erano riusciti ad apprendere l’utilizzo del dispositivo nel giro di un’ora, indipendentemente dalla loro esperienza musicale: a contare era stata soprattutto l’abilità di muovere e controllare il corpo, così come la destrezza e l’agilità.
Dopo l’esperimento con il pollice robotico, “Ora la domanda è se possiamo fare lo stesso con un intero braccio extra dotato di dita”, si chiese Faisal. “L’attuale interfaccia per il controllo del pollice è abbastanza semplice, ma ora stiamo cercando di controllarlo direttamente con i segnali del cervello, partendo dal midollo spinale o altre sorgenti”, aveva aggiunto.
Poco meno di 15 mesi dopo la strada tracciata dal neuroscienziato membro del GFC del WEF, siamo arrivati all’annuncio ufficiale che si sta davvero percorrendo questa strada. Ancora una volta, ciò che spesso vediamo nei film hollywoodiani e che troppo frettolosamente le persone derubricano a fantascienza, sta per diventare realtà. Tra qualche anno vedremo girare per le nostre città esseri simili al doctor Octopus, uno dei mutanti nemici dei film di Spiderman? Ciò che tutti dovrebbero imparare, soprattutto quando guardano film e serie Tv o leggono libri, è a distinguere la storia fantastica dalle anticipazioni della scienza e della tecnologia, spesso inserite volutamente dagli autori per preparare il pubblico a realtà distopiche o per denunciare i rischi derivanti dall’abuso di tali tecnologie o scoperte scientifiche. “La fantascienza non esiste! Ciò che oggi viene comunemente considerato fantascienza è, nella maggioranza dei casi, soltanto un'anticipazione di ciò che scopriremo o avremo a disposizione (dal punto di vista tecnologico) in futuro … Tuttavia se un qualcosa è teoricamente e scientificamente possibile, e non può quindi essere escluso, non dovrebbe ricadere sotto questa nomenclatura, ma dovrebbe essere tenuto nella giusta considerazione, in attesa di conferme” scrivevo nel mio libro su Marte del 2018 e, alla luce di ciò che abbiamo appena visto, anche questa volta sembra essere così. Sta a noi, com’è sempre stato e sempre sarà, vigilare affinché certe tecnologie non prendano piede o vengano limitate in certi ambiti e/o per specifici usi previsti dalla legge. Deve essere la volontà popolare, l’opinione pubblica a dettare le linee della scienza (attraverso la politica autenticamente rappresentativa della democrazia e non di certo quella di oggi, portatrice esclusivamente d’interessi di lobby di potere), e non la scienza gestita delle lobby di potere a imporre all’opinione pubblica, attraverso la propaganda mediatica e l’ipocrita buonista politica “democratica e progressista” del mondo neoliberista occidentale, modelli di un futuro distopico, fatto di oppressione e disumanità.
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