Sfruttiamo veramente il 100% del nostro cervello, o solo il 10%?

Si sente spesso ripetere da moltissime persone e in ambiti diversi, che l'uomo sfrutta soltanto il 10% del proprio cervello, alimentando quindi l'idea che, aumentando questa percentuale, si potrebbe riuscire a fare cose incredibili. Ma è davvero così?

La scienza si è pronunciata molte volte su questo tema. Anche in tempi recenti, riviste scientifiche e illustri neurologi, sono stati chiamati a fare chiarezza su questo punto. Le risposte arrivate sebbene condivisibili, hanno affrontato la questione soltanto in modo sommario, come spesso accade quando la comunità scientifica è chiamata a pronunciarsi su questioni che già in modo preconcetto, giudica prive di alcun fondamento, quasi la comunità scientifica fosse seccata dal dover intervenire su queste questioni forse ritenute inutili. Tra l'altro quest’atteggiamento di superficialità, che sottintende a una superiorità culturale della comunità scientifica nei confronti delle altre persone, è purtroppo un atteggiamento ormai molto diffuso quanto, almeno in questo caso, ingiustificato, giacché l'idea che il nostro cervello non sia sfruttato al massimo delle sue potenzialità, proviene proprio dall'ambiente scientifico, sebbene non sia stata ancora individuata con esattezza l'origine. La mia opinione è troppo severa a riguardo? Può darsi, ma analizziamo bene la questione.

Secondo alcuni, infatti, una possibile origine di questa idea, è da ricondurre alla diffusione delle teorie della cosiddetta "riserva di energia" formulata da due psicologi, William James e Boris Sidis, dell'Università di Harward tra il 1890 e il 1908, quando James dichiarò "Stiamo facendo uso solo di una piccola parte delle nostre possibili risorse mentali e psicologiche".

Secondo altri l'origine di questa idea, è invece da ricercarsi nella mancanza di conoscenza in merito al funzionamento del cervello, che gli scienziati avevano tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. Tale gap di conoscenza, aveva portato nei successivi decenni, molti neuro scienziati a ritenere utile e funzionale soltanto il 10% del cervello.

Recenti studi sul cervello effettuati grazie alle moderne tecnologie (tomografia a emissione di positroni e risonanza magnetica funzionale) hanno potuto dimostrare (quasi) inequivocabilmente, che ogni area del cervello svolge una funzione specifica.

Tutto ciò, unito a quanto era emerso in precedenti studi, quali quelli sui danni celebrali (se normalmente, il 90% del cervello fosse inutilizzato, eventuali danni in queste aree non avrebbero alcun effetto sull'individuo; al contrario, non esiste pressoché area del cervello che, se danneggiata, non infici anche le capacità dell'individuo: perfino piccoli danni possono produrre gravi effetti, perché secondo la scienza, ogni aerea svolge una specifica ed esclusiva funzione, non mutuabile da altre aree), sul decadimento neuronale (durante lo sviluppo le cellule celebrali che non sono attivate muoiono se il 90% del cervello fosse inutilizzato, una semplice autopsia rivelerebbe il decadimento del 90% delle cellule cerebrali), sull'evoluzione del cervello (il cervello è un apparato molto dispendioso in termini di consumo di nutrienti, pur rappresentando solo il 2% della massa corporea, consuma circa il 20% del fabbisogno energetico, dunque se fosse davvero inutilizzata, sarebbe un peso inutile che la selezione naturale avrebbe "tagliato" nel corso dell'evoluzione), hanno portato gli scienziati a rivedere (e sottolineo rivedere, poiché come detto l'origine dell'idea deriva dal mondo scientifico) l'idea che il cervello non sia sfruttato a pieno. Tuttavia quest'idea ormai radicata da oltre cento anni, continua a far parte della cultura collettiva.

Come accennato però, i recenti interventi della comunità scientifica in merito alla risoluzione definitiva della questione, hanno avuto un approccio frettoloso e superficiale, indagando la questione soltanto da un punto di vista "quantitativo" e "fisico". Mi spiego meglio.

Come ho detto sembrerebbe che i dati scientifici non lascino spazio alla possibilità che ci siano aree del cervello che non svolgano alcuna funzione, dunque che sotto quest’aspetto, il 100% del cervello risulti utile e attivo. Su questo non ci sono dubbi e penso possiamo essere tutti d'accordo.

Affermare però, che ogni area del cervello svolge una funzione specifica e non mutuabile, non significa affatto che il cervello sia sfruttato al 100% per le sue potenzialità dal punto di vista cognitivo, ma lo è solo dal punto di vista fisico.

Faccio un esempio per facilitare la comprensione del concetto. Se un'automobile monta un motore a 4 cilindri, il fatto che tutti i cilindri funzionino, non vuol dire che ogni volta che il motore è accesso, stia erogando e se ne stia sfruttando tutta la potenza. Se uno dei cilindri non fosse perfettamente sincronizzato con gli altri, pur svolgendo le sue funzioni, questo non consentirebbe al motore di erogare tutta la potenza di cui teoricamente dispone. Il motore eroga tutta la sua potenza, solo quando tutte le sue parti, tutti i suoi cilindri, si muovono ed interagiscono in modo coordinato altre che contemporaneo.

