La ricerca della vita eterna
Stando alle Sacre scritture della Bibbia, fin dalle sue origini l'uomo è alla ricerca della vita etena. Nel capitolo 3 del libro della Genesi, si legge di come l'uomo, dopo aver mangiato dall'albero della conoscenza, viene allontanato dal giardino di Eden, proprio per evitare che acquisisca la vita eterna, mangiando anche da quest'albero. In particolare al versetto 22, 23 e 24, possiamo leggere queste parole:
[22] Poi il Signore Dio disse: "Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre!".
[23] Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto.
[24] Scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all'albero della vita. (Fonte Bibbia CEI)
Sempre nell'Antico testamento Biblico, al capitolo 6 del libro della Genesi si legge: Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie, 2i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli a loro scelta. 3Allora il Signore disse: "Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni" (Fonte Bibbia CEI)
Racchiuse in queste poche righe, ci sono aspetti molto interessanti dal punto di vista strettamente scientifico/biologico.
La prima cosa interessante da notare è che l'odierna biologia stima la durata massima della vita umana proprio tra i 120 e i 130 anni. Eppure "... la vita secondo le Sacre Scritture, poteva durare inizialmente anche oltre i novecento anni, per poi diminuire nel corso dei vari secoli fino a quando, ad un certo punto, ricominciare a crescere fino ai giorni nostri... " (Cit. dal libro Il Lato Oscuro della Luna a cui rimando per tutto quello che riguarda le considerazioni dell'aspetto interpretativo del brano, della Bibbia nel suo insieme nonché delle possibili spiegazioni riguardanti il fatto e le conseguenze di esse, narrate nel brano in questione).
Da questo momento storico dunque, l'uomo sembra aver incominciato la sua rincorsa al tentativo di prolungare la sua vita, magari per l'eternità. Grazie agli indiscussi progressi nel campo delle scienze e della medicina, l'aspettativa di vita umana oggi è mediamente tra i 77 e gli 80 anni, quando in alcuni periodi storici questa sembrava essere scesa a 35 anni
I progressi che si sono avuti negli ultimi 60 anni però (tanti ne sono passati dalla scoperta del DNA per merito di Francis Crick) nel campo della genetica, permettono di ipotizzare che nei prossimi anni, grazie a specifici interventi genetici, l'aspettativa dell'uomo aumenterà.
".... Grazie ad una recente scoperta (Settembre 2013), oggi sappiamo che modificando un solo gene, si potrebbe allungare la vita media a cento anni. È il risultato di una ricerca pubblicata sulla rivista Cell Reports coordinata dai National Institutes of Health (Nih) degli Usa. La ricerca è riuscita ad ottenere un topo con una vita del 20% più lunga. In rapporto all'uomo significa circa 16 anni in più. Se si considera che la vita media dell'uomo attualmente è stimata intorno a 79 anni, in futuro ci potrebbero essere molti più ultranovantenni...." (cit. dal libro Il Lato oscuro della Luna).
La ricerca appena citata non è ovviamente la sola. Solo negli ultimi 2 anni almeno altri 8 studi hanno fornito gli elementi alla comprensione del processo d’invecchiamento, e creato i presupposti pratici, per la manipolazione dei geni coinvolti in tale processo. Quanto scoperto e già sperimentato è talmente tanto concreto che, ipotizzare che entro la fine di questo secolo, l'aspettativa media di vita umana si avvicini alla famosa soglia dei 120 anni indicata nella Bibbia, è tutt'altro che fantascienza.
Nell'Agosto del 2015, sulla rivista Scientific Reports, è stato pubblicato uno studio effettuato dai ricercatori dell'azienda di biotecnologie Gero (società con Sede in Russia, creata a seguito della fusione tra Gero Corp e Quantum Pharmaceuticals, una delle tante industrie del settore farmaceutico, che si occupano della ricerca e della produzione di nuovi farmaci antinvecchiamento) in collaborazione con uno dei massimi esperti del campo delle basi genetiche della longevità, Robert Shmookler Reis dell'Università dell'Arkansas. I ricercatori hanno scoperto che se in natura vi sono animali che invecchiano pochissimo e vivono molto più a lungo dell'uomo, la causa sta nella stabilità delle reti genetiche, cioè nella catena di azioni regolata dai geni che determina il comportamento delle cellule, e nella loro resistenza allo stress. Nell'ambito della ricerca, il team di genetisti ha indicato tre parametri sui quali intervenire per spegnere il processo d'invecchiamento, quali: una rete di connessioni genetiche efficaci, le dimensioni del genoma e un efficiente sistema di riparazione dei danni al DNA. Secondo il modello sviluppato nello studio, la durata della vita può quindi essere aumentata alterando o regolando uno di questi tre parametri. Il trucco per spegnere l'invecchiamento risiede dunque nella stabilità delle connessioni tra i geni.
