Vita su Marte: un altro piccolo passo verso l’annuncio del ritrovamento

Continua il percorso di avvicinamento all’annuncio del ritrovamento di vita su Marte.

Come già ampiamente anticipato in precedenti articoli di questo blog, e ancor più dettagliatamente nel libro del 2018 “Il lato oscuro di Marte – dal mito alla colonizzazione”, continua incessante e constante la divulgazione di informazioni atte a preparare l’opinione pubblica mondiale ad un cambio di paradigma storico. Secondo molti l’annuncio del ritrovamento di vita extraterrestre sarà considerato la notizia più importante della storia umana.

Infatti da quel momento e per la prima volta (stante alla versione ufficiale e accademica della storia umana), l’uomo saprà di non essere solo nell’universo e, forse di non esserlo mai stato. Sebbene possa apparire come una informazione di poco conto, per cambiare opinione è sufficiente pensare a come questo annuncio potrebbe cambiare la visione di molte religioni. Non a caso la Nasa, che ha oggi annunciato il ritrovamento di rocce che probabilmente potrebbero contenere dei fossili (bada bene, si sta parlando al momento soltanto di fossili di batteri o di forme di vita elementari) nell’ambito del convegno dell’Unione dei Geofisici Americani, a San Francisco, negli scorsi anni, come già sapranno i lettori assidui di questo blog, aveva commissionato e finanziato a più riprese, studi per preparare le religioni del mondo alla scoperta della vita extraterrestre.

Nell’annuncio , del dicembre 2023, la Nasa che in uno dei campioni di roccia prelevati da Perseverance, il rover che da oltre 1000 giorni  (dal febbraio 2021) sta effettuando ricerche nel Cratere Jazero su Marte, contiene grandi quantità di silice, un materiale noto per le sue proprietà di conservazione per i fossili, perlomeno sulla Terra. Un altro campione, invece contiene invece fosfato, una molecola fondamentale per la vita come la conosciamo. Ed entrambi questi campioni sono anche ricchi di carbonato, minerale che si forma in ambienti acquosi e che favorisce la conservazione di eventuali molecole organiche. “È il tipo di ambiente in cui, sulla Terra, i resti della vita antica potrebbero essere preservati – dice Morgan Cable del Jet Propulsion Laboratory della Nasa – e ritrovati in seguito”.

Il sito in cui il rover statunitense ha raccolto i campioni era, in un tempo antichissimo, ricoperto dalle acque di un lago. Il rover Perseverance della Nasa ha trovato tracce legate alla possibile presenza di fossili, ricostruendo anche la storia del bacino ospitato miliardi di anni fa all’interno del cratere Jezero, collezionando un totale di 23 campioni, e completando così l’esplorazione dell’antico delta del fiume collegato al lago. Come già anticipato fin dal 2018, i campioni raccolti, conservati in speciali tubi metallici, dovranno in futuro essere riportati sulla Terra, da una missione congiunta di Nasa e Agenzia Spaziale Europea, che poi si divideranno l’onere e l’onore di dare questo storico annuncio che riguarderà da prima il ritrovamento della vita marziana passata, successivamente di quella ancora oggi presente.

Abbiamo scelto il cratere Jezero come sito di atterraggio perché il lago che un tempo lo riempiva era un ambiente potenzialmente abitabile e le rocce del delta del fiume sono un ottimo sito dove cercare segni di vita antica, come i fossili”, commenta Ken Farley del California Institute of Technology. La storia inizia quasi 4 miliardi di anni fa, quando l’impatto con un asteroide formò il cratere Jezero.

Centinaia di milioni di anni dopo, sabbia e fango segnalano l’arrivo del primo fiume, con pietre ricche di sale che svelano la nascita di un lago poco profondo. Secondo i dati raccolti, il lago sarebbe poi cresciuto fino a raggiungere 35 chilometri di diametro e 30 metri di profondità. Qui in una situazione di abitabilità, che precede quella terrestre, avrebbe fatto la sua comparsa la vita, forse la prima nel nostro sistema solare e, chissà, probabilmente poi “trasportata” sulla Terra.

