Diamanti e metalli per salvare il pianeta: nuova tecnologia o riscoperta di una tecnologia antica?

In uno studio, pubblicato sulla rivista Atmospheric Chemistry and Physics, un gruppo di ricerca composto da esperti del clima dell’Università di Harvard, ha proposto di disperdere nell’atmosfera terrestre tonnellate di polvere di diamante (sintetico) e di ossido di alluminio, per tentare di riflettere parte della luce solare, rallentando così il riscaldamento globale. La tecnica, secondo gli esperti, dovrebbe riuscire ad avere effetti concreti positivi, limitando quelli negativi dettati da tecniche simili già proposte in passato. Proposte simili infatti, erano state avanzate negli anni scorsi, ma prevedevano la dispersione di gas di solfati. Questi ultimi però, avrebbero potuto causare una serie di pericolosi effetti collaterali. Avrebbero potuto, legandosi con altre sostanze presenti nell’atmosfera, produrre acido solforico, dannosissimo per lo strato di ozono che circonda la Terra. I solfati inoltre, assorbendo particolari lunghezze d’onda della luce, avrebbero potuto modificare le temperature negli strati più bassi dell’atmosfera, modificando di fatto il clima. Secondo i ricercatori di Harvard invece, l’utilizzo di polveri di diamante e ossido di alluminio, essendo composte da nano particelle solide, non possono legarsi a nessuna delle molecole gassose presenti nell’atmosfera, scongiurando di fatto tutti i possibili effetti collaterali sopra citati. La polvere di diamante, benché artificiale, presenta dei costi di produzione estremamente elevati, nell’ordine di 100 dollari al chilo e, per raffreddare l'intero pianeta, si dovrebbe fronteggiare dunque un conto decisamente salato, dell'ordine di miliardi di dollari ogni anno. Per questo si preferisce oggi orientarsi sull’ossido di alluminio, che ha costi di produzione decisamente più bassi. Ma forse qualcuno ha in passato accettato di sostenere un conto addirittura ben più salato di quello derivante dall’utilizzo della polvere di diamante, pensando di utilizzare un metallo prezioso, quello che è oggi considerato il simbolo della ricchezza.

La proposta quindi di usare polveri di diamante o di ossido di metalli come l’alluminio, appare tanto efficace quanto avveniristica, quasi fantascientifica. Eppure questa apparentemente futuristica idea, difficile anche solo da immaginare per noi oggi, nel XXI secolo, ha una tanto particolare quanto incredibile somiglianza, con una storia raccontata in uno scritto di oltre 6.000 anni fa. Possibile questo? Giudicate voi.

Lo studioso di lingue antiche Zacharia Sitchin, pubblicò una quarantina di anni fa ormai, una serie di libri, derivanti dalle traduzioni di scritti cuneiformi, presenti sulle tavolette di argilla rinvenute nell’area della Mesopotamia. Le tavolette sono state attribuite al popolo Sumero, il popolo che ancora oggi è ritenuto rappresentare la prima civiltà, intesa come tale, sulla Terra. I Sumeri, almeno stando alla versione ufficiale della scienza, versione che ancora oggi viene insegnata nelle scuole e nelle università, sono ritenuti il primo popolo in grado di erigere enormi costruzioni, il primo popolo ad avere una propria lingua scritta. Gli scritti sumeri dunque, rappresentano la più antica raccolta di testi storici. Tuttavia molti dei fatti in essi narrati, sono ritenuti talmente “particolari” da essere considerati solo leggende o miti, frutto non di descrizioni di fatti realmente accaduti, ma solo della fantasia del suo compositore. Nonostante possa sembrare al quanto strano pensare che le prime cose scritte da un popolo siano solo fantasie, per l’archeologia ufficiale è così. Molti di questi antichi racconti sumeri, raccontano della nascita e della formazione del nostro sistema solare, descrivendo particolari (come quello che vuole la nascita della Terra e della Luna, come conseguenza di un impatto tra due preesistenti pianeti) che solo da pochi anni la scienza ufficiale ha scoperto. Difficile poter continuare a pensare dunque, che queste informazioni siano soltanto frutto della fantasia dello scrittore.

I testi raccontano inoltre, di come il popolo sumero, aveva appreso le proprie conoscenze. I Sumeri sostenevano infatti, che la loro conoscenza gli era stata trasmessa da un popolo giunto sulla Terra dallo spazio, che loro chiamavano Anunnaki. Gli Anunnaki, secondo i Sumeri, erano giunti sulla Terra dopo aver fatto tappa su Marte (anche qui è singolare il fatto che oggi sappiamo che anticamente il pianeta rosso presentava condizioni simili alla Terra), con lo scopo di estrarre l’oro. E qui sta la sorprendente analogia con quanto sopra detto  e proposto dai ricercatori di Harvard. Secondo i Sumeri (e ciò è indiscutibilmente scritto nelle tavolette d’argilla tradotte da Sitchin), l’oro estratto serviva agli Anunnaki non per circondarsi di oggetti fatti da questo metallo, ma bensì per “riparare” l’atmosfera del loro pianeta (Nibiru). Anche in questo caso dunque, gli Anunnaki avrebbero polverizzato e disperso l’oro per motivi connessi ad aspetti climatici.

E’ incredibile come tutto questo possa essere considerato solo una coincidenza, e ancor più incredibile come si possa pensare che un qualcuno, 6.000 anni fa, possa aver lavorato di fantasia ed inventato questa storia. Questa è soltanto l’ultima delle incredibili analogie tra ciò che oggi la scienza sta scoprendo, e quello che è scritto nelle tavole sumere riguardo molteplici aspetti, sia di carattere scientifico sia religioso. Questa e le molte altre cose narrate nelle tavole sumere hanno forse un fondo di verità? Ancora una volta per scoprirlo basta forse approcciare al tema in modo neutrale, libero da preconcetti, accettando di provare a guardare ed analizzare tutto da un'altra prospettiva, sebbene anch’essa assolutamente concreta da un punto di vista oggettivo e scientifico. Forse le risposte a questa ed altre domande, si trovano ne Il lato oscuro della Luna, basta volerle vedere.

Stefano Nasetti

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