Come messo in evidenza in un mio precedente articolo, nel numero di Gennaio 2016 della rivista Journal of the Royal Society Interface, è stato pubblicato un interessante studio condotto in Germania, dal ricercatore italiano Enzo Tagliazucchi, dell’Istituto di fisiologia medica di Kiel. Lo studio è riuscito a individuare il confine tra coscienza e incoscienza, usando la tecnica della risonanza magnetica funzionale (fMri). Lo studio ha permesso di evidenziare come lo stato di coscienza e incoscienza, dipenda dunque dall’attività di un numero minimo di connessioni neurali, al di sotto del quale la persona è in stato d’incoscienza.

Questo studio è molto importante perché evidenzia come, la percezione, la comprensione e il grado d'influenza del cervello nel mondo circostante dipenda esclusivamente dalla contemporanea attività di connessioni neurali attive in un determinato momento. Maggiori sono le connessioni attive, maggiore è la percezione, la comprensione e il grado d’influenza del cervello nell'ambiente circostante.

Se il grado di percezione è dunque determinato dal numero contemporaneo di connessioni neurali attive in un dato momento, anche le possibilità d'interazione della mente sull'ambiente esterno dipendono dalla medesima circostanza

Infatti, il cervello può essere paragonato a un circuito elettrico non isolato. La sua attività è frutto di elettricità. Le onde elettromagnetiche generate dal cervello, si espandono ben oltre i confini fisici, rappresentati dal cranio.

La scienza è già oggi in grado di rilevare, interpretare e sfruttare questa evidenza scientifica, tant'è che già esistono dispositivi di rilevamento non invasive di tali onde celebrali, in grado di consentire a coloro che li indossano, di comandare a distanza (diremmo impropriamente, in modo quasi telepatico) dei modellini di elicottero, o dei computer, solo per fare un esempio. Dunque non si parla di teorie ma, anche in questo caso, di dati scientifici oggettivi ed incontrovertibili, al pari di quelli sopra già citati (invito, per chi fosse interessato ad approfondire e a conoscere questi studi, a leggere quanto in merito ho scritto a più riprese in molti  dei  post precedenti o nel mio libro).

Un maggior numero di connessioni neurali attive in un dato momento si traduce in una produzione di onde elettromagnetiche più forti che dal cervello, si propagano nell'ambiente circostante. La fisica quantistica ci dice oggi che tutto è energia e che ogni cosa, organica o inorganica, visibile o invisibile, interagisce con le onde elettromagnetiche. Potremmo disquisire sulla frequenza di queste onde, giacché anch'essa incide sul grado d'interazione delle onde elettromagnetiche sull'ambiente, ma ciò che ci deve interessare in questo momento è l'aspetto più generale della vicenda.

Alla luce di tutto ciò, se da un punto di vista strettamente fisico e quantitativo, è assolutamente condivisibile l'affermazione dei neurologi riguardo al fatto che il 100% del cervello è già sfruttato, è altrettanto vero che diverse aree del cervello e i differenti percorsi neurali, non sono mai attivi tutti contemporaneamente, ma solo in numero assai limitato ma comunque sufficiente, a farci ritenere coscienti.

La percentuale è difficile da definire, forse è proprio quel famoso 10% a rappresentare la percentuale di attività celebrale attiva in un dato istante, o forse il 20%. Non sono in grado di dare una stima attendibile di questa percentuale, ma questo è poco importante ai fini della risposta alla domanda oggetto di quest'articolo.

Da questo punto di vista quindi, non sfruttiamo MAI al 100% le potenzialità del nostro cervello. Che cosa accadrebbe se fossimo in gradi di attivare contemporaneamente tutte le aree del nostro cervello? Quale potenza avrebbero le onde celebrali generate dal cervello? Quale grado e capacità d'interazione avrebbero quest'ultime sull'ambiente circostante? Tutta questa contemporanea attività celebrale sarebbe fisicamente sostenibile, considerato che già solo quella attuale consuma circa il 20% dell'energia prodotta dall'intero organismo? Se sì, in presenza di quali condizioni e con quali rischi per la nostra vita?

Nel film Lucy (interpretato da Scarlett Johansson e Morgan Freeman, regia di Luc Besson) uscito nelle sale cinematografiche nel 2014 la protagonista del film, a seguito della propagazione nel suo corpo di una sostanza sintetica, vede ampliare le sue facoltà mentali fino a raggiungerne il pieno controllo, a fruttarle al 100%, riuscendo a interagire e a manipolare il mondo circostante, la materia, il tempo e lo spazio. Tuttavia quest’attività celebrale, porta l'organismo della protagonista, ad un rapido deterioramento, fino a causarne la scomparsa dal punto di vista fisico.

