I meccanismi delle attività celebrali (parte 2)
Studiato per secoli, fino a scomodare filosofi come Immanuel Kant, il rapporto fra mente è cervello è diventato un tema da affrontare in laboratorio solo da qualche decennio. Sebbene ciò avvenga da relativamente poco tempo, come già esposto nei precedenti articoli, le conoscenze sul funzionamento del cervello e sulla capacità tecnologica di intervenire in modo concreto e diretto, su tali attività celebrali, sono già molto avanzate.
Abbiamo visto come il pensiero incosciente svolga un ruolo importante, se non addirittura primario, nella formazione del pensiero di un individuo ( Leggi l'articolo in questo link ).
Nel 2014 per la prima volta, si è scoperta la relazione fra una particolare architettura del cervello e la mente. Nel caso specifico la scoperta ha riguardato il meccanismo (una sorta di GPS del cervello) che determina la consapevolezza di occupare un luogo preciso nello spazio. Tale risultato è valso il Nobel, all'anglo-americano John O'Keefe e ai norvegesi May-Britt e Edvard Moser. I ricercatori hanno scoperto dov’è localizzata la mappa spaziale che ci fa riconoscere la strada di casa, come una sorta di un Gps all'interno della rete fatta da circa 170.000 chilometri di fibre nervose e un milione e mezzo di sinapsi. E' un'architettura che si plasma nei primi anni di vita e che continua progressivamente ad arricchirsi. La scoperta è stata di un’importanza rilevante poiché provava come uno degli obiettivi di frontiera delle neuroscienze, quello cioè di trovare i meccanismi fisiologici che creano la coscienza e la percezione, fossero possibili e a portata di mano.
Solo pochi mesi più tardi, nell’ottobre del 2014, sulla rivista Nature Neuroscience è stata pubblicata la scoperta, fatta dal gruppo di Adrien Peyrache, dell'università di New York, che il meccanismo GPS del cervello che permette di orientarsi nello spazio, di fatto non dorme mai. I risultati corroborano la teoria che il cervello dei mammiferi non aspetta di ricevere passivamente input sensoriali, ma li cerca attivamente. L'attività coordinata durante la maggior parte del sonno rappresenta una sorta di backup del Gps del cervello, di eventi, luoghi e dati, per memorizzarli. A guidarli sono sensori periferici, che amplificano la precisione del segnale e continuano a codificare la direzione virtuale anche durante il sonno. Negli esperimenti condotti sui topi, durante la fase Rem, quella in cui si sogna e l'attività elettrica del cervello è virtualmente indistinguibile dalla veglia, i ricercatori hanno riscontrato che “l'ago della bussola cerebrale” si muove alla stessa velocità osservata durante la veglia mentre, nei periodi di sonno a onde lente, c'è poi un'accelerazione dell'attività di oltre 10 volte.
La scienza sta via via confermando ciò che poteva sembrare all’apparenza quasi assurdo, cioè che l’attività celebrale nello stato d’incoscienza, è determinante nella formazione del pensiero dell’individuo. Riuscire a controllare la durata ed il grado di tale stato d’incoscienza, significa, di fatto, riuscire a controllare il pensiero (e dunque il comportamento) delle persone.
In uno dei mei articoli precedenti (quello dal titolo coscienza ed incos cienza), ho evidenziato come la scienza abbia determinato il confine tra coscienza ed incoscienza e come, in linea di principio e sulla base del fatto che il pensiero è frutto dell’attività elettrica del cervello e dunque come qualunque campo elettrico non isolato può subire interferenze, sia possibile, tramite onde elettromagnetiche, andare alterare l’attività celebrale, ostacolando ad esempio, la formazione di nuovi percorsi neurali (abbiamo visto infatti che dalla quantità e dalla diversificazione dei percorsi neurali, determina lo stato di coscienza ed incoscienza e quindi il grado di consapevolezza della realtà circostante).