Solo pochi mesi più tardi, nel Dicembre del 2015, la rivista Nature Communications, ha pubblicato uno studio del Politecnico di Zurigo in collaborazione con il consorzio Jena (JenAge). Il team di ricerca ha individuato i 30 specifici geni, che influiscono sull'invecchiamento e sono regolati allo stesso modo nelle tre specie animali oggetto dello studio (il verme Caenorhabditis elegans, il pesce zebra e il topo) che hanno un antenato in comune con l'uomo. Secondo i ricercatori quindi, bloccando selettivamente una dozzina di questi geni, che dovrebbero essere presenti anche nell'uomo, i ricercatori sono riusciti ad allungare la vita di questi animali almeno del 5%, con un massimo del 25% a seguito del solo spegnimento del gene chiamato bcat-1. L'applicazione sull'uomo di tale scoperta porterebbe un aumento dell'aspettativa di vita di 20 anni, facendogli raggiungere dunque i 100 anni.
Il mese seguente (Gennaio 2016) è stata poi la rivista Nature a pubblicare un'altra scoperta, questa volta per opera di un gruppo di ricercatori statunitensi della Mayo Clinic. In questo caso i ricercatori si sono concentrati sull'aspetto genetico dell'invecchiamento, partendo però da una conoscenza riguardante i meccanismi cellulare. Lo studio si è basato sulla cancellazione delle cellule "vecchie", vale a dire quelle cellule dell'organismo che hanno smesso di dividersi (e dunque di riprodursi) che si accumulano con l'età. Questo meccanismo biologico, chiamato senescenza cellulare, è, infatti, un automatismo biologico che è attivato dalle cellule danneggiate per smettere di dividersi, ed è fondamentale per prevenire i tumori. Una volta bloccata automaticamente la loro suddivisione, il sistema immunitario elimina periodicamente queste cellule danneggiate. Con il passare degli anni però, questo meccanismo di pulizia diventa sempre meno efficacie, inducendo la comparsa dei vari sintomi tipici dell'invecchiamento. Partendo da questa conoscenza, l'idea dei ricercatori è stata quella di potenziare il meccanismo di pulizia, attivandolo a comando, grazie all'inserimento nel DNA (dei topi nel caso specifico) di un gene che induce la morte delle cellule senescenti, come risposta alla somministrazione di un farmaco. I risultati sono stati sorprendenti. Questa pulizia indotta e potenziata non solo ha ridotto la progressione di malattie come la cataratta e, in modo considerevole, la comparsa di tumori, ma ad anche rallentato l'invecchiamento dei roditori, allungando la loro vita di una quota variabile tra il 17 ed il 35%. Gli animali sono subito apparsi in salute, come ringiovaniti, e hanno mostrato una riduzione dei livelli d'infiammazione a livello del tessuto adiposo, di quello muscolare e dei reni. Il coordinatore dello studio Ian Van Daursen ha affermato: "Sebbene sia ancora presto per sperimentare il trattamento anche sull'uomo, basterebbe cancellare il 60-70% delle cellule senescenti per avere effetti terapeutici rilevanti, sull'aspettativa di vita umana". Non appena sarà possibile applicare questa tecnica sull'uomo, vedremo aumentare la nostra vita media almeno di altri 15 o 20 anni.
La ricerca non si è ovviamente fermata qui e l'idea di agire su meccanismi già esistenti a livello cellulare è stata ripresa da un altro gruppo di ricerca. Nel Febbraio 2016, sulla rivista Embo Journal (rivista del Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare) è apparso lo studio effettuato da un gruppo di ricerca dell'università britannica di Newcastle, che ha condotto esperimenti su colture di cellule umane che cominciavano a mostrare i segni dell'età, accumulando danni e mostrando segni d'infiammazione. I ricercatori hanno potuto osservare che quando i mitocondri (mitocondri sono gli organelli addetti alla respirazione cellulare, costituiti da sacchette contenenti enzimi respiratori, che rappresentano, di fatto, la fonte di energia delle cellule) hanno dei difetti sono eliminati spontaneamente dalle cellule. Analogamente allo studio precedente, i ricercatori sono riusciti a indurre le cellule anziane, a distruggere i loro mitocondri su larga scala. Così facendo, i ricercatori hanno potuto costatare che le cellule hanno cominciato a ringiovanire. Tale studio dunque aumenta la possibilità di allungare la vita mediante la tecnica precedente, poiché circoscrive il numero di cellule senescenti da pulire dall'organismo, quelle cellule cioè che non rigenerandosi, causano l'invecchiamento.
Altri studi si propongono poi di contrastare l'invecchiamento attraverso l'impiego di materiali biocompatibili e nanotecnologici, costruiti con nano particelle di ossido di cerio e ceramica, dalle capacità antiossidanti, al fine di contrastare il fenomeno della produzione di radicali liberi. Questo studio però, condotto dal gruppo dell'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna, del centro di Micro-BioRobotica dell'Istituto Italiano di Tecnologia (Cmbr - IIT) e università di Pisa, è ancora agli inizi.
Tuttavia se gli studi sulla manipolazione genetica hanno fino ad ora dimostrato la possibilità di allungare l'aspettativa di vita nell'uomo, è bene precisare che altri studi dimostrano che l'applicazione di queste tecniche, potrebbe non essere sufficiente a raggiungere l'ambito traguardo dell'immortalità.
