Coscienza ed incoscienza
Come scrisse duemila anni fa l’imperatore e filosofo Marco Aurelio: “L’universo è cambiamento, la nostra vita è quella che i nostri pensieri vanno creando”.
Quello che segue è il primo di una serie di articoli con cui vorrei cercare di fare il punto della situazione, riguardo le conoscenze odierne sul funzionamento del cervello e della mente umana più in generale, oltre che sulla capacità attuale di intervenire tecnologicamente per influire, manipolare o condizionare in modo diretto il pensiero.
Nel mio libro e in alcuni dei miei post precedenti, ho già in parte affrontato quest’argomento, evidenziando come negli ultimi anni, le conoscenze sul funzionamento del cervello e della mente umana hanno fatto passi da gigante. Ho citato (nel mio libro) tra gli altri, gli studi e le ricerche effettuate da Moran Cerf, (neuroscenziato presso la Kellogg School of Management e la Northwestern University), quelle dei ricercatori dell’Università Vanderbilt di Nashville (pubblicate sul su Journal of Neuroscience nel Febbraio 2015) e quelle condotte in Francia con il coordinamento di Karim Benchenane dal Consiglio nazionale delle ricerche (pubblicate nel Marzo 2015 sulla rivista Nature Neuroscience), e quelle effettuate ad opera del gruppo di Yang Dan, dell'università della California a Berkeley e dai ricercatori degli HRL Laboratories, con sede in California (che invece ho citato in questi due post precedenti (Post 1, Post 2)).
La fisica quantistica (la teoria delle stringhe in particolare) dimostra che tutto intorno a noi è energia. All’interno delle nostre cellule ci sono le molecole, all’interno delle molecole ci sono gli atomi, all’interno degli atomi le particelle subatomiche, all’interno di queste ci sono dei piccoli anelli di energia vibrante chiamate stringhe. A seconda della frequenza della vibrazione di queste stringhe, abbiamo atomi (e dunque materia) differenti. Ciò vale dunque per ogni cosa attorno a noi.
Secondo le teorie fisiche più consolidate, durante il big bang fu sprigionata una grande quantità di energia sotto forma di luce (troviamo sorprendentemente la medesima descrizione anche in molte religioni). In seguito le particelle di luce si trasformarono in materia, grazie all’azione di quella che è chiamata “la particella di Dio”, vale a dire il bosone di Higgs. Questa particella di cui tanto si è sentito parlare recentemente, è quella che conferisce massa all’energia, alla luce. La fisica moderna afferma dunque, che tutti siamo fatti della stessa energia, originata nello stesso momento e da uno stesso evento comune. Qui, a dimostrazione che siamo tutti interconnessi, si potrebbe ulteriormente introdurre il concetto di entanglement quantistico, ma in questa fase soprassiedo per evitare di mettere troppa carne al fuoco. Adogni modo, anche di tutti questi aspetti ho già parlato in modo diffuso nel libro.
Einstein diceva: “Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste. Sintonizzati alla frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere quella realtà. Non c’è altra via. Questa non è filosofia, questa è fisica”
In tutti questi studi è emersa l’evidenza scientifica che:
- Tutto è energia, ogni cosa, organismi animali, vegetali, ecc., è composta al suo interno di energia;
- I nostri pensieri sono energia, poiché generati dall’attività elettrica all’interno del nostro cervello;
- In quanto energia, i nostri pensieri, si espandono oltre i confini naturali del nostro cranio, perché campi elettrici non isolati;
- Siamo tutti interconnessi; i nostri pensieri interagiscono continuamente con gli altri campi elettrici presenti nell’ambiente circostante, quali ad esempio quelli generati dai pensieri e dal cervello delle altre persone, quello del campo geomagnetico terrestre o quello derivante da tutte le altre onde elettromagnetiche (segnali radio, tv, cellulari, Wi-Fi);
- Queste interazioni sono bidirezionali, cioè i nostri pensieri influiscono sugli altri campi magnetici e gli altri campi magnetici influiscono sulla nostra mente;
- Le interazioni, a differenza di quelle di cui sopra che spesso avvengono a livello inconscio, o meglio senza che ne siamo consapevoli e/o senza che qualcuno voglia specificatamente o deliberatamente condizionare i nostri pensieri, possono avvenire anche in modo mirato e specifico grazie all’uso di tecnologie adeguate, atte a stimolare o inibire determinati pensieri o, addirittura a inserire nella mente una serie d’informazioni sconosciute, proprio come in un download celebrale e telepatico;
Pur in presenza di evidenze scientifiche, questi studi erano considerati quasi pioneristici e dunque ancor oggi, la comunità scientifica più tradizionalista stenta, anche se in minima parte, a riconoscerne la piena validità e/o non ne comprende ancora bene la portata in termini d’impatto sulle nostre vite quotidiane.
Tuttavia le ricerche sono proseguite in tutto il mondo, fornendo negli ultimi mesi, altre prove oltre che sulla possibilità teorica di condizionare fisicamente la formazione dei pensieri, anche sulla capacità tecnologica già oggi a nostra disposizione, di poter influire in modo così tangibile sulla mente.