Se tutte le ricerche scientifiche ufficiali citate in questo e nei precedenti articoli, non siano ancora sufficienti per far accettare questa realtà scientifica, è bene allora continuare a elencare tutte le conoscenze ufficiali, che la neurologia ha reso nota negli ultimi mesi.
Nell’Ottobre del 2015, sulla rivista Nature, è stato pubblicato il risultato di uno studio condotto da Yang Dan dell’Università della California di Barkeley. I ricercatori hanno individuato l'area del cervello in cui si trova un piccolo gruppo di neuroni che attiva e regolano la fase Rem del sonno (chiamato così per i movimenti rapidi degli occhi che lo caratterizzano, appunto Rapid eye movement). Attivando con la luce (è bene ancora sottolineare utilizzo anche in questo caso della luce) i neuroni di quella particolare area del midollo allungato, i ricercatori hanno indotto il sonno Rem nei topi.
La fase dell’incoscienza (quella del sonno profondo in particolare) può essere dunque indotta artificialmente senza utilizzo di sostanze medicinali!
Un’altra interessante conoscenza sul funzionamento del cervello è quella pubblicata sulla rivista sulla rivista Cell Reports e sul Journal of Biological Chemistry, nel mese di Aprile 2016. La scoperta si deve alla collaborazione fra Università di Genova, Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) e Università Vita e Salute San Raffaele di Milano. E’ stato scoperto che un gene chiamato PRRT2 la molecola è un gene chiave nel favorire la comunicazione tra i neuroni, perché è attivo nelle connessioni (sinapsi) grazie alle quali le cellule nervose entrano in comunicazione tra loro per trasmettere informazioni. Grazie alla sua presenza, la trasmissione delle informazioni tra i neuroni avviene in modo più semplice e spedito. Il gene facilita, infatti, il rilascio di una sostanza-messaggero (neurotrasmettitore) chiamata Sinaptotagmina, che dà il “via” alla trasmissione delle informazioni tra i neuroni. Quando a questo gene viene impedito di produrre la sostanza-messaggero, la comunicazione tra i neuroni diventa impossibile.
Ancora una volta, dunque si è capito che inibire o limitare uno specifico e ristretto gruppo di neuroni, può circoscrivere l’attività neurale e dunque determinare, per quanto detto nell’articolo riguardante la coscienza e l’incoscienza, il grado di comprensione e consapevolezza sulla realtà circostante.
Infine, prima di passare ad analizzare gli studi che evidenziano il grado di capacità tecnologica già oggi esistente in grado di manipolare gli stati mentali e la formazione del pensiero, è giusto citare un’ultima interessante ricerca.
Nel mese di Marzo 2016 sul The Journal of Neuroscience, è stato pubblicato uno studio dell’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con l'Università di Verona e la Duke University di Durham, negli Stati Uniti. Tramite una risonanza magnetica funzionale eseguita su 20 volontari, o ricercatori hanno rilevato che il cervello è dotato di una sorta di filtro antispam, una sorta di meccanismo che si attiva automaticamente e in modo preventivo, per bloccare tutti quegli stimoli irrilevanti che rischiano di distogliere la nostra attenzione da ciò che stiamo facendo. I ricercatori hanno riscontrato che tale meccanismo, opera in maniera più reattiva e precisa quando vi sono molti e frequenti elementi di disturbo difficili e ingannevoli, rispetto a quando gli elementi di disturbo sono più facili da ignorare. Anche in questo caso, sebbene lo studio non abbia riguardato quest’aspetto, così come per gli altri studi citati in precedenza, si può tranquillamente ipotizzare che inibendo l’attività di questo meccanismo celebrale, si potrebbe limitare la capacità di concentrazione alterando, o comunque rendendo molto più complicata, la comprensione della realtà circostante: un altro modo potenziale per mantenere le persone in uno stato di semi incoscienza.
Alla luce di tutto ciò, quali sono le possibili e reali implicazioni riguardanti ciò che è emerso da tutti questi studi fatti, è bene sottolinearlo, con lo scopo di cercare nuove cure per patologie e malattie neurodegenerative (come Alzheimer ad esempio)?
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