Clicca sull'immagine e guarda il dialogo nel film

In questo film Morgan Freeman interpreta un neuro scienziato che, nell'ambito di un convegno, illustra i suoi studi sul cervello con questo dialogo: "... La vita animale sulla Terra risale a milioni di anni fa, ma la maggior parte usa dal 3 al 5 % delle sue capacità cerebrali. Ma è soltanto quando arriviamo agli esseri umani, in cima alla piramide animale, che vediamo finalmente una specie usare maggiormente le sue capacità cerebrali. Il 10% può sembrare poco, ma è tanto se pensiamo a cosa abbiamo fatto con esso L'unico essere vivente che usa il suo cervello molto meglio di noi: il delfino. Si ritiene che questo incredibile animale usi fino al 20% delle sue capacità cerebrali. In particolare questo gli consente di avvalersi di un sistema di ecolocazione che è più efficace di qualsiasi sonar inventato dall'essere umano. Ma il delfino non ha inventato il sonar, l’ha sviluppato naturalmente. E questo è il punto cruciale della nostra riflessione filosofica di questa giornata. Possiamo quindi concludere che gli umani sono interessati all'avere più che all'essere ....... Immaginate per un momento come sarebbe la nostra vita se avessimo accesso diciamo... al 20% delle nostre capacità cerebrali. Questo primo stadio ci potrebbe dare la possibilità di avere il controllo completo del nostro corpo. ....... Se ci riflettete è davvero sconcertante pensare che i greci, gli egiziani e gli indiani sapessero dell'esistenza delle cellule secoli prima dell'invenzione del microscopio. E che dire a proposito di Darwin, che tutti presero per matto quando presento la sua teoria dell'evoluzione? Sta a noi provare ad andare oltre le regole e le leggi e passare dall'evoluzione alla rivoluzione. Cento miliardi di neuroni per essere umano di cui soltanto il 15% è attivo. Vi sono più connessioni in un corpo umano di quante stelle ci sono in una galassia. Noi possediamo una rete gigantesca d’informazioni a cui non abbiamo quasi nessun accesso. ...... Lo stadio successivo sarebbe probabilmente il controllo di altre persone, ma per questo dovremmo accedere ad almeno il 40% delle nostre capacità cerebrali. Dopo il controllo di noi stessi e di altri ci sarebbe il controllo della materia. Ma adesso stiamo entrando nel regno della fantascienza. E ne sappiamo tanto quanto un cane che guarda la Luna... “.

Se è possibile o meno arrivare, attraverso lo sfruttamento delle potenzialità del cervello, a manipolare la materia, lo spazio e il tempo così come nel film, è difficile poterlo affermare con certezza. A oggi la scienza si “accontenta” di inventare dispositivi elettronici in grado di amplificare le onde elettromagnetiche generate dalle nostra attuale attività celebrale.

Ciò che oggi i dati scientifici a disposizione ci fanno capire però, è che, dal punto di vista fisico, il 100% del nostro cervello è utile e attivo, ma non lo è tutto nello stesso momento. Conseguentemente, se è vero che la percezione e la comprensione del mondo dipendono, come dimostrano gli studi citati sopra, dal numero di percorsi neurali attivi contemporaneamente in un dato momento, allora è vero in modo altrettanto incontrovertibile che non sfruttiamo a pieno le potenzialità del nostro cervello, lasciando quindi spazio a una possibilità al contempo scientificamente plausibile quanto affascinante, come quella enfatizzata nel film Lucy.

Concludo con una notizia apparsa sulla rivista Brain and Language nel Luglio del 2016, in merito ad uno studio effettuato dall'Università di Udine e di Torino in collaborazione  con il centro per il recupero Puzzle. I ricercatori hanno dimostrato che con un nuovo programma riabilitativo intensivo creato ad hoc, il cervello è in grado di effettuare un vero è proprio switch, spostando, in caso di gravi lesioni, le centraline cognitive della parola e del movimento, dall'emisfero sinistro a quello destro. La fattibilità della cosa è stata sperimentata con successo su un ragazzo 19enne che, in seguito di un trauma cranico derivante da un incidente stradale, aveva riportato gravi difficoltà cognitive e motorie e aveva perso l'uso della parola, perdendo nei successivi quattro mesi all'incidente, completamente tutte le funzioni celebrali connesse all'emisfero sinistro. Grazie a questo programma riabilitativo il ragazzo ha potuto riacquistare alcune funzionalità connesse al linguaggio proprie del perduto emisfero sinistro. Alcune aree dell'emisfero destro del cervello quindi, hanno aumentato o le loro potenzialità, imparando a svolgere nuove funzioni demandate originariamente a neuroni dell’altro emisfero. Ma gli scienziati non ci avevano detto che il cervello era già sfruttato fisicamente al 100% non lasciando spazio a nulla di tutto ciò?

Una volta Albert Einstein disse "Chiunque si pone come arbitro in materia di scienza e conoscenza, è destinato a naufragare nella risata degli Dèi"... e non solo!

Stefano Nasetti

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