Sebbene si tratti di un argomento molto complesso ed interessante, è necessario puntualizzare che tutti gli esperimenti e le ricerche condotte fin ora sia su persone, sia su animali (solitamente topi), avevano una caratteristica comune, quella cioè che i soggetti sottoposti a questi studi erano in qualche modo consapevoli di essere oggetto di studio.
Anche se in alcuni casi gli esperimenti hanno riguardato i soggetti nel momento del sonno, essi erano comunque consapevoli del fatto che sarebbero stati sottoposti a qualche tipo di applicazione o stimolazione. Ciò ovviamente non inficia in alcun modo i risultati di tutti questi studi.
Ciò su cui invece voglio porre l’accento in quest’articolo è un altro aspetto, quello cioè che tutto è avvenuto comunque con un certo grado di coscienza e consapevolezza. Dunque la domanda è: tutto ciò può avvenire anche in uno stato di completa incoscienza e inconsapevolezza? E se fosse così, viviamo, come sostengono alcune teorie, realmente in una realtà virtuale? Il nostro universo, il nostro mondo è solo un ologramma, una proiezione dei nostri pensieri?
In parte ho già risposto nel mio libro a questa domanda, giungendo alla conclusione, che la realtà non è unica, ma soggettiva giacché frutto dell’elaborazione degli stimoli sensoriali (quindi stimoli di per se già condizionati e limitati) a cui si sommano altri aspetti di carattere culturale, sociale, religioso, ecc.. Ciò non significa che ognuno di noi vive in un mondo a se stante o che tutto ciò che ci circonda, persone, animali, cose ecc. non sia reale.
Il ragionamento partiva dal presupposto che il nostro pensiero maturi sempre in uno stato di piena coscienza. Ma come possiamo essere certi di trovarci in uno stato di coscienza? Qual è dal punto di vista neurologico e dunque scientifico, il confine tra lo stato di coscienza e quello d’incoscienza? Quale peso e valore hanno i pensieri maturati in uno stato d’incoscienza? Questi ultimi, possono essere manipolati?
In questo primo articolo cercherò di trovare risposte alle prime due domande, rimandando la ricerca di risposte alle domande riguardo al peso dei pensieri nello stato d’incoscienza ad un articolo successivo.
Nel numero di Gennaio 2016 della rivista Journal of the Royal Society Interface, è stato pubblicato un interessante studio condotto in Germania, dal ricercatore italiano Enzo Tagliazucchi, dell’Istituto di fisiologia medica di Kiel. Lo studio è riuscito ad individuare il confine tra coscienza e incoscienza, usando la tecnica della risonanza magnetica funzionale (fMri), alla quale sono state sottoposte 12 persone. I ricercatori hanno così creato le mappe dell’attività neurale di queste persone, durante una somministrazione graduale di un anestetico usato in chirurgia per indurre l'incoscienza.
Durante la fase di veglia o coscienza, i dati raccolti hanno mostrano una continua e cospicua attività celebrale, sempre in evoluzione a causa dei continui stimoli sensoriali, e alla loro conseguente elaborazione, raccolti dall’ambiente esterno in quello che è stato definito come una sorta di “flusso di coscienza”. Poco dopo la somministrazione del farmaco, il numero di connessioni delle reti neurali si sono ridotte sempre più, mostrando meno variabilità, come se il cervello fosse bloccato in dei “solchi”, in strade già battute. I processi neurologici sembravano ripetere sempre e solo gli stessi percorsi. L’attività riscontrata evidenziava dunque un sempre più limitato numero di connessioni.
Lo studio ha permesso di evidenziare come lo stato di coscienza ed incoscienza, dipenda dunque dall’attività di un numero minimo di connessioni neurali. I risultati suggeriscono che esista nel cervello un livello “ottimale” di connessioni, al di sotto del quale la persona è in stato d’incoscienza. Lo stato di coscienza può essere immaginato come il risultato dell'esplorazione del maggior numero possibile di percorsi neurali. Queste reti non devono però né essere troppo uniformi, né attive allo stesso modo ma piuttosto deve esserci una sorta di “caos controllato”.
Dunque oggi la scienza è in grado di “misurare” lo stato di coscienza o incoscienza su una base ben precisa e tangibile ed oggettiva. Tutto deriva dall’attività neurale e generà onde elettromagnetiche differenti a seconda lo stato in cui ci si trova.
Sappiamo inoltre che ad un’attività neurale maggiore, corrisponde una capacità di comprensione e di consapevolezza maggiore. E’ ovvio che non è soltanto una questione di attività neurale, ma anche di una conformazione specifica e morfologica del cervello stesso. Lo studio del cervello di Einstein di cui ho parlato sempre nel mio libro, ha dimostrato come lo scienziato avesse una fisiologia del cervello “particolare” in cui il numero di cellule gliali (queste cellule svolgono un compito essenziale nell’attività neurale) era notevolmente superiore alla media e con essa il numero dei collegamenti tra i neuroni (sinapsi).