Potrebbe sembrare una storia inverosimile per tutti quelli che non conoscono tutti i dati e gli studi svolti nel corso degli anni, sui dati raccolti dalle varie sonde che hanno calcato il polveroso suolo marziano, ma la cosa incredibile è che è tutto vero. Ed è vero non solo che tutti i dati in nostro possesso suggeriscono che le cose siano realmente andate così, ma che quella che con il trascorrere del tempo e l’accumularsi dei dati diventa sempre più certezza, sia un aspetto a conoscenza di tutte le maggiori agenzie spaziali del mondo ormai da diversi anni.

Tanto per fare un esempio tra i tantissimi che se ne potrebbero fare, tracce di batteri fossili marziani ne sono state trovate a decine di migliaia, e a dirlo sono stati dei ricercatori del nostro CNR (Centro Nazionale delle Ricerche, un organo ufficiale). Ne cito uno:

Nel Settembre del 2016, un analogo studio è stato pubblicato su International Journal of Astrobiology, per opera di un team di ricerca italiano composto da Nicola Cantasano e Vincenzo Rizzo dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche di Cosenza (Isafom-Cnr).

I due ricercatori hanno allargato la mole dei dati analizzati, includendo in modo sistematico, tutte le fotografie delle rocce marziane scattate dai rover Opportunity, Spirit e Curiosity, rilevando analogie non solo con le strutture delle microbialiti terrestri (rocce costruite dai batteri) alle diverse scale dimensionali (microscopiche, ma soprattutto meso e macroscopiche), ma anche nelle tracce attribuibili alla produzione batterica di gas e di gelatine adesive altamente plastiche.

Rizzo, presentando i dati dello studio ha dichiarato, senza mezzi termini, che quelle raccolte, sono le prove inconfutabili della presenza passata di vita su Marte!

Queste le sue parole, apparse anche sul sito dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana): “L’Università di Siena ha avviato un’analisi matematica frattale multiparametrica delle coppie d’immagini, i cui risultati confermano che esse sono identiche. Un ulteriore studio morfologico del Laboratorio de Investigaciones Microbiológicas de Lagunas Andinas-LIMLA, su campioni di microbialiti viventi provenienti dal deserto di Atacama (Cile) ha permesso di evidenziare, grazie alla pigmentazione organica, che tali microstrutture e microtessiture esistono e sono un prodotto dell’attività batterica. I dati mostrano la perfetta somiglianza tra le microbialiti terrestri e le immagini marziane, con una fortissima evidenza statistica nell’analisi di 40.000 microstrutture Terra/Marte analizzate. La quantità, la varietà e la specificità dei dati raccolti – ha proseguito Rizzo - accreditano per la prima volta, in modo consistente, che le analogie non possono essere considerate semplici coincidenze”.

Ormai appurato questo, le domande a cui le prossime missioni di esplorazione marziana, a partire da quella dell’agenzia Spaziale Europea denominata Exomars 2020, o quella della Nasa chiamata Mars 2020 prevista nello stesso anno, cercheranno di dare risposta sono: per quanto tempo è esistita la vita su Marte? Si è evoluta in più forme, anche più complesse? C’è ancora? Dov’è finita?

Brano tratto dal libro “Il lato oscuro di Marte -  dal Mito alla colonizzazione” (2018)

Le agenzie spaziali sanno esattamente cosa cercare e dove trovarlo, e non solo cercarlo. La notizia del possibile ritrovamento di “fossili” nel cratere Jazero ne è la prova. Nel 2018, quando la Nasa annuncio la scelta del sito in cui far ammartare Perseverance (nel 2021), aveva spiegato la scelta sostenendo che dai dati in loro possesso in quel posto si sarebbero potuti rinvenire dei fossili, cosa che poi puntualmente sembra essere avvenuta con l’annuncio di questo mese. Fortuna, coincidenza o buona scienza?

Mentre si avvicina sempre più la data della rivelazione più importante della storia umana, per chi non volesse attendere oltre, ora sa dove poter trovare tutte le prossime rivelazioni.

Stefano Nasetti

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