Lo dimostra ad esempio lo studio apparso nel Luglio 2016, ancora una volta sulla rivista Nature. Il segreto per invecchiare in buona salute è doppiamente custodito nel DNA: a decidere come s’invecchia, è l'equilibrio fra il DNA contenuto nel nucleo della cellula e quello delle sue centraline energetiche, i mitocondri. I ricercatori del Centro Nazionale per la Ricerca Cardiovascolare Carlo III di Madrid, hanno studiato topi con lo stesso DNA nucleare, ma con DNA mitocondriale diverso. Quando gli animali erano giovani, non c'erano differenze nella funzione dei mitocondri, ma queste si sono verificate con l'avanzare dell'età, condizionando metabolismo e lunghezza delle strutture che si trovano alle estremità dei cromosomi, chiamate telomeri, note per essere associate alla longevità. Queste differenze hanno influenzato dunque, sia la durata della vita degli animali, sia le loro condizioni di salute. Il segreto per invecchiare bene risiede perciò, anche in un mix di DNA.
Questo sembra confermare un precedente studio pubblicato nel Dicembre del 2015, sulla rivista Plos Genetics frutto della collaborazione tra l'Università californiana di Stanford e quella di Bologna. La ricerca ha confermato che si nasconde in 5 geni il segreto della longevità. Sono, infatti, solo alcune caratteristiche del DNA a permettere ai centenari di vivere sani, ma per sfruttarle serve anche avere uno stile di vita sano. Nel DNA dei centenari esistono delle specifiche caratteristiche genetiche favorevoli, caratteristiche che in qualche modo proteggono dallo sviluppo di malattie legate all'età. Questo però non vuol dire che fattori genetici di rischio non siano presenti anche nel DNA dei centenari e che tutto sia dovuto solo al genoma. A neutralizzare i pericoli è probabilmente uno stile di vita sano.
Un ulteriore aiuto, potrebbe infine arrivare dall'assunzione di una forma di vitamina B3 (molto rara negli alimenti, contenuta però nel latte e nella birra), finora nota per accelerare il metabolismo (la vitamina B3 Nr). Uno studio sulla rivista Science per opera del Politecnico federale di Losanna, ha dimostrato (sui topi) che l'assunzione di questa vitamina, aumenta la capacità delle cellule e degli organi di rigenerarsi, capacità che come detto anche nei citati studi precedenti, viene persa con l'avanzare dell'età.
Nel 1920 c'era una campagna pubblicitaria in Italia il cui slogan recitava "Chi beve birra campa cent'anni". Oggi sappiamo che incredibilmente quello slogan aveva un fondamento scientifico, sebbene questo non debba essere interpretato come un incitamento al consumo di alcool.
L'applicazione simultanea di tutte queste scoperte potrebbe dunque allungare considerevolmente l'aspettativa di vita dell'uomo, permettendole di raggiungere quei fatidici 120 anni citati nella Bibbia. Tuttavia l'immortalità da molti immaginata e forse sognata è ben lungi dal divenire. L'immortalità non sembra essere una caratteristica terrena, almeno stando alla Bibbia, ma forse sorprendentemente, neanche divina. Il salmo 82 dell'Antico Testamento recita, infatti:
[1] Dio si alza nell'assemblea divina, giudica in mezzo agli dei.
[2] "Fino a quando giudicherete iniquamente e sosterrete la parte degli empi?
[3] Difendete il debole e l'orfano, al misero e al povero fate giustizia.
[4] Salvate il debole e l'indigente, liberatelo dalla mano degli empi".
[5] Non capiscono, non vogliono intendere, avanzano nelle tenebre; vacillano tutte le fondamenta della terra.
[6] Io ho detto: "Voi siete dei, siete tutti figli dell'Altissimo".
[7] Eppure morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti.
[8] Sorgi, Dio, a giudicare la terra, perché a te appartengono tutte le genti. Dio si alza nell'assemblea divina, giudica in mezzo agli dei.(Fonte Bibbia CEI)
Anche la Bibbia dice, dunque, che gli Dèi sono mortali, salvo che si ritenga che quello citato nella Bibbia non sia Dio (che tra l'altro, essendo teoricamente unico, come può rivolgersi ad altri Dèi?).
In ogni caso sarebbe bene domandarsi, ha veramente senso perseguire l'immortalità terrena? Se fossimo tutti, veramente e potenzialmente immortali nei confronti del trascorrere del tempo, come ci comporteremmo nel quotidiano? Ci alzeremmo la mattina per andare a lavorare o preferiremmo dedicarci ad altro? Quale significato daremmo a ogni cosa, a partire dai rapporti umani, sapendo che avremo tempo per dedicarci a essa o averla in futuro?
Siamo nati mortali, come tutti gli altri esseri di questo pianeta. Lasciamo che la scienza adempia il suo compito, quello di migliorare la condizione umana, senza però snaturarla. La vita eterna non è una cosa umana e forse neanche divina.
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