Possiamo dunque dedurre che tutto si gioca su un sottile equilibrio. Lo stato di coscienza o d’incoscienza e la maggiore e minore coscienza dei propri pensieri (e dunque la maggiore o minore consapevolezza della realtà), dipende dal numero delle connessioni neurali e dal numero (inteso anche come tipologia o area in cui i neuroni sono collocati nel cervello) di neuroni coinvolti in tali connessioni.
Ora, considerati anche degli studi citati in precedenza relativi all’evidenza che è possibile influire nel campo elettromagnetico generato dal cervello e rappresentato dai pensieri, è realistico ipotizzare che è possibile alterare dall’esterno il numero e/o la tipologia dei neuroni coinvolti nella quotidiana e normale attività neurale di una o più persone, decidendo di aumentare o diminuire il grado di coscienza o d’incoscienza e dunque di consapevolezza.
Questi studi, infatti, dimostrano come i nostri pensieri generino una sorta di onde che si propagano in un mare più ampio rappresentato ad esempio, dal campo magnetico terrestre. Facciamo un esempio. Ogni persona pensando è come se gettasse in uno stagno questo sasso che genererà delle onde. I pensieri dunque hanno già un primo impatto nell’ambiente circostante (lo stagno). Le onde generate si propagheranno maggiormente, quanto meno ostacoli troveranno nello stagno. A loro volta le onde potranno incontrare ed influire sulle onde generate da altri pensieri di altre persone. Se lo stagno o il mare nel quale le onde si propagano, fosse agitato perché pieno di altre onde di origine diversa, le onde generate dai pensieri non potrebbero propagarsi liberamente, influendo dunque solo in modo marginale sull’ambiente circostante. Al contempo i nostri pensieri invece, subirebbero l’azione di queste onde esterne.
Alla luce di tutto quanto quindi, potremmo affermare che le teorie che sostengono che esistano progetti o tecnologie attraverso le quali sono immesse nell’etere, onde elettromagnetiche per alterare nelle persone la percezione della realtà, non appare un’ipotesi assurda, almeno dal punto di vista strettamente scientifico. Allo stesso modo non appare fantascientifica neanche l’ipotesi che vorrebbe il nostro universo, la nostra realtà, come una sorta di ologramma. Infatti, giocando sul basso stato di coscienza, sarebbe facile proporre una realtà virtuale credibile ma, allo stesso tempo, fittizia.
In entrambi i casi potremmo dire di vivere dentro Matrix ma, proprio come nel film, difficilmente saremmo in grado di comprendere realmente il nostro stato. Tuttavia è possibile provare ad uscirne.
Lo studio menzionato di Enzo Tagliazucchi ha, infatti, anche fornito un’interessante annotazione, su cui vale la pena soffermarsi. Nell’esperimento condotto si è visto che nelle persone a cui era stato somministrato l’anestetico, man mano che perdevano coscienza, l’attività neurale oltre a limitarsi a livello numerico, tendeva a ripetersi. I percorsi neurali sembravano seguire sempre la stessa strada, gli stessi percorsi.
La scienza ci dice quindi che è possibile sfuggire all'inganno dell'illusione! Tale possibilità di acquisire maggiore coscienza e consapevolezza, passa dal cercare di stimolare la propria mente, cercando di intraprendere strade nuove, abbandonando la routine quotidiana e i consueti percorsi logici e mentali proposti dalla tv, dalle istituzioni, dal sistema educativo e dalla società in generale, per interessarsi di argomenti differenti da quelli soliti.
L’interesse nel cercare di approfondire e capire il funzionamento delle cose genera nuovi stimoli. Questo è dunque un primo passo che può mettere in moto aree del cervello poco utilizzate, creando percorsi neurali nuovi in grado di generare “onde di pensiero” più forti, capaci di contrastare con maggiore efficacia, le altre onde di diversa origine provenienti dall’ambiente esterno e riuscendo ad incidere sulla realtà in modo sempre più significativo. Man mano che all’interno del cervello si attivano nuovi percorsi neurali, si generano nuove sinapsi, e si cominciano a capire e vedere cose che prima passavano inosservate ai nostri occhi e alla nostra mente. In tal senso giocano un ruolo importante i pensieri della mente prodotti in stato di incoscienza, da cui deriva gran parte di quello che comunemente chiamiamo istinto, ma di questo come detto, parlerò in un altro articolo.
Termino quest’articolo nello stesso modo con cui l'ho iniziato, e cioè riportando una citazione presente anche nel mio libro:”…… L'essere umano è una parte di quel tutto che noi chiamiamo Universo, una parte limitata nello spazio e nel tempo. L'uomo sperimenta se stesso, i suoi pensieri e i suoi sentimenti scissi dal resto, una sorta d’illusione ottica della propria coscienza. Lo sforzo per liberarsi di questa illusione è l'unico scopo di un'autentica religione. Non per alimentare l'illusione ma per cercare di superarla: questa è la strada per conseguire quella misura raggiungibile della pace della mente” (A. Einstein)